8 giugno 2015

celebrazioni di fine anno

Le recite di fine anno. Ho già parlato lungamente dell’incubo della fine dell’anno scolastico, che si porta dietro un corollario di impegni, scadenze, contributi economici, cene di classe, cene di mamme, regali e altro, da moltiplicare (per quest’anno ancora) per tre. Megamind ha finito la quinta, e a tagliare questo traguardo, non c’è più l’esame, visto che è stato sostituito più o meno intenzionalmente dalle Prove Invalsi, un sistema di valutazione Kafkiano in cui non vengono valutati gli alunni, ma gli insegnanti, in base ai risultati degli alunni.
Il risultato è che le maestre suggeriscono ai bambini bravi di far copiare i bambini meno bravi, travestendo il tutto da buona azione verso il compagno sfigato, con la differenza che solo una settimana prima, la stessa buona azione veniva punita con una nota sul diario.
Alla fine della quinta, quindi, dopo avere superato le famose prove Invalsi, che tutti chiamano INVALSE credendo che sia un modo per dire che non valgono una mazza, c’è la festa della Consegna del Diploma.
(Il diploma poi non c’è, ma bisogna immaginarselo)
Mentre mi trovavo in questa aula-teatro con la temperatura e anche l’atmosfera di Marte, ovvero incompatibile con la vita, mentre disperdevo da tutti i pori i miei sali minerali e la mia pazienza, alle 15,30 di un pomeriggio estivo, avrei voluto rendere pubbliche le mie domande interiori, a tutto lo stuolo di nonni, genitori, zii, mentre una novantina di bambini salivano ripetutamente sul palco a garantire ad ognuno una quota di celebrità, con recita di poesie, frasi, pensieri, canzoncine, balletti, sketch.
Perché questa festa assomiglia più ad X.factor, invece che ad una festa di fine anno?  Perché i questi bambini indossano la toga e il tocco, e se glie lo chiediamo non sanno dirti perché? Perché la scuola Italiana, una volta considerata la migliore al mondo, scimmiotta liturgie che non ci appartengono? Perché dobbiamo trasmettere agli scolari Italiani una sudditanza culturale (in questo caso quella americana, che in altri contensti non facciamo che criticare), invece di celebrare la nostra (che ne abbiamo pure di più?) E poi, che c’entra la laurea, seppur americana, con la fine della quinta? Un nonno a fianco a me diceva, mentre trasudava come un prosciutto d’agosto, che ai suoi tempi, la fine della quinta era davvero un traguardo, la maggior parte si preparava a lavorare, e solo due o tre proseguivano con la scuola. Eppure, non c’era tutta questa celebrazione dello scolaro.
E perché non finisce mai, che sono già due ore che sudo, e ancora continuano a salire bambini sul palco (posso dire delle parolacce)?
Ah, dimenticavo, c’è la consegna dei Diplomi, ognuno viene chiamato, e NON riceve un diploma, però tanti applausi e foto, e filmini, e un po’ di notorietà. E poi, c’è la canzoncina di inglese. E poi c’è la merenda. E forse, se non andiamo al pronto soccorso, ce ne andiamo a casa, col tocco di cartone, e la toga in sintetico, blu elettrico.
I ragazzini sono contenti, li aspetta un’estate spensierata, la più spensierata della vita, ed è questa la cosa che devono festeggiare. Perché la spensieratezza è il dono dell’infanzia, una infanzia che comincia già a velarsi di maturità. (almeno così dovrebbe essere)
 Per farlo bastava una canzone in coro (CORO, sottolineo), un gelato, e un bacio alle maestre.  Perché festeggiare è importante, ma bisogna anche saperlo fare. E sapersi pure fare delle domande.

Sono impopolare.