22 aprile 2022

Nei panni degli ado

 "I miei figli adolescenti sono, tutto sommato, dai, beh...diciamo che sono bravi."

Ai conoscenti, al giornalaio, alla vecchia zia. In un angolo del nostro cervello sappiamo che c'è molto di peggio.

"I miei figli adolescenti sono insopportabili, ingrati, isterici, disordinati e totalmente instabili."

Commenti con gli amici che sono nella stessa barca, corredati di aneddoti catartici.

"Io giuro che li ammazzo."

Al marito, verso sera.

"Io non ero mica così, alla loro età"

A mia madre, cercando sollievo. O conferme.

A mente fredda poi mi dico che se mi metto nei loro panni, vivono in un romanzo distopico degli anni '80.

Spesso soffocati dalle paure di genitori assenti per necessità.

Circondati da slogan apocalittici che vedono ovunque i segni della fine del pianeta: scioglimento di ghiacci, mari di plastica, foreste disboscate, rifiuti tossici, api che muoiono. Ovunque guardino, cose che presto sono destinate ed estinguersi, a corrompersi.

Sono nati sotto il fantasma della recessione economica, hanno vissuto la paura del terrorismo, il covid, e ora la terza guerra mondiale (ormai sdoganata).

A ciò si sommano paure per loro ugualmente terrificanti: quella di non piacere, di essere senza amici, di non riuscire a farsi i boccoli, di superare la versione di latino.

Loro hanno la certezza che le cose peggioreranno sempre di più, noi boomer avevamo meno consapevolezza e più speranza.

Questo non giustifica la loro storditaggine, il loro broncio costante, la propensione al lamento continuo su qualunque cosa, i picchi nevrotici.

Però-anche se continuerò a dir loro, come si conviene a noi genitori: guarda che ci sono passata anche io- la verità è che non è mica proprio sempre vero.


19 aprile 2022

 Caro papà l'altro giorno ero a Milano per accompagnare CatWoman a Centrale, così ne ho approfittato per farmi un giro.

Volevo fare un giro in Piazza Gae Aulenti, fare la turista, ma ormai mi sono veramente provincializzata e mi sono trovata come più di vent'anno fa, i primi giorni da milanese, immersa in un flusso di gente che correva, mentre io -che credevo fino a quel giorno di essere una che cammina veloce- mi ritrovavo trascinata dalla frenesia di formiche tutte vestite di nero (si era agli inizi del 2000, se eri una milanese e non ti vestivi di nero, non eri una persona seria), mentre cercavo di capire quale fosse l'uscita giusta della metropolitana.

Così, costantemente spaesata da un paesaggio irriconoscibile e senza un meta che rendesse il mio procedere quello ci una persona che sa il fatto suo, ho cercato di passare inosservata.

Lì, dove prima era uno schifo, la tipica periferia da stazione, svettano quelle architetture che pensavi potessero esistere sono in città europee d'avanguardia, i giardini verticali, e verso Corso Como, un parco cittadino fantasmagorico: prati, aiuole con fiori di campo e piante aromatiche, alberi fioriti, fontane, cinguettii di uccelli autentici, bambini che giocano a palla, gente in bici, ragazzi sdraiati nei prati: sono dentro il rendering di un architetto di Abitare.

Mi chiedo se la frequenza di questo paradiso in terra sia l'abitudine dei pomeriggi di qualche milanese, oppure la meta di poracci che vengono dalle periferie di Quarto Oggiaro e che si fanno un'ora di metro per arrivare.

Proseguo per Corso Como, luogo fatto appositamente per darti la sensazione di essere poco ricco, il paradosso della nostra modernità europea. O forse sono io che mi sento sempre comunque fuori luogo, estranea, intimidita, perchè in realtà c'è in giro gente di tutti i tipi, non solo milanesi che vivono in attici di 30 mq da un milione di euro al quartiere Isola: studenti, famiglie con bambini, turisti, adolescenti mano nella mano, e anche un gruppo di schiavi del delivery seduti su una aiuola accanto alle loro bici, in attesa di una consegna.

E' mai stata davvero almeno un pò la mia città?  Sì, non meno di questa in cui vivo, non meno di Bologna. Sono io che cammino in questo mondo come se camminassi sulle uova, in un costante spaesamento che riesco ad ingannare solo quando ho obiettivi e doveri e imperativi molto precisi che sappiano giustificare la mia presenza e il mio esistere in questo qui e ora.

Pessoa, penso a te: 

“Nelle strade ove vanno / gli altri verso una meta, / i passi miei sono per caso: / vado solo e smarrito” (Nelle strade).

(Un'affollata solitudine)




8 aprile 2022

post del venerdì

 Caro papà, 

ieri ho realizzato che nella vita media di una persona, l'emozione dell'estate che arriva avviene soltanto per circa 80 volte. Nel tuo caso ancora meno.

Tu lo sai, la mia predisposizione a pensieri malinconici.

80 estati non sono molte, considerato che le ultime saranno funestate da acciacchi senili, gite nei centri commerciali alla ricerca del refrigerio a buon mercato per pensionati, vacanze sotto i 1000 metri di altezza per i più fortunati, il tutto corredato probabilmente da un surriscaldamento globale che avremo ormai consegnato nelle mani dei nostri eredi.

Al mattino le mie sveglie sono cambiate. Sul cellulare alle 6.45  ho impostato un musica suicidaria che nel suo intento vorrebbe essere zen, ma è peggio di creep, e non riesco a modificarla. Non importa, perchè tanto alle 5.00 c'è quella del Gmarito (cinguettii digitali offerti da Apple), e alle 6.15 abbiamo i paradigmi greci, le declinazioni latine o i Promessi Sposi a seconda del palinsesto scolastico di WonderWoman.

Verso le 6.55 ci sono gli improperi irripetibili di Megamind che rientra in casa per recuperare qualche libro dimenticato, ed eventuali altri alterchi di Catwoman diretti generalmente a sua sorella.

SuperMario si sveglia senza problemi alle 7,15.

Ricordo, senza alcun rimpianto comunque, i risvegli della prole in età elementare, che necessitava di interventi fisici diretti, vestizioni, recupero di grembiuli dal cesto della roba sporca, merende dimenticate, autorizzazioni firmate in ascensore, scarpe per l'ora di motoria introvabili.

Il tempo è proprio un mistero.

Ho sognato che mi davi un ritaglio di giornale con un pezzo di una poesia di Rilke. Avrei voluto vedere quale fosse, ma a quanto pare nei sogni non possiamo leggere.

Ho scoperto anche un'altra cosa interessante.

A quanto pare noi possiamo ricordare un evento una sola volta. Quella successiva è il ricordo del ricordo. Così, ogni volta che ricordiamo ci allontaniamo sempre di più da nostro passato, generando dei sottoprodotti influenzabili sempre di più. 

Ho scritto un secondo libro di poesie, che non sono riuscita a farti leggere. Le tue ultime settimane eri già distaccato dalle cose, e la tua leggendaria curiosità e acume erano disinnescate da un orizzonte sconosciuto e anche pauroso.

Ne ho scritta una che racconta di quando ti sogno, la notte. Ci piace pensare che è un modo per farci visita, ma è una cosa che non sapremo mai.





4 aprile 2022

Non sono morta. Scampagnata al cimitero

 


Una cosa per volta.

Io, il Gmarito e Supermario sabato alle ore 5.59 abbiamo preso il treno per Bologna.

Occasione: tour delle tombe alla Certosa con i Falavigna, ovvero parenti della mamma di cui troppo a lungo ho taciuto.

Il gruppo: 

Breve excursus di nomi, come si fa per i romanzi di Dostoevskij che sennò coi patronimici, i soprannomi, cognomi e nomi usati per la stessa persona a pagina 5 già non capisci più chi sia il protagonista.

I miei fratelli: IgnaPigna, Giacca, Peter Gracefull. Anna assente causa covid, ma in sua rappresentanza c'era Friss, sant'uomo e suo marito.

Vale, amica del cuore di mia sorella e incidentalmente moglie di mio fratello Giacca, e la di loro bianchissima figlia 

La Madre ovvero  mia mamma e i suoi fratelli:

Zia Fiore, sua sorella gemella (diversa, in senso lato), floral designer, insegnate di composizioni floreali, ex presidente dell'Esercito della Salvezza delle donne della bologna bene che non sanno che farsene del tempo libero , altresì chiamato Garden Club di Bologna. Sopravvissuta ad anni di lotte intestine che manco alla corte degli Zar di Russia (paragone che trovo cinicamente molto attuale).

Zio Giuseppe il di lei marito purtroppo ora condòmino della tomba di famiglia da dicembre 2019.

Nicco e Cami i loro figli, i nostri "cuginetti piccoli", ora solo cuginetti più giovani.

Zio Danny, primogenito, leggendario collezionista di adorabili gaffes, grande intenditore di vini, tonici, grappe e altri spiriti corroboranti (sono rimaste negli annali le sue zollette di zucchero impregnate di grappa e menta, dopo le quali avresti potuto fare il bagno in un lago ghiacciato come i Finlandesi) spesso dimèntico di alcuni freni inibitori, senza mai però perdere un certo aplombe da lord inglese anche nel pieno della frase più politicamente scorretta, tutti lo adorano per questo, lui lo sa e se ne approfitta quel tanto che basta.

Zia Flavia, sua moglie purtroppo anche lei residente alla Certosa.

Toia e Ceci, le loro figlie, tutte comunque più giovani di me.

Naturalmente presenziava anche la Tata Cordelia, senza la quale nulla di ciò che è di famiglia può essere considerato veramente tale. Praticamente come la Regina Elisabetta.

Purtroppo mancanti per svariate ragioni:

Zia Cristina, separata da tanti anni e madre di:

Maggie (con suo marito Filo), cugina fotografa e compagna di merende dall'adolescenza, fino alla frequenza allo IED, con la quale abbiamo pubblicato il nostro libro di poesia a 4 mani Carri Sonanti/nei giorni abitati, che se volete, tanto per fare pubblicità occulta, potete acquistare pure su Amazon. 

Mattia, il cugino Grande, di cui ero ovviamente innamorata )prima di passare all'amore per suo padre, zio Stefano, chiamato anche l'uomo dalle Polo Lacoste e Rayban) con sua moglie Federica e i suoi figli.

Il programma:

Il programma era semplice e definito da mesi. Ritrovo ore 10.00, tour delle tombe di tutti i defunti, messa alla Certosa alle 11.00, pranzo in trattoria poco distante.


Partenza e false partenze

Alle 9.45, la zia Fiore telefona alla Madre, già sulla via del cimitero con tutti noi, dicendo che TUTTI hanno capito che il ritrovo fosse alle 11 invece che alle 10. Dopo una crisi nervosa di mia madre al telefono, si scopre che solo i suoi figli hanno capito alle 11. Anzi qualcuno ha capito alle 13, e sostanzialmente Cami si sta ancora lavando i capelli. 

Non importa, noi si va.

Giunti all'appuntamento puntuali, troviamo lo zio Danny, poco dopo giunge Zia Fiore con Cami, probabilmente coi capelli umidi e un principio di bronchite, agitatissima (ma questa non è una notizia) che trascina la figlia verso la prima tappa delle visite: deve arrivare prima di noi, perchè occorre fare una rifinitura alla decorazione floreale della tomba di papà PRIMA che noi possiamo accorgerci di un antiestetico buco che va riempito con gradevoli ed estetici sassi di fiume. 

La Madre nota l'assurdità logistica della cosa: veniamo con te! e si lancia all'inseguimento. 

Giuseppe Mario e io, che spingo la Tata in carrozzina, dietro, lo Zio Danny che protesta di andar piano perchè ha la gamba gigia. Non sarebbe meglio che aspettasse le sue figlie che ancora non sono giunte e non sanno la strada? Lui ribatte che no, tanto sono sempre in ritardo, e che comunque si arrangiassero, e parte all'inseguimento pure lui.

Sulla tomba del papà

La Zia Fiore guadagna per prima la tomba di papà, seguita da Cami, gravata del sacco contenente quei 10 kg di sassi di fiume e altri fiori. Giunge poi la Madre, mio marito che misteriosamente conosce a menadito il cimitero e dove sono tutte le tombe della sua tentacolare famiglia  e della mia, i miei fratelli, e Mario.

Giunge infine anche lo zio Danny, e arrivato sulla tomba di mio padre, ancor prima di prender fiato  commenta, con la sua voce baritonale: CACCHIO! MA HANNO SCRITTO PRIMA IL COGNOME E POI IL NOME! Tutti gli fanno in coro: sssssssst!

Zia Fiore prende la parola dicendo che vorrebbe fare una preghiera, che l'ha letta su internet, è di Papa Francesco.

Nonostante le proteste collettive, invece di leggerla, fa partire un audio ad altissimo volume che le mie figlie definirebbero terribilmente cringe, una stentorea voce maschile che recita la  preghiera prescelta. Credo che ai rispettosi altri visitatori in compassato raccoglimento davanti alle tombe dei loro cari,  dobbiamo essere sembrati alquanto folkloristici.

Tu papà, spero che da lassù abbia considerato la cosa con la dovuta ironia, adesso che vedi le cose con un'altra prospettiva.

I sassi comunque erano davvero molto estetici. 

Nel mentre chiamano al telefono, protestando, le povere Toia e Ceci con relativa prole, in attesa da un quarto d'ora all'entrata del cimitero e senza il senso dell'orientamento richiesto per non smarrirsi nel dedalico susseguirsi di chiostri e campi. La Madre parte allora in quarta attraverso scorciatoie solo a lei conosciute, per il recupero delle nipoti, noialtri, pronti via, partiamo testè in massa, la tabella di marcia richiedeva di spostarci verso la cappella dello Zio Giuseppe.

Verso la Cappella Monumentale dello Zio Giuseppe

La carovana si sposta dopo i consueti bisticci a voce alta su quale percorso sia più veloce: alla guida  ancora la Zia Fiore, con passo marziale e testa bassa, al centro del gruppo, come nelle mandrie di Gnu, stanno i soggetti più deboli, la tata in carrozzina e lo Zio Danny, in fondo i giovani che chiudono la fila cercando in verità di defilarsi ma senza perdere il contatto visivo per non smarrirsi tra le tombe.

Arriviamo alla bellissima cappella dello Zio Giuseppe per una preghiera commossa ("ti prego mamma, questa leggila tu, niente audio registrati dal Podcast di Radio Maria") e un visita guidata degli arredi interni di pregio, nonchè l'indicazione del loculo prescelto dalla zia " sempre che quei due là mi ascoltino" chiosa alludendo ai figli e guardando in tralice Cami, che sta cercando di fumare senza farsi notare troppo, ora che ha le mani libere dal sacco di sassi.

Giunge a metà della visita il gruppo recuperato, che viene velocemente ragguagliato, mentre il nugulo di bambini tende subito a formare una gang refrattaria ad ogni contegno cimiteriale. In ogni caso ora il gruppo è quasi al completo, se si esclude Nicco che probabilmente non ha ancora concluso la sua prima fase rem domenicale.

Ultima tappa (anche se il programma originario ne prevedeva un'altra ancora)

Ora mancherebbero i nonni Carlo Alberto e Annamaria, con la Zia Flavia, tocca correre, perchè la messa è vicina.

Ci si precipita, sfilacciati e chiassosi come di consueto, verso il luogo designato. Io non devo restare indietro perchè so che potrei vagare qui per giorni prima di trovare l'uscita. Il Gmarito è autonomo quindi si ferma a guardare i chiostro del 1500 e cerca tutti i Gualandi che riesce a trovare durante il percorso, e non sono pochi.

Infine, si arriva, occupando tutto il porticato perchè siamo un numero cospicuo. 

SILENZIO! sussurra urlando lo zio Danny. A beneficio dei nipoti troppo giovani per ricordare, si racconta brevemente dei nonni, e poi si ricorda la Zia Flavia, sepolta accanto a loro. ORA DICIAMO UNA PREGHIERA! e si girano anche i visitatori dalla parte opposta del cortile, che pensano di venire cooptati per una preghiera anche loro. La preghiera è detta, non in coro, ma dissonante, con ognuno che va alla sua velocità, lo zio entra a gamba tesa con tentativo di orazione latina, ma viene bloccato perchè nessuno la sa, ed è tardi.

Conclusione del tour nei bagni del cimitero

E' tardi, è tardi, sembriamo tutti dei bianconigli.  Senza indugio occorre dirigersi verso la chiesa, presto! La messa va via liscia, usciamo infreddoliti ma soddisfatti, come una di quelle visite : tutta Barcellona in 8 ore.

Ora possiamo rilassarci, visitare tutti il bagno del cimitero, e poi finalmente guadagnare il ristorante.

Come le nozze di Cana, ma più intenso

L'ingresso nel locale assomiglia molto alla discesa dei lanzichenecchi a Milano. Ci hanno riservato una saletta separata e non se ne pentono. Manca qualcuno all'appello, si ordina a metà, poi si rimanda, poi si decide di ordinare solo per i bambini, anche quelli parzialmente ancora assenti, il cameriere viene chiamato e mandato via 6 volte. Quantomeno arriva il vino.

Lo zio Danny è al centro della tavolata a forma di ferro di cavallo, ricorda un pò Gesù ma sembra blasfemo pensarlo, ma tanto lo dice lui: sono un pò come Gesù! Il vino però non è di suo gradimento. 

Questo vino, dice al cameriere, fa un pò schifo, ne vorrei altro.

Le sorelle tentano di mettere una pezza: ma no, non è male, per iniziare il pranzo possiamo cominciare a bere questo.

Non avendo i requisiti necessari per farsi portare acqua da trasformare in vino migliore, si fa portare un'altra bottiglia. 

Si chiama il cameriere per iniziare ad ordinare, ma a questo punto lo Zio, ormai autoeletto decano della situazione, vuole dire la preghiera: LA PREGHIERA! BAMBINI! e batte col coltello sul bicchiere. Ai bambini sono arrivate le tagliatelle e sono tutti muti, a testa bassa sul piatto che non li distoglierebbe dalla masticazione manco Babbo Natale in persona. Il cameriere torna indietro per l'ennesima volta.

Nicco, sua moglie Veronica e il suo piccolo erede stanno probabilmente ancora mettendo su il caffè, in pigiama.

Finalmente la preghiera viene detta, il cameriere, che probabilmente quando esce dalla saletta va a bersi qualcosa di forte, torna e finalmente vengono fatte le ordinazioni.

Arrivano i ritardatari, ma non sono gli sposi e non siamo al loro matrimonio, quindi nessuno li perdona

Il chiasso è molto, ma si comincia a mangiare. Arrivano finalmente i ritardatari, con un coro di Buuuuu!

"Scusate, ma noi dovevamo dormire fino a mezzogiorno" . Una di quelle scuse che tendono decisamente a peggiorare la posizione di chi le porge, ma quando stai mangiando i passatelli perdoneresti qualunque comportamento. E poi è Nicco, il cuginetto piccolo, che dormiva con una pecorella di peluche e si cantava la ninna nanna da solo, in campagna al Solimei. E suo figlio è uguale identico a lui, con la differenza che lui magna come se non ci fosse un domani.

La saletta è un bordello pazzesco, si parla, si ride, i bambini dopo avere divorato svariate cotolette alla bolognese dal peso specifico del tungsteno, chiedono di andare a giocare nel parcheggio. 

Ricreazione infantile

Qui nasce una diatriba tra genitori permissivi (oppure soltanto troppo assorbiti dalla digestione dell'arrosto ripieno del ripieno (sic) dei tortellini), e i genitori che vivono nell'attesa della sciagura, del cui fanclub faccio parte io, che già intravedono incidenti e mutilazioni. Il risultato è prevedibile, due madri si immolano per impedire infortuni e stanno nel parcheggio a farsi venire una congestione.

Nel frattempo il piccolo clone di Nicco scorrazza tra le gambe del cameriere che serve la zuppa inglese ( tipico dolce risaputamente  bolognese) perchè vuole raggiungere i cuginetti, anche lui vuole andare a farsi investire. Suo padre per distrarlo gli da' come sonaglino la prima cosa che trova: il vasetto del peperoncino in polvere che trova a portata di mano.

La Zia Fiore, perennemente all'erta, si getta su di lui per salvare il nipote da una cecità precoce. Nel frattempo il cameriere (per la cronaca poco più di ventenne) no sa più se chiamano lui o i bambini che entrano ed escono dal locale, e risponde all'appello di mia cugina Toia, che che con tono dolce ma assertivo, apostrofa in realtà, suo figlio: tesoro, vieni qui subito!

Non si sa se sia ubriaca mia cugina o lui, ma propendo per il cameriere, che comunque diventa fucsia e si scusa, anche se non ne avrebbe motivo.

Il pranzo volge al termine, siamo tutti felici e alticci, purtroppo per noi arriva il nostro taxi, e ci tocca fuggire per prendere il treno.

Devo dire che tutta la giornata è andata splendidamente, anche il pranzo: alla fine non si è finiti come il solito a parlare di diarrea. Ma forse solo perchè al ristorante non c'era Friss. (Questo dettaglio può essere apprezzato solo da pochi).

Comunque vorrei dire che da oggi riprenderò sul serio il blog. Sarà vero? vedremo.

(ho cambiato il font e non è casuale)