29 maggio 2017

ringraziamenti post-siracusani


VORREI RINGRAZIARE:

·         i miei fratelli, sorelle e cognate e cognati che mi hanno regalato, per i miei 40anni, un viaggio a Siracusa, che fino ad ora avevo visto solo in una ricostruzione di fantasia del cartone animato Simbad (e che forse non ero nemmeno sicura che esistesse davvero) che superMario mi ha costretto a vedere 200 volte, e che probabilmente non corrisponde propriamente alla famosa descrizione di Cicerone.

·         Mio fratello, che mi ha chiamato circa sette volte per ricordarmi se:

avevo confermato l’albergo

avevo fatto il check-in on line

avevo guardato gli autobus

avevo davvero davvero confermato l’albergo

mi aveva per caso chiamato la Madre per ricordarmi di fare il checkin on line

avevo controllato se avevano finalmente sbloccato il checkin on line

avevo chiamato un giorno prima l’albergo

avevo stampato i biglietti

avevo fatto la valigia abbastanza piccola

Grazie, le avevo fatte tutte queste cose, ma è sempre meglio ricordarmele, in effetti.

·         In particolare mia sorella A. e suo marito Friss, perchè hanno completato il regalo venendo a fare gli zii baby sitter per tre giorni, e perché era bello sentirsi chiedere per una settimana, ogni mattina: ma è oggi che finalmente vi levate dai piedi partite, e vengono gli zii? Ah, no? Uffa, però! Così si parte senza sensi di colpa e anche ci si fa un pensierino se tornare a casa o darsi alla macchia per sempre.

·         La Madre mia. Grazie perché ho scoperto come mai quando andava via, lasciandoci con la Tata, passava le due settimane precedenti a stilare liste e foglietti tutto il die, che nemmeno stesse scrivendo le sue memorie: infatti ho impiegato più tempo a concepire, annotare memo e istruzioni, in duplici copie autografate, complete di postille e ripensamenti e note, che a fare la valigia per me sola. Perché- secondo la logica del prevenire meglio che curare- prima di andare via, occorre scatenare l’immaginazione su tutto ciò di cui potrebbero avere bisogno, di quello che potrebbe accadere, una pletora di sfighe o congiunzioni astrali che vanno dal blackout all’accaparramento di derrate alimentari in caso di guerra. Così, giusto per partire sereni.

Epperò è anche bellissimo fare tutte queste liste: mi sono resa conto di tutte le cose che faccio e a cui penso giornalmente di cui non mi rendo nemmeno consto: sono bravissima! Un punto alla mia autostima.

·         Il Gmarito, che essendo già aPPalemmo da una settimana, mi ha concesso il brivido di prendere l’aereo da sola come se fossi una donna libera, sola, in carriera, fingendo una gran disinvoltura in aeroporto, come se viaggiassi ogni settimana con la mia valigia da weekend piena di biancheria sexy e raggiungessi il mio eterno fidanzato al mare.

Gmarito, che mi ha chiesto, così per inciso, se avevo:

fatto il check-in on line

preso la carta di identità

stampato i biglietti

preso una valigia abbastanza piccola

fatto il check-in on line ANCHE del ritorno

guardato gli autobus

(vabbè, quel punto alla mia autostima si è già dileguato)

·         I Fantastici, che pare si siano comportati bene e non ci hanno fatto fare brutte figure, mantenendo la promessa.

·         I siracusani, e il loro cibo paradisiaco, e il fatto che si offendono a morte se non mangi, in modo che mi sono ingozzata con la scusa di obblighi culturali.

·         Il cielo, perché è sempre stato azzurro, risplendente di una luce purissima che probabilmente noi del Nord, ci immaginavamo esistesse solo nelle prime fasi della creazione dell’atmosfera terrestre, qualche miliardo di miliardi di anni fa

·         A Caravaggio, che poco prima di fuggire ha dipinto la deposizione di Santa Lucia proprio all’Ortigia, di fretta, lasciando spazio all’indefinito e intuendo che l’incompiuto lascia trasparire il mistero e la bellezza, dando quindi ragione alla sottoscritta, che non ama mettere gli occhiali e preferisce vedere le cose sfocate (questa affermazione vi sembrerà oscura ma è perfettamente logica).

·         Alle ragazze dell’albergo che sono state accoglienti come i siracusani ed efficienti come i romagnoli

·         Grazie, infine, alla morte, che rende tutto irripetibile. (Non subito, però, please. Tra un po’.) Pure questo sembrerà un po’ oscuro, ma ha una sua logica nella mia personale visione oggettiva dei fatti. (Gmarito tu lo sai,)






 

23 maggio 2017

Madre, nemica perfetta e necessaria


 
Ecco, è arrivata. La temevo da anni. Sapevo che non ci avrebbe risparmiati. D’altra parte, sono le cose della vita. Quando pulivo i vomiti o mi svegliavo alle tre ad intiepidire il biberon, quando stockavo sacchi condominiali pieni di pannolini sporchi, quando spingevo passeggini su per dislivelli inumani, cantavo infinite ninnenanne, sedavo capricci moccolosi, mi consolavo pensando: beh, meglio questo dell’adolescenza.

Poi è arrivata. Come la marea. Prima impercettibile, ancora arginabile. Poi ti accorgi che sale sempre di più, millimetro dopo millimetro.

L’adolescenza per ora si è manifestata con WonderWoman (considerando che CatWoman ne mostra i segni evidenti da quando ha l’uso della parola). Può esplodere all’improvviso, e di solito lo fa a seguito di richieste assurde.

Lo schema è sempre quello. Stiamo parlando di una cosa inoffensiva. Tipo i compiti per il giorno dopo. Lei è ancora la tua bambina. Poi improvvisamente cambia direzione. Ti informa che ha organizzato un pigiama party a casa di un’amica, in compagnia di altre tre, saltando ginnastica, svegliandosi a mezzogiorno e con tutta probabilità all’insaputa della proprietaria di casa. Oppure parte una invettiva contro la sorella che ha osato farsi fare i buchi alle orecchie come lei, accusandola di plagio e contraffazione della sua vita, della partecipazione abusiva alle sue feste, snocciolando prove circostanziali che risalgono al 2011. Io faccio opposizione. Prima con ragionevolezza. Poi smontando pezzo per pezzo la sua arringa.

Allora lei usa quelle frasi, in cui si manifestano i chiari sintomi.

1.        Tu non vuoi che io mi diverta

2.        Tu non puoi decidere tutta la mia vita

3.        Tu non puoi sapere i miei sentimenti

4.        Tu vuoi più bene a mia sorella

5.        Tu non mi ascolti

6.        Tu non capisci niente

Di solito raggiunge un tono con frequenze così alte che ad un certo punto la sentono solo i cani.

La reazione adolescenziale prescinde da ogni tentativo dell’uso della ragione, da qui la tentazione di passare al piano B, ovvero il collaudato schiaffone anni ‘80. Visto che ero per strada e non potevo percuoterla così urbe et orbi, sono stata costretta a riflettere. Ho premuto il tasto rewiev della mia vita e sono tornata alla mia prima adolescenza. Ho avuto una intuizione geniale. Ho compreso che in quel momento WonderWoman non mi sta comunicando davvero un bisogno assoluto ed esistenziale di pigiama party, o che crede che io la ami meno di sua sorella, o che io goda nell’impedirle di divertirsi, o che io alimenti la gelosia sororale attraverso subdoli trucchi come i buchi alle orecchie.

 Lei sta usando queste argomentazioni, accuratamente scelte dal suo inconscio nel suo repertorio, per farmi incazzare incollerire al maggior grado possibile, perché il suo vero bisogno (in realtà) è quello di trovare una linea di conflitto con la Madre in quanto categoria ontologica. Lei ha bisogno di combattere contro di me, di confliggere, di “odiarmi”, senza pensare che perderà il mio affetto, correndo pure il rischio di un ceffone.

Ovviamente l’adolescente non lo sa del tutto. Il suo cervello è confuso, l’ormone impera, la Madre è la nemica perfetta e necessaria.

Non che sia più facile evitare il ceffone, ma quantomeno l’ennesimo “tu non capisci niente” fa meno male. Come aveva bisogno di te- Madre- per camminare, adesso ha bisogno di te -Madre- per affermare il proprio io, ma in sicurezza. Senza farsi troppo male.

Comunque il pigiama party, così come da suo programma, se lo scorda. Comincia ad apprezzare l’arte del compromesso, Wonder.

17 maggio 2017

No Jesus, no party

La Gfamily ha fatto una grande festa per la Comunione di CatWoman. Ogni volta che si festeggia un sacramento, siamo tutti un po’ costretti a riscoprirlo di nuovo. Quello che mi piace ricordare ai Fantastici, è che per salvarci e ricordarcelo ogni domenica, Gesù aveva a disposizione tante idee creative, più religiose, più solenni, più spettacolari, più ascetiche. Invece ha scelto una tavolata con gli amici. La cosa più umana e necessaria: il pane per sopravvivere, il vino per farlo in allegria, gli amici per essere felici. Cioè, della serie, se Lui fosse venuto oggi, avrebbe scelto un'apericena.

Ecco perché la festa dopo la cerimonia in chiesa è così importante: conferma quello che ha voluto Lui, cibo buono, buona compagnia, convivialità.

Le regole perché tutto vada bene sono:

1)        La gente non si ricorderà se i vetri sono puliti, ma i parmigianini caldi non li dimenticherà mai più

2)        L’ottimo è nemico del bene. Ovvero, il perfezionismo può uccidere.

3)        Durante la Messa sviluppare un udito selettivo nei confronti dei commenti vari dei genitori

4)        Sviluppare all’uopo anche una vista selettiva sulle mises degli stessi partecipanti alla cerimonia. Il proprio senso estetico e del decoro potrebbe subire un trauma irreparabile. Poi dopo bisogna tornare a confessarsi.

5)        Non fare le foto in chiesa. Piuttosto photoshopperai la comunicanda con lo sfondo della Basilica: 90 bambini con corollario di parenti che voglio fare TUTTI la foto davanti all’altare necessitano di un servizio d’ordine che neanche per fare un selfie con Gabbani

La festa, che la Gfamily per scelta fa sempre e comunque in casa, è stata proprio una Festa. C’era forse un tantino troppo da mangiare, ma questa è una costante che è entrata a far parte della tradizione. Posso vantarmi dicendo che ho fatto un tiramisù memorabile. Catwoman è stata felice.

Noi le abbiamo regalato un coltellino svizzero, oggetto dei desideri da molti anni. Visto che non avevo fatto in tempo prima, l’ ho impacchettato mezz’ora prima di darglielo. E ho pensato che incartare con cura un dono, pur sapendo che pochi minuti dopo il fiocco verrà disfatto, e la bella carta stracciata, è esattamente il paradigma dell’Amore. Che si consuma.

L’amore è un continuo fare perché poi venga disfatto, preparare perché sia consumato. Altrimenti le nostre vite sono come quei bei bicchieri dentro le vetrinette, che non si usano per paura si rompano, ma così non ne godiamo nemmeno, e dunque sono morti, chiusi nelle loro bare di vetro.

Auguro a mia figlia CatWoman che del sacramento ricevuto le resti questa immagine dell’amore.


 

8 maggio 2017

L’anZia


 

Sia io che la mia Lesboamica la settimana prossima abbiamo la comunione di un figlio/a.

Le nostre conversazioni telefoniche-fiume sono bizzarre. Telefoniamo quando abbiamo dei buchi di tempo, all’improvviso interrompiamo le comunicazioni perché ad un tratto quello sprazzo di tempo libero, per qualsivoglia motivo, si interrompe:

- scusa, adesso vado che SuperMario sta vomitando-

- ti lascio che sto scendendo in cantina-

- a dopo, che adesso devo dare uno scapaccione ad A.-

- ci sentiamo, sono nuda e sto per entrare in doccia-

- guarda, scusa, devo buttare nell’olio bollente le olive ascolane e sto per subire una ustione di secondo grado-

Quando riprendiamo a parlare, magari 8 ore dopo, noi si riprende dall’ultima parola pronunciata senza nemmeno dirci ciao o pronto, del tipo:

-…e allora, lei cosa ti ha risposto?-

Oppure:- …secondo me alla fine la marca migliore è chanteclaire al sapone di Marsiglia biologico al profumo di cotone-

O anche (se state pensando che parliamo solo di cose di casalinghe): - …Quindi ti direi che il problema della scelta è Kirkegaardiano, ciò che viene scelto determina necessariamente una perdita di tutto il resto, da qui l’irrevocabilità dell’esistenza e il suo senso di lutto.-

Noi si parla ora , a puntate successive, in una conversazione iniziata la settimana scorsa, della festa della Comunione.

A questo giro, (fino a 15 minuti fa) inspiegabilmente ero impermeabile all’ansia da prestazione. Mancano pochi giorni (cinque per la precisione - C- I -N -Q- U -E - e non ho fatto ancora le bombiniere.)

(Ma tutta immersa nell’aura Donna Last minute il cui motto è : ma sì, poi vedrai che faccio in tempo a far tutto.)

-          Lesboamica, tu che bomboniere farai?-

-          Ah, io mi sono tolta dall’empasse coniugando l’utile all’altruistico, quindi le ho fatte fare dai malati di mente-

-          Ah. Mica lo dici però agli ospiti. Cioè: mica ci sarà scritto da qualche parte-

Improvvisamente mi vedo la mia Lesboamica che consegna con solennità una bomboniera. “bella questa bomboniera”. “Grazie, l’ha fatta un malato di mente”.

Mi prende una crisi di riso, che mi coglie anche ora mentre scrivo.

Lesboamica, non prendertela. E’una reazione isterica. Anche io faccio fare le bomboniere ad una malata di mente: Me medesima.

In ogni caso, lei, la mia efficientissima Lesboamica, ha già preparato tutto. Ha cucinato tutto il weekend, ha impacchettato e surgelato. Ha comprato un vestito con scarpe abbinate alla giacchetta.

Io non ho ancora comprato i confetti.

Però ho stilato una lista.

 

Anche lei ha stilato una lista.

 

Tre pagine di foglio excell con formule di calcolo che prevedono anche le calorie procapite per ogni ospite.

 

Ok, come la marea, m’è salita l’anZia.

 

Inadeguatezza bentornata.
 
Ecco la mia lista e poi la SUA lista

fuoriporta culturali stile Gfamily


Qualche giorno fa, quando ancora il Fato ci derideva facendoci credere che stesse arrivando la primavera, siamo andati a Milano, a fare una delle cose culturali (e non)

Siamo dunque andati al Mudec, per vedere Kandinskj . Il quartiere Tortona è bellissimo, e vederlo con il sole di un seppur menzognero Aprile, mi ha fatto domandare perché poi non abitiamo a Milano, poi mi è sovvenuto il fatto che io sono provinciale dentro, che il piccolo centro asfittico mi rassicura.  E anche mi è sovvenuto quanto costano le case milanesi al metroquadro a meno che tu non voglia abitare a Quarto Oggiaro.

Al Mudec c’erano due mostre: una per la quale c’era una coda lunga. (Kandinskj). L’altra per la quale non c’era nessuna coda. Quella dei dinosauri. Il tempo della permanenza in coda è stato destinato a spiegare ai Fantastici che no, non saremmo andati a vedere i dinosauri, anche se c’erano delle tipologie nuove fichissime e appena scoperte, anche se non c’era coda, e anche se a SuperMario sarebbero piaciuti di più. Ci si è messa pure la cassiera del Museo che, d’autorità, vedendo i Fantastici e le loro facce evidentemente non propense alla cultura, ci ha fatto i biglietti per la mostra dei Dinosauri invece che l’altra.

-visto? Dovevamo andare a quella dei dinosauri!- Ha protestato WonderWoman leggendo nella defaiance della cassiera un segno del destino.

Durante la mostra- bellissima- ho cercato di dare ai fantastici due dritte per capire perché questi non sono scarabocchi che so fare anche io , che cosa sia l’astrattismo, e che cosa dice l’artista dice a chi guarda le sue opere. A SuperMario invece ho cercato solo di far capire che se tocca un quadro muore e che se corre per le sale va in prigione per direttissima.

Con mia sorpresa mi sono resa conto che i bambini hanno capito benissimo quando gli ho detto che i segni sulla tela, i colori e le sfumature, sono i sentimenti resi visibili. O la musica tradotta in disegno. Per loro è assolutamente intuitivo.

Salvo poi passare gran parte del tempo nell’ultima sala dove c’era un’installazione interattiva di musica e luci che permetteva di modificare l’immagine creata con le luci colorate, muovendo le mani e il corpo.

Usciti da museo ci siamo diretti in un parco stupendissimo. Abbiamo fatto un picnic portato da casa in stile Gfamily, le bambine hanno dato sfoggio delle loro mosse di ginnastica artistica cosicchè dopo mezz’ora metà del parco giochi si dilettava  in verticali, rovesciate mortali e ruote carpiate. Megamind si era portato da casa un bicchiere di carta, la nerf e l’unico colpo sopravvissuto ai gatti, e si è dato al tiro al bersaglio. SuperMario beneficia ancora di scivoli e giostrine. Verso una certa ora facendoci violenza, ci siamo destati dalla confortevole panchina assolata e abbiamo camminato fino alla chiesta di Sant’Ambrogio. Naturalmente appena uscita dal parco, i Fanatastici si sono accorti che:

dovevano finire i compiti

era stanchissimi

le gambe non rispondevano più ai comandi

avevano ancora fame

e sete

e la cacca.

Non importa, abbiamo preso la messa in una delle più belle chiese di Milano. CatWoman una volta usciti mi ha anche chiesto:

-ma perché poi questa chiesa sarebbe bella? –

Diciamo che è una domanda su cui si scervellano pensatori, filosofi, artisti e writers da millenni. (I writers da un po’ meno). Proverò a dirti qualcosa di sensato.

Perché è antica. Perché ha delle proporzioni armoniche. Perché per fare ogni capitello scolpito ci hanno messo mesi. Perché i mattoni venivano fatti uno ad uno. Perché prima di entrare nella chiesa vera e propria un cortile quadrato ti aiuta a prepararti alla preghiera.

E poi non lo so, CatWoman. E’ una sensazione a prescindere dalla conoscenza. Credo che abbia a che fare con il fatto che l’uomo sia nato per riconoscere la bellezza come qualcosa di famigliare in cui si rispecchia.

-Ah.- Ha commentato CatWoman lasciandomi in sospeso.

 

Con il cuore in pace e un pacchetto di TUC siamo tornati a casa in treno, con gli occhi pieni di cose belle, di sole, di forme e colori, di mattoni fatti ad uno ad uno, di Bellezza.

Quella che salverà il mondo.