26 giugno 2017

In memoria dello scoiattolo profugo


In attesa di partire per un breve weekend a Nervi, vorrei solo istituire un Giorno della Memoria.
Se andavate a Nervi qualche anno fa, non più di tre, e non eravate adusi al luogo, vi sareste stupiti nel vedere, in vendita dai giornalai, tra i secchielli di plastica cinese, i giornalini con le parole crociate e le figurine, dei sacchetti di noci.

Sarebbe bastata una passeggiata nei famigerati Parchi di Nervi, per capire quel mercato di nicchia. Bambini e nonni inginocchiati a battere tra loro due noci (i bambini genovesi tirchi battono una noce ed un sasso per far durare di più la loro scorta di semenze), e poco dopo avreste visto scoiattoli obesi scendere pigramente da araucarie, palme da dattero, banani o eucalipti, e dirigersi verso tutto quel batti-batti che significa merenda gratis.

Avreste notato che gli scoiattoli giovani, le nuove generazioni, sono più prudenti, aspettano che il benefattore gli lanci la noce. Ma solo perché la mamma si è raccomandata di non accettare cibo dagli sconosciuti.

Difatti i vecchi saggi, grassi come tacchini, e con la flemma dei pensionati, arrivano fino a servirsi direttamente dalla mano, rigirano la noce tra le zampette, e te ne chiedono una che non sappia di rancido.

Dopo qualche giorno vi sareste accorti che l’ora migliore per avvicinare le bestioline è al mattino. Dopo le 16 hanno mangiato talmente tanto che non riescono neppure a scendere dagli alberi perché in piena digestione. Qualcuno lo fa solo per pura cortesia e non deludere gli astanti, si tratta del solito esibizionista.

 

Poi, un anno, sono arrivati gli esperti. I puristi. Si sono accorti con orrore che gli scoiattoli non erano AUTOCTONI. Erano scoiattoli extracomunitari, c’era un problema di coerenza ecosistemica, non facevano parte della fauna tradizionale ligure. Oltre a ciò, avevano la malaugurata abitudine di scopare come ricci, senza le dovute precauzioni, e non essendoci dei predatori in grado di contenerli, essi minavano l’armonia di Madre Natura.

Madre Natura è buona, ma come tutte le madri, non tollera il disordine.

Dunque gli esperti, con un provvedimento filonazista, hanno preso tutti gli scoiattoli. Li ha deportati in un campo di concentramento e qui li hanno condannati alla morte per estinzione tramite la sterelizzazione di massa. Una forma di eutanasia molto raffinata e anche politicamente corretta.

Non importa se i Parchi di Nervi sono pieni di alberi non autoctoni, proprio perché portati qui da famiglie patrizie che hanno creato bellissimi giardini botanici portando piccoli germogli da tutto il mondo. Non importa se banani, datteri, palme ed eucalipti sono anche loro extracomunitari. Non importa riflettere sul fatto che anche il pomodoro era originario del Sud America e se nel passato fossero esistiti gli eco-nazisti ad oggi la pizza non sapremmo manco cosa sia. Forse a Madre Natura le piante diverse danno meno fastidio: stanno ferme, e non fanno la pupù.

Per gli scoiattoloni culoni che sembravano usciti da un film di disney, non c’è stato nessun giorno della Memoria.

In compenso, per ristabilire l’ordine naturale e l’armonia faunistica originale, hanno pensato bene di introdurre gli scoiattoli nostrani, italici.

Degli animaletti scuri minuscoli- leggendari, peraltro perché nessuno ha mai visto-  presi direttamente dalle montagne Piemontesi. E come tali diffidenti, scontrosi. Incazzati neri perché i rami dell’araucaria (che in Piemonte non s’è mai vista) gli pungono le chiappe, e perché i datteri gli fanno schifo.

Loro vogliono la nocciola Tonda Gentile delle Langhe, sennò hanno detto che fanno lo sciopero del sesso.
 

23 giugno 2017

un segreto


Sei una bambina, hai quattro anni e mezzo. La cosa più bella che possa capitarti è andare al Solimei, il prima possibile, con i cugini e i nonni.

La tua aspirazione più grande è riuscire ad andare con la bici senza rotelle. nel cortile dell’asilo delle suore riesci a prendere sempre quella con un handicap, ovvero quella con una rotella sola. La cosa positiva è che così, dopo esserti abrasa le ginocchia per mesi, hai quasi imparato ad andare senza.

Perché al Solimei, in campagna, forse quest’anno che sei cresciuta, ti toccherà la graziella arancione.

La cosa che ti terrorizza di più al mondo è quando tuo padre si arrabbia e urla, e allora bisogna farsi piccolissimi e scomparire. Anche il buio fa paura, e la mamma ha messo una lucetta arancione nella stanza che però ha un cavo scoperto e nel tentativo subdolo, mentre i tuoi fratelli dormivano, di avvicinarla di più al tuo letto ti sei presa la scossa, che praticamente sei morta.

La storia più meravigliosa che esista è PeterPan, perché lui vola. Anche tu sei convinta di poter volare, probabilmente possono farlo tutti i bambini, ma gli adulti cercano di convincerli che non è vero. Ecco allora che tua madre ti racconta storie raccapriccianti su bambini che si sono buttati dalla finestra e si sono spiaccicati per terra.

Nel dubbio, non ti sei buttata mai.

Tu pensi che ti sposerai, probabilmente con tuo cugino Mattia, figlio dello Zio Lacoste, e in effetti gli somiglia, difatti è bellissimo.

La massima eleganza è un vestito in piquet bianco con delle ciliegie ricamate sul petto. Probabilmente sarà quello che indosserai al matrimonio.

La cosa più buona che esista sulla terra è il cocomero. Probabilmente anche la Girella, ma prima di assaggiarla dovrai aspettare i 25 anni compiuti.

Non vedi l’ora di saper scrivere, così potrai scrivere bellissime storie di bambini che volano e muovono le cose col pensiero, e li potrai disegnare tu.

Le persone più buone più buone che esistano sulla terra sono i nonni Anny e Cià,  la Tata Cordelia, lo zio Augusto che vedi pochissime volte ma porta sempre dei regali meravigliosi a tutti e senza motivo, lo zio Lupo e la zia Bruna, che in casa hanno un sacco di quadri con dentro delle farfalle vere ma morte e bellissime.

Quando ti immagini da grande, vedi una ragazza con i capelli lunghi che cammina sotto i portici da sola e sicura di sé. Soprattutto: avrai un segreto, ma nessuno lo può sapere.








































 
 
 
 

17 giugno 2017

memento mori


 
Saresti pronto a morire domani?

Mi è capitata questa frase, così provocatoria e illuminante.

Se mi dicessero che domani dovrei morire, accantonando le opzioni raccapriccianti, diciamo dovendo semplicemente lasciare questa terra, sarei pronta? Mi rendo conto che sono ragionamenti fatti in laboratorio, e quindi prendiamoli come tali.

Sarei pronta a morire domani?

Ovviamente no, ma ci si può organizzare. Come passerei l’ultima giornata in questo mondo?

Innanzi tutto, mi sveglierei presto, per una singola volta, magari potrei pure vedere l’alba e dire una frase ad effetto, tipo: questo è un bel giorno per morire. La stagione ideale sarebbe l’estate perché vorrei sentire le rondini che gridano il loro inno al cielo. Poi farei una bella colazione senza badare alle calorie.

Poi, sorseggiando il cappuccino, abbandonerei tutti i gruppi w’up, godendo moltissimo.

Non avendo tempo per andare sull’Himalaya, né a vedere il mare, probabilmente mi metterei a riordinare casa, per vederla in ordine almeno prima di morire. Godendo dell’impunità del moribondo, porterei in discarica mezza casa.

Firmerei tutti i miei disegni dimenticati, così, nel caso diventassi famosa.

Scriverei lunghe liste di raccomandazioni e istruzioni per tutta la Gfamily seduta in veranda.

Ci sarebbero poi delle persone a cui dire cose che di solito si dicono solo in punto di morte perché sono così imbarazzanti o naif che dopo non potresti riguardare in faccia quella persona. Oppure cose politicamente scorrette e sgradevoli, ma giuste. Cose che dopo, meglio morire.

 Tipo, direi al barista Paolo, grazie, perché mi saluti sempre per nome e quando mi chiedi come va, lo fai ascoltando la risposta, e perché saluti tutte le volte i miei figli con un sorriso sincero. Paolo, ecco, ti direi che ti auguro tutto il bene di questo mondo, perché non ti conosco ma sono certa che sei una persona buona.

Alla mia amica Mannamita, angelo giardiniere, direi di lasciarmi un messaggio per sua mamma, così quando sono di là, posso consegnarglielo. Le direi anche che essendo già un angelo, deve semplicemente arrendersi a Dio e farci due chiacchere a quattrocchi, senza pregiudizi che non le fanno onore, perché è sempre stata una persona libera.

Alla mia ex capa direi: ciao, tu sei l’unica persona che è riuscita a farmi fare cose attinenti alla contabilità e quindi ad una scienza esatta, in maniera- se non brillante- almeno decorosa.  Tu hai saputo vedere i miei limiti e mi hai insegnato a superarli senza però pretendere di cambiare la mia natura. Hai tirato fuori il meglio di me in un settore in cui io do il peggio di me. Non so come tu ci sia riuscita, ma questo ha incrementato la mia autostima di almeno due punti.

Poi c’è la mia pseudo sorella gemella-diversa Ziulia. Mi raccomando, non sposarti. Tu sei una nata per comandare, e purtroppo per te non riesci ad adattarti ad un mondo imperfetto e ingiusto di gente cieca e meno intelligente di te. Saresti un eccellente capo in una struttura molto gerarchizzata, un capo giusto ed autoritario che non pretenda dagli altri meno di ciò che pretende da se stesso. Oppure saresti stata una perfetta Madre superiora. Saresti ancora in tempo, non fosse che ora devi occuparti dei miei figli e vigilare che la casa in mia assenza non si riempia di spazzatura.

Dovrei pure chiamare mio zio Lacoste e dirgli che fin da bambina ne ero innamorata, e l’immagine indelebile che ho è lui con una lacoste bianca, gli occhiali verdi rayban, nel sole del Solimei. Oltre che bellissimo, sei astrofisico, cioè a metà tra uno scienziato e un filosofo (lo deve essere per forza, chi scruta la materia infinita il mistero del cosmo), sei un uomo mite e paziente, molto ironico, e hai pure molto buon gusto. Il regalo che mi hai fatto al matrimonio, una scatola di pastelli professionale, non è una scatola di pastelli. E’ un luogo. E’ l’isola in cui ritrovo un pezzetto di me.

A Mariella che sta per sposarsi direi solo due cose che non capirà subito. Primo. Quando durante il matrimonio le cose non andranno come vorrai e sentirai tradite alcune aspettative più profonde, beviti un campari soda e rilassati. Non significa che c’è qualcosa che NON VA.  Va tutto bene. E’ la condizione sine qua non. Il matrimonio è un lavoro. Secondo. Sarai e vorrai essere una moglie e una madre diversa da tua mamma, ma per farlo non c’è bisogno di ferirla. Lei potrà offrirti solo ciò che è, nulla di diverso. Ma sarà sempre la tua sponda.

Alla mia Lesboamica Pavese telefonerei come al solito, senza dirle nulla di diverso dalle nostre telefonate consuete e sconclusionate, tra riflessioni spirituali, consigli sui lavaggi, consulti psichiatrici e diete dimagranti inefficaci.

Immaginando di andarmene senza pathos, immaginando una relatà in cui la morte è solo come una partenza anticipata, un ritorno a casa dopo un lungo tirocinio, al Gmarito direi:

Amore, se vuoi puoi risposarti. Se fosse un po’ più brutta sarebbe meglio. I gruppi w’up sono l’inferno, sappilo. Insegna a Megamind a fare i lavoretti i bricolage e a riparare la bici. E pure ad usare il pc.

In attesa della seconda moglie, quando alle bambine verranno le loro cose, chiama la zia Zulia.

Parlagli molto e insegna loro molte cose.

Ai miei figli direi:

fate sempre pace.

Non abbiate troppa paura.

La preghiera è la cosa più potente che esiste.

I giorni in cui si butta la spazzatura sono il martedì e il venerdì.

A tutti gli altri direi:

Vado. Vedo cosa posso fare per le vostre richieste.

 

12 giugno 2017

Altra estate, stessi problemi

Finita la scuola, finito anche l’oratorio (che qui da noi dura solo tre settimane), ho davanti più di un mese in cui i figli, non so come piazzarli.

Ogni anno non mi capacito e mi chiedo, ma gli altri, come fanno?

Cerco solidarietà tra le amiche.

Dopo qualche indagine, esclusi quelli che partono per Parigi poi passano alla crociera, vanno all’Elba e poi tornato giusto per settembre, lamentandosi che la scuola comincia troppo tardi, scopro che per lo più le madri:

- non lavorano, quindi se li tengono semplicemente a casa (laqualcosa potrebbe spingere in effetti all’infanticidio dopo 10 gg, ma con le dovute precauzioni farmacologiche, si fa fronte)

- fanno le insegnanti, ergo a metà giugno sono free

- spediscono i figli a vari campus estivi fuori città e poi partono per le vacanze, ma tu fai dei rapidi conti e ti rendi conto che devi moltiplicare per quattro, dunque lasci perdere

- mandano i ragazzi in vacanza coi nonni, prima paterni e poi materni, così, non solo risolvono il problema di dove lasciarli per tutta l’estate, ma si godono splendide settimane da sposini in città. La Grandparents solution non è percorribile dalla Gfamily, perché i nonni materni, sono loro che vogliono fare gli sposini senza cinni tra i piedi, la nonna materna- pur dando una gran mano all’occorrenza- non può allontanarsi da casa perché accudisce sia il marito che la madre di 101 anni. (potrei mandarli tutti dalla bis nonna ultracentenaria, in effetti, non ci avevo pensato. A fare i badanti.)

In sostanza, nonostante oratorio feriale, vacanze scout e vacanze oratoriali, al di là delle spese tutte a carico della famiglia, visto il numero di figli, non si risolve in toto il problema.

A tutto ciò si aggiunge il fatto che-come ogni anno- Megamind odia l’oratorio e fa decisamente ostracismo.

Cosa odia Megamind?

Odia giocare a calcio.

E anche a Basket.

Odia il momento del tempo libero perché i suoi compagni giocano a calcio o a basket.

Odia il pomeriggio perché ci sono i giochi organizzati.

Odia il pranzo perché danno solo il primo.

Odia la piscina (credo sia l’unico ragazzino al mondo). 

Odia essere intruppato in attività gregarie e (per lui) noiose. Lui è predisposto per relazioni individuali ed elitarie, con 4-5 amici, facendo una attività organizzata (da lui) esclusivamente di un certo tipo, di solito cerebrale.

-Insomma, Megamind, nella vita bisogna adattarsi, o ti annoi a morte, oppure ti dai una mossa e proponi tu qualcosa: due tiri a canestro, una partita a scala quaranta! –

- Ma non mi va….-

- Nella vita bisogna sforzarsi!-

- Ecco, non mi va di SFORZARMI per divertirmi-

Lì per lì lo averi preso a schiaffi ma mi sono resa conto che io ero esattamente così, e l’oratorio lo avrei semplicemente detestato, me ne sarei stata in una angolo a disegnare oppure avrei fatto combutta con la migliore amica per boicottare ogni gioco organizzato nascondendomi in bagno, ed inoltre ero una delle privilegiate appartenenti alla categoria di quelle con la madre che non lavora e la casa in montagna, ergo partivo dopo la scuola e  me ne tornavo a settembre.

Caro Megamind (sono veramente in crisi, se sto per scrivere una finta lettera retorica a mio figlio), cosa ti devo dire?

Pure io vivevo un costante disagio, mi sentivo inappropriata ovunque andassi, convivevo con una inadeguatezza intrinseca. Quindi mi trovo in una difficile posizione: da un lato ti capisco e ciò mi rassicura sul fatto che non sei un sociopatico traumatizzato, ma semplicemente sei come tua madre. Dall’altro bisogna imparare ad adattarsi, perché la vita è una gran rottura di balle, e l’istinto di chiudersi in una vita creata solo a misura delle tue voglie e comodità è comprensibile, ma io come madre lo devo combattere. In due parole moderne di pseudopsicologia infantile, devo farti uscire dalla tua confort zone.

Ma senza tradire la tua natura: come vedi anche noi genitori abbiamo le nostre gatte da pelare.

E ricorda: anche tuo padre, in base alle cronache famigliari leggendarie diffuse dalla nonna, alla colonia estiva, nella giornata dei genitori (ovvero la giornata di visita ai reclusi), supplicava la mamma di riportarlo a casa. Mentre sua sorella chiedeva solo altre cinquemilalire, perché aveva già speso tutti i suoi soldi, e correva via.

 

E comunque lo Stato, fa schifo.

(Stavo quasi per dimenticarmi la consueta filippica contro lo Stato e le sue politiche famigliari inesistenti.)
 

9 giugno 2017

Prega per noi, piccolo bambino che non abbiamo saputo far vivere


Ditemi voi come faccio a spiegare ai miei figli che:

 

1) se una madre vuole sopprimere il proprio bambino in pancia, può farlo perché la sua libertà di scelta è superiore al diritto del bambino di vivere, senza nemmeno dargli una chanche, magari facendolo nascere e lasciandolo all’amore generoso di qualcuno (mi ricordo di vari casi di cronoca in cui bambini nati malati e abbandonati in ospedale, ricevevano tantissime richieste di adozioni, ma per noi è più facile credere alla morte e all’egoismo che all’amore dell’Uomo che sa andare oltre ogni ragionevolezza).

 

2)Se una madre ha un bambino malato, seppur in un ospedale e grazie a macchinari che la scienza ha creato per permettere a queste creature di vivere, un bambino amatissimo dai genitori, che vivono la loro quotidianità in ospedale, ma felici di potersi prendere cura del loro figlio, in questo caso no, la madre e il padre, perdono ogni diritto e ogni libertà di scelta. L’ospedale e  ha deciso che la vita di questo bambino non è dignitosa. Deve morire.

 

In questi giorni ricorre molto la parola dignità.

L’orrore (come l’eugenetica) si nasconde dietro le parole, lo abbiamo dimenticato nonostante tutti i giorni della memoria che grondano retorica vuota.

Quello che ho detto ai miei figli è stato che l’essenziale condizione che rende una vita dignitosa, è quella di essere amati.

Tutti -credenti e non- acclamano Madre Teresa di Calcutta come una gigantessa, una santa sia laica che religiosa.

Eppure è proprio questo ciò che lei ha fatto tutta la vita: non è andata in giro a raccogliere i paria e i miserabili per strada allo scopo di sottoporli ad eutanasia in quanto la loro vita non era degna di essere vissuta. Spesso non poteva guarirli da malattie incurabili, erano spesso senza speranza, prossimi alla morte. Li ha cercati, li ha raccolti, li ha semplicemente amati. Lavando le loro piaghe e dando parole di conforto, a loro che erano invisibili sub-umani.

E’ questo che rende la vita degna di essere vissuta.
 

L’eutanasia è l’ennesimo modo per eliminare le grandi domande dell’umanità sul senso del vivere (e quindi del dolore connaturato all’esistenza) e del morire, è l’ennesimo modo per eliminare la paura di fronte al mistero.
 

Mi appaiono scenari terribili all’orizzonte, in nome di questa presunta Dignità di Stato che decide della vita e della morte dei nostri figli.

 
Lascio ai bravi giornalisti e filosofi l’onere di scrivere meglio di me.

Io vi riporto le domande dei miei bambini, quando ho raccontato la vicenda e chiesto loro di pregare assieme ogni sera per Charlie e i suoi genitori, e anche per i giudici, quando ancora non sapevo che la sentenza sarebbe stata di morte (e vi assicuro, che sono tutte domande autenticamente fatte da loro):

 

Ma perché vogliono ucciderlo se ci sono delle macchine che lo fanno vivere e dei genitori che lo amano così com’è?

Ma lui riconosce i suoi genitori, sa che gli vogliono bene?

Perché i genitori non possono decidere loro?

Ma sei io un giorno mi ammalo e devo restare in ospedale attaccato a questi macchinari, potrebbero decidere di uccidere anche me?

I genitori non possono portare via il bambino in un altro ospedale?

Anche la bisnonna è molto vecchia e ha male dappertutto, quindi i giudici possono decidere di uccidere anche lei?

 
Ma già conosco la domanda che mi faranno quando dirò loro che i giudici hanno ritenuto che uccidere Charlie è giusto, perché la sua vita di sofferenze è insopportabile agli occhi del mondo:
 

Ma allora pregare non è servito a niente?

 
E per questa risposta avrò bisogno di un aiuto che non è umano.
 

5 giugno 2017

adolesco


Giustamente, anche Megamind sta entrando, molto lentamente nell’adolescenza.

Strano, che si dica che uno entra in una fase della vita: come se il tempo dell’esistenza fosse un susseguirsi di tante stanze una dopo l’altra come quelle delle regge francesi del ‘700. Ma questa immagine figurata è sbagliata, perché presuppone che sia qualcosa di esterno alla persona. Io la vedo piuttosto come una ramificazione del nostro io: siamo come alberi, rimaniamo sempre gli stessi, in nuce, ma i rami della nostra identità si espandono nello spazio attorno a noi, verso l’ignoto, rendendoci più esposti, e inizialmente spaesati dal nostro stesso io di cui facciamo fatica a percepire i confini precisi.

E insomma, comunque, se WonderWoman inizia con la contestazione fine a se stessa, Megamind dà segnali meno evidenti, ma inconfutabili.

1.     L’orrore per l’acqua in quanto mezzo per lavarsi. Se in futuro esisterà il lavaggio a secco umano, l’avrà inventato lui.
Solo i capelli, quale estremità più visibile, hanno il privilegio di cure e pulizia più approfondita.

2.     La puzza dei piedi che va di pari passo con l’atrofizzazione dell’olfatto, evidentemente, se riesce a dormire nella stessa stanza in cui alloggiano le sue scarpe
3.     Improvvise afasìe che si manifestano in seguito a determinate indagini genitoriali tipo: tutto ok? C’è qualcosa che non va? Hai deciso poi cosa fare riguardo a quella cosa? Hai telefonato a quel compagno scout/di scuola? Hai fatto la doccia? Hai mandato il W’up a Matteo? O quant’altra domanda relativa a stati d’animo, orari, appuntamenti.
4.     E’ tendenzialmente lunatico e non ha alcuna iniziativa sociale.

Gli piace stare con i suoi amici, in effetti con passatempi da nerd anni ’90, tipo giochi di ruolo, ma è necessaria una certa coercizione perché si organizzi.

Mentre alle sue sorelle basta dare il cellulare che tramite w’up mettono in piedi un evento con 30 invitati, catering e balli latino americani con tombolata annessa, la sera stessa  e a casa nostra che neanche una wedding planner, con Megamind bisogna passare ai ricatti: se non inviti i tuoi amici entro oggi faccio un pigiama party con le amiche di Catwoman usando anche la tua stanza.

Si offende a morte, ma poi fa lo sforzo, dopo il quale ti annuncia, stremato: - ho mandato il messaggio-

-E vengono? Quanti?-
-Ah, non so, mica ho guardato se hanno risposto. Guardo DOMANI- Per lui il piccione viaggiatore-come tempistiche- sarebbe adeguato alla sua propensione epistolare.
 
W’up viene utilizzato soprattutto per mandare fotomontaggi divertenti, barzellette e catene di sant’antonio con velate minacce di morte. Comunicare davvero è troppo impegnativo. Organizzare, non ne parliamo.

Le sue sorelle invece, sulla chat, ci scrivono romanzi d’appendice, litigano, fanno pace, creano e cancellano 3 gruppi al minuto generando faide che nemmeno nelle saop-opere sudamericane, stringono alleanze strategiche, pianificano finti fidanzamenti, feste, mettono in piedi sette massoniche. Chat che- per onor di cronaca-sono haimè ospitate necessariamente sul mio telefono, per ovvi motivi. Preferisco ricevere quei 254 messaggi inutili al minuto, su vari gruppi denominati con acronimi misteriosi o titoli inquietanti (“gruppo amiche senza MariaGiorgia”, “club segretissimo solo femmine”, “AMCSMTVB 2”) che liberalizzare la chatmania su un telefono di loro proprietà, che le distrarrebbe dalle pratiche necessarie alla sopravvivenza, tipo cibarsi, bere e dormire, avere conversazioni sensate.

Tornando all’adolescenza maschile, Megamind passa molto tempo a pensare. Spesso ride tra sé e sé. Adora i riti famigliari. La domenica tutti si devono svegliare- quando lui è sveglio- e si deve far colazione pressochè assieme. Cosìcchè la scena è spesso quella vergognosa di un ragazzino di 12 anni, alle 10 della domenica mattina, che impreca contro i genitori che ancora giacciono privi di sensi sul letto, annunciando che è tardissimo e che la colazione è pronta.

Ieri sera- e qui veniamo al vero scopo del post- Megamind, tornato dall’uscita scout alle 17, è rimasto a casa da solo, a studiare, fino alle 21.00, ora in cui il resto della Gfamily, non-scout, è rientrata da una bella giornata a Cremona. La Madre che è in me si sentiva assai in colpa- (e per questo derisa dal Gmarito) per avere abbandonato tante ore il figlio maggiore, senza neppure il conforto di una cena pronta da riscaldare. Invece, quando sono entrata in casa ho trovato la tavola apparecchiata e la cena pronta per tutti, approntata da Megamind (ancora con la divisa infangata da scout, coi piedi puzzolenti perché chiaramente non aveva fatto la doccia, ma che importa?). Stavo per piangere, ma Megamind si sarebbe imbarazzato.

Insomma, l’adolescenza non fa solo schifo.