25 gennaio 2017

Un giorno, tornati dalle vacanze natalizie bolognesi, abbiamo trovato la gatta Penny (affidata da Babbo Natale alle dolci cure di WoderWoman) ammalata. Si grattava a sangue, se ne stava rintanata sotto un mobile o (meglio) nel mio armadio, senza mangiare (sintomo davvero molto allarmante per quella gatta che è tendenzialmente bulimica). Ovviamente io, che prendo tutto alla leggera, già pensavo al funerale e se avevo una scatola da scarpe abbastanza grande, all’elaborazione del lutto, al trauma da perdita per la sorella della gatta, Mia.
Dunque, dopo avere consultato un centinaio di chat di gattare in cui si raccontavano storie raccapriccianti descrivendo malattie raccapriccianti e conseguenti morti atroci a seguito dei sintomi descritti, mi sono precipitata dal vet. (Perché le gattare il veterinario lo chiamano così. E’ il loro linguaggio in codice. I loro gatti non li chiamano gatti. Li chiamano “i pelosi”. Oppure “il mio bambino”. E loro sono le “loro mamme”. E i loro compagni/mariti/frequentanti maschi- se ci sono-sono i loro “papi”.Se i maschi in questione sono molto virili, allora potrebbero chiamare "pelosi" pure loro.)
Il Vet in questione (che è il marito della mia Amica Omonima) non c’era, aveva la peste che stava dilagando in tutta Italia il mese scorso. C’era la sostituta. La sostituta ha visto il gatto e ha subito chiesto (scuotendo il capo):

-avete dei bambini?
-…(oddio, sarà una cosa contagiosa per i bambini!?)
-…Non ha per caso notato se i suoi bambini hanno qualche fungo della pelle?
Cioè. La prima ipotesi è stata quella che i bambini avessero attaccato qualcosa al gatto.
La Vet probabilmente a casa aveva era Madre di 15 gatti e aveva adottato a distanza pure quelli abbandonati in Burkina Fasi.
Penny comunque aveva la febbre altissima, era piena di macchie rosse, si grattava a sangue, e insomma non era un bel vedere. L’ipotesi di allergia sembrava la più concreta. Il problema è che un gatto può essere allergico ad ogni cosa esistente nell'universo. Oltre che ai miei figli, ovviamente. Soggetti altamente allergenici.
La vet allora mi fa delle domande facili.
-Ha cambiato cibo ultimamente?
-Beh, io lo prendo al supermercato, generalmente quello in offerta.
Sguardo di disgusto. - Ah. Ecco. Potrebbe essere quello. E del detersivo per pavimenti? Che mi dice? Lo ha cambiato?
-Beh, io lo prendo al supermercato, generalmente quello in offerta.
(mi sforzo di ricordare che detersivo uso sfruttando la memoria visiva, ma niente.)

-Non bisognerebbe cambiare detersivo, i gatti non si abituano. E deodoranti per ambiente? Li tolga. E la sabbietta?
-Si forse l’ho cambiata…ma mesi fa…--Non importa! Potrebbe essere un effetto accumulo anche da sei mesi! Magari è pure quella profumata.
Dice profumata con una nota di disprezzo. L'odore degli escrementi dei pelosi è una cosa del tutto naturale. Non bisogna vergognarsene.
-Vabbè e quindi?
-Allora: tolga deodorante, lavi il pavimento solo con acqua, ripristini la sabbietta precedente, butti via il cibo del supermercato e compri questo cibo che costa come il filetto argentino di manzo allevato biologico. (per un attimo ho pensato che mi dicesse di eliminare i figli potenzialmente allergenici).Sempre che (attenzione) non sia una UNA COSA PSICOLOGICA, un trama da abbandono…Va bene signora, dopo averle dato un ulteriore motivo per nutrire i suoi sensi di colpa da cui- fino ad ora- almeno i gatti erano esclusi, ci vediamo tra due giorni.
Nel frattempo, il giorno dopo, SuperMario si è rimpito di bolle e io, per colpa di questa vetgattara sono arrivata al punto di coprirmi di ridicolo telefonando al pediatra e CHIEDENDO SE LA VARICELLA SI ATTACCA AI GATTI.
Beh, almeno avrà avuto un buon argomento per scrivere un post sul suo blog: www.madri-psicopatiche-dal-pediatra@blogspot.com
Per fortuna dopo due giorni non c’era la Vet ma c’era IL VETERINARIO, ovvero il marito dell’Amica Omonima. Che ha rimesso le cose nella giusta luce e priorità.
Nei giorni successivi (con aiuto di medicinali da farle ingurgitare mattina e sera, cammuffati da bocconcini al prosciutto) Penny ha iniziato a migliorare. Certo, mangia meglio di noi. Ma si spera l’intolleranza al cibo da discount vada scemando. Sempre che i miei figli non le attacchino la tigna.

 

 

 

24 gennaio 2017

il mondo interiore in cantina


Ognuno ha un mondo interiore. Qualcuno ce l’avrà come Fantàsia, qualcuno come lo sgabuzzino, qualcun altro come l’archivio di stato. L’elemento comune è che ne siamo davvero orgogliosi, ci sembra davvero fichissimo, e pensiamo che sia doveroso condividerlo con l’umanità. Ma la triste verità è che di quello cha abbiamo sognato stanotte, anche se ci sembra più avvincente del copione di un film di 007 (anzi, ideona, potremmo proporlo ad un editore) non importa nulla a nessuno.

Il fatto che il marito (allora nella veste di fidanzato) abbia mostrato esagerato (e sospetto) interesse per il sogno ricorrente che facevamo dalla seconda elementare, deve averci tratto in inganno.

Ora mi rendo conto, quando ascolto il lunghissimo ed articolato incubo di Wonder senza mai poterla interrompere, che pure mia madre deve avere sempre finto di interessarsi ai mirabolanti racconti semi inventati.

Del nostro sgabuzzino interiore, in cui abitano paure, sogni ricorrenti di esami di maturità, amici immaginari dell’infanzia, immagini di vecchi oggetti transizionali sottoforma di peluche depilati, ricordi del giorno in cui abbiamo imparato ad andare in bicicletta, pensieri geniali, idee inimmaginabili che ci renderanno famosi, elucubrazioni pseudo profonde, rivelazioni  mistiche, non frega niente a nessuno.

A meno che tu non diventi un artista. Allora, quel mondo interiore, lo proietti fuori di te, presentandolo (possibilmente, se non sei Francis Bacon) nella sua luce migliore. Musica, arti figurative, romanzi.

Ecco che una triste stanza col pavimento di legno e una porta azzurra, uscendo dal folle mondo interiore di Van Gogh, diventa un capolavoro.

Probabilmente più lo sgabuzzino è follia, meglio riesce l’opera.

Ecco beh, pure io ho il mio mondo interiore e mi sono appena resa conto di quanto sia molesto propinarlo al prossimo. Però ho il vantaggio che posso disegnarlo. E anche scriverlo sul bloggo. Così, per cambiare aria allo sgabuzzino. E’ una fortuna grandissima.
Il problema è la cantina.

C’è un pezzo di me che mi chiama dalla cantina da circa 14 anni, tipo le mogli assassinate di barbablù. E’ la scatola dei miei acquerelli. Solo che in cantina non ci entro più da anni. E’ buia, muffita, piena di topi che sento zompettare appena antro, l’umidità si aggira a quella della Morte a Venezia in agosto, praticamente ammuffisce qualsiasi cosa.

Ho ricominciato a disegnare da qualche tempo, ed è arrivato il momento di ascoltare il bisbiglìo degli acquerelli, sempre che non siano diventati il cenone di capodanno dei ratti.Entro febbraio bisogna organizzare una spedizione e prenotare uno psichiatra.

 

 








 

 

20 gennaio 2017

pomeriggio molto (troppo) fluido

Wonder ieri pomeriggio è stata da una sua compagna.
Madre molto accogliente, molto liberale, tre figlie femmine, pure il gatto è femmina, un marito che lavora da casa rintanato dietro a ben due porte ben chiuse, nel suo studio.
In casa loro, se si paragona alla nostra, vige una certa anarchia post sessantottina. E' tutto molto fluido. Orari, confini, limiti.
Il pomeriggio si è prolungato in cena, che si è prolungata in serata.
E' tornata a casa alle dieci e mezza di sera.
Il Gmarito al suo ritorno, chiede:
-com'è andata, Wonder?-
-Benissimo!-
-Cosa avete fatto?-
-Ah, dunque. Visto che c'era la sorella grande, abbiamo fatto dei selfie col suo nuovo Iphone6.-
- Ah. Per tutto il pomeriggio?-
-Noooooo. Poi abbiamo giocato col tablet. Nuovo, regalato a Natale alla mia compagna-
-Ah, beh.-
-Ecco. E poi, abbiamo  guardato la tv-
-...-
-Poi mi sono autoinvitata mi hanno invitata a cena-
-Bello, e cosa ti hanno preparato?-
-Abbiamo ordinato le pizze! Con le patatine fritte! E la coca-cola!-
In pratica un pomeriggio di trasgressioni senza fine.
-Umm. E dopo cena?-
- Abbiamo fatto i cristalli!-

Perfetto. Dopo cena hanno cotto cristalli di metanfetamina.
Direi che non manca niente.

Già me la vedo così


19 gennaio 2017

patate e piselli love


Educazione sessuale/affettività

A scuola, in quinta, fanno una cosa chiamata incontri sull’affettività che sono un incrocio tra l’approccio medico  e quello psicologico, riguardo al sesso.

Anche Megamind lo fece, in quinta.

La sua reazione di allora.

-Megamind! Allora! Com’è andata? Com’è stato?-

-imbarazzante-

E sull’argomento non ha mai più speso alcuna parola.

Ieri WonderWoman aveva il primo incontro.

-E’ stato bellissimo, prima hanno fatto un gioco con gli animali, un po’ da bambini piccoli, ma bello  e alla fine si capiva che era per fare le differenze tra maschio e femmina. Poi, ma comunque c’è una cosa che non ho capito-

-eh.-

-Ma quando il maschio, cioè il papà, cioè il marito, cioè…-

-l’uomo.-

-ecco, l’uomo, mette il suo…insomma il suo…cioè…il (sottovoce) pisellino….-

-pene, si chiama, Wonder.-

-Ah, sì, infatti lì lo chiamano così…insomma, lo mette….ma DOVE lo mette?-

Il Gmarito con doppio salto carpiato si disimpegna con un:

-Vedrai che te lo spiegano al terzo incontro.- (aveva paura di SPOILERARE!)

-Macchè incontro e incontro. Wonder, te l’ho spiegato cento volte…-

-eh, non ho capito in quale buco.-

Il Gmarito:- c’è un buco apposta. Te lo spiegano al terzo…-

-Si chiama vagina, Wonder. Remember? Che è collegata all’utero, ed è lì che poi si forma l’embrione, il feto, il bambino.-

-Ahhhhhhh, si è veeeeeero. Ok. E i capezzoli?-

- che c’entrano i capezzoli?-

-I capezzoli dello sviluppo: io ho i capezzoli, oppure ho le tette?-

(Anni di educazione sessuale in famiglia gettati al vento.)

-…poi vorrei capire, questo semino famoso, se si vede o no. Di che colore è. -

Flash back: io, qualche anno fa, davanti allo specchio, che mi esercito a dire: “vagina” “pene” “sperma” Con studiata nonchalance.

Mentre mescolo il ragù. “seno”, “rapporti sessuali”, “spermatozoo”, “utero” ,“mestruazioni” .

 

C’è molto lavoro da fare.
 

17 gennaio 2017

gli sport e la gfamily


Contro a tutti i principi preannunciati alla nascita dei figli, con i quali dichiaravo: faranno nuoto fino a 18 anni, in batteria, tutti lo stesso giorno, così ci semplifichiamo la vita, ad oggi abbiamo a curriculum una lunga trafila di performances sportive.

 
Megamind:

Calcio. Tentativo disastroso di Megamind che, orripilato da ogni contatto fisico e con piedi pallone-repellenti, ha tenuto botta per 2 anni in porta, poi abbiamo avuto pietà.

Scherma. Sarebbe stato bravissimo, se non fosse per il piccolo dettaglio di dover affrontare l’avversario e quindi dopo due anni di ansia da prestazione, nessuna vittoria e un corollario di crisi isteriche, abbiamo abbandonato.

Tennis. Finalmente uno sport senza gare, in tutto relax e solo divertimento.

WonderWoman:

Nuoto. Sarebbe andata bene, se non fosse per il fatto che la sua amica del cuore non aveva feeling con l’acqua e quindi anche lei, per solidarietà, ha deciso di mollare.

Danza. Naturalmente scelta per indossare il tutù, essendo stato un mio desiderio frustrato dell’infanzia (a beneficio del nuoto fatto in batteria con i miei fratelli per 6 anni consecutivi,- mia madre sì che aveva capito tutto) ho acconsentito.

Ginnastica artistica. Novità di quest’anno per colpa delle olimpiadi e anche per colpa di un cambiamento di orari e giorni della danza incompatibili con gli altri impegni.

Catwoman:

scherma. Assieme al fratello per un anno, era evidentemente troppo stancante. Per i suoi gusti si correva troppo, si saltava troppo la corda, il fioretto era troppo tesante, la palestra troppo grande, il guanto era troppo pesante, il casco era troppo scomodo.

Danza. Iniziata assieme alla sorella per evitare di impazzire, è finita dopo due anni, come sappiamo.

Ginnastica artistica. Da quest'anno, appunto, con la sorella.

 
Senonchè, dopo due mesi di Ginnastica, l’allenatrice chiede udienza. Ovviamente ho pensato subito che il motivo fosse uno dei seguenti:

non ho ancora portato il certificato

devo ancora comprare le scarpette d’ordinanza

le bambine vengono in palestra scarmigliate come due streghe

dopo mezz’ora di ritardo nel venire a prendere le bambine, scatta la denuncia di abbandono

 

Invece mi propongono per Catwoman di iscriverla alla preagonistica, perché è particolarmente portata. A parte la soddisfazione iniziale assolutamente ingiustificata, visto che non ho alcun merito, si trattava di: tre giorni alla settimana-ovviamente diversi da quelli della sorella-Compreso il sabato. Due ore di allenamento ciascuno. In una palestra più lontana.

Ho detto che ci pensavo, ma solo per dare l’impressione di non essere un mostro. Pur giocando la carta dei quattro figli, della madre lavoratrice, eccetera.

Il Gmarito mascolinamente propenso a qualsiasi attività agonistica e competitiva, che forgi mente e corpo, non capiva dove stesse il problema, ancora convinto che io abbia una cosa a me sconosciuta denominata il pomeriggio libero.

Poi un giorno CatWoman, del tutto all’oscuro della problematica, mi dice.

-Mamma, sai io ho due grandi sogni nella vita-

-ah. Dimmi-

- il primo è vincere una gara regionale di ginnastica artistica…-

Il secondo me l’ha detto, ma non mi ricordo.

Il mio cuore si è stretto fino a diventare grande come un pistacchio.

Così ho messo in piedi una complessa organizzazione fatta di incastri, recuperi ore al lavoro, orari sul filo del rasoio, la cui risultante è avere tutti i pomeriggi in cui entro ed esco di casa ininterrottamente cercando di imbandire almeno una cena tra un accompagnamento del figlio di turno e l’altro. Per ora ho sperimentato questa modalità settimanale schizofrenica solo per 10 giorni. Vediamo dove ci porterà. (Esaurimento? Fuga? Denunce? Narcolessia?)

Catwoman, almeno,   è felicissima.

L’inconveniente prevedibile è stata la gelosia di WonderWoman.

-Non capisco perché LEI sì e IO no.-

-Wonder, te l’ho spiegato già dieci volte. Tu ormai sei troppo grande-

-Che scemenza, che differenza fa 9 anni o 10 anni!-

-Wonder guarda che l’allenamento tre volte a settimana significa non potere invitare nessuno, mettersi avanti coi compiti, e al sabato svegliarsi presto-

- Non è GGGGGiusto! Anche io voglio avere la possibilità di andare alle olimpiadi!-

-Wonder, fattene una ragione, voi due sorelle non potete fare e vivere sempre le stesse cose, ognuno ha possibilità divers…-

-Non è GGGGiusto! Anche io voglio fare le gare, e mettere i body da gara!-

-Vabbè, allora domani parliamo con l’allenatrice e insistiamo che possa anche tu fare agonistica.-

-Non ho detto che voglio fare l’agonistica!-

-Ah, no?-

- Ho detto che anche io voglio SCEGLIERE! Magari poi scelgo che non ci voglio andare.-

 

Ah. Ecco.
(per la cronaca, SuperMario ancora ha come unica attività sportiva quella del salto dal divano)

11 gennaio 2017

dell'esistenza di Babbo Natale

 
Cara maestra di sostegno (che non so come ti chiami, ma lo scoprirò presto) che ieri hai deriso i bambini che credono a Babbo Natale ridicolizzandoli di fronte ai loro compagni “illuminati” che invece sanno già da mò che chi porta i regali sono i genitori, voglio immaginare, a tua discolpa, che tu abbia passato una brutta infanzia, magari rinchiusa in uno sgabuzzino come Harry Potter, e che ora, per una sorta di rivincita crudele, tu debba privare gli altri Bambini della loro Favola.
Voglio immaginarlo, dicevo. A tua discolpa, dicevo.
Ebbene, no, sai che c’è? Non ci riesco. Fossi tu pure stata rinchiusa in uno sgabuzzino come HarryPotter, ciò non basta a giustificare la tua meschina e crudele frase. Tant’è che pure HarryPotter, nonostante tutto, ha creduto nella magia.
Tuttalpiù puoi farmi pena, ecco. Tu che hai abbandonato la favola, l’immaginazione e la fantasia, che ci stai a fare in una scuola elementare? E che racconti ai bambini che “sostieni”?
Credo che credere in Babbo Natale appartenga ad un lessico famigliare (vatti a leggere Lessico Famigliare della Ginzburg, va là che ti fa solo bene) su cui la scuola non ha alcuna giurisdizione.
 
Essere grandi- la tua debole e squallida motivazione- a casa mia non significa smettere di credere all’invisibile, credere all’amore, alla gratuità, al mistero che circonda la nostra vita (questo è- simbologia fondamentale del Natale per credenti e non- Babbo Natale).
Sarai molto orgogliosa di avere rotto l’incanto e di avere costretto questi bambini – umiliandoli, tra l’altro- a crescere in un minuto.
Beh, tieniti la tua misera vita senza mistero, basata sull’evidenza scientifica.
Sappi che io, a Babbo Natale ci credo.
Ha impacchettato una vagonata di regali.
Ha puntato la sveglia nel cuore della notte per portare i regali quando tutti i bambini dormissero.
Si è bevuto tutto il marsala che i Fantastici gli hanno lasciato.
E pure WonderWoman, nonostante sia ormai preadolescente e si crucci che le sta crescendo solo una tetta e l’altra no, dopo avermi raccontato la tua bella bravata a scuola, ha commentato:
-Beh, ma io a Babbo Natale ci credo lo stesso. Per due motivi. Uno è che l’anno scorso ci ha portato le gatte e voi genitori non lo avreste mai fatto. E secondo che è ovvio che Babbo Natale non va più dai bambini che non credono in lui. E allora sono i genitori che fanno i regali per non deludere i bambini.-
Mi sa che lei è più cresciuta di te.
 
 

4 gennaio 2017

uomini: vi svelo un segreto!


 

(Mi ispiro (anche se solo in parte) vergognosamente ad un post di Costanza Miriano, che vi linkerei se non ne avessi perso le tracce su Facebook. Il suo era un post serio, il mio è sempre sbordellone, come so fare io)

 

Uomini. Vi svelo qualche segreto. Fatene buon uso.

 

1)     Quando la vostra donna si lamenta per qualcosa, non vuole una soluzione.

Vuole un complimento.

Quindi, se alle 20.35 lei vi dice che è completamente sfiancata e vi racconta nei dettagli come ha dovuto incastrare la spesa, la diarrea del gatto, il ripasso dei fiumi della Regione Friuli Venezia Giulia, il recupero della password della posta elettronica, lo scarrozzamento dei figli in qua e in là, la ricerca del parcheggio e infine la cena, voi- uomini- invece di pensare con autocommiserazione che anche stasera andrete in bianco e, nella vana speranza che questa premonizione non si avveri, fornire una efficacie risoluzione organizzativa su un foglio excell mettendo in campo Babysitter e vostra madre

Sappiate che

Lei vuole solo che la guardiate negli occhi e le diciate con la voce più plausibile che avete:

“Amore (facoltativo), sei una donna davvero eccezionale”

(esercitatevi allo specchio perché se non siete credibili meglio fingere un attacco di raucedine o rischiate di andare in bianco fino all’andropausa)

In questo modo non solo avrete letto il messaggio subliminale con cui le donne solgono comunicare, ma probabilmente lei (dopo avere archiviato sbrigativamente la figliolanza senza nemmeno fargli lavare i denti) vi salterà addosso.

E’ probabile pure che il giorno dopo prenda dalla spazzatura il foglio excell che avevate preparato e che lo metta in atto.

 

2)     Quando la vostra donna è angosciata perché teme che uno dei suoi figli abbia la meningite, sia stato rapito, soffra di depressione, sia autistico, si farà il piercing all’ombelico prima dei 15 anni, sia disadattato, parli troppo poco o parli troppo, voglia fare la velina, o abbia contratto la scabbia giocando nella sabbia, non vuole che le dimostriate che è una paranoica e che voi avete una cura efficace per farle passare la crisi isterica.

 
Sappiate che

Lei vuole solo una frase da film. Ad effetto. Una frase che non dice niente ma sia molto scenografica e rassicurante. Tipo:

Amore. Andrà tutto bene

Oppure

“domani è un altro giorno”

E’ molto apprezzato anche:

“Usa la Forza, Luke. Segui l'istinto, Luke”

(ricordati di sostituire il nome. E’ decisivo.)

Perché lei sa di essere paranoica, ma da voi non ha bisogno di sentirsi dire cose ovvie, ma solo essere rassicurata sul fatto che ha fatto bene a sposarvi.

Questo ultimo passaggio potrebbe risultarvi oscuro, ma fidatevi.

 

3)     Quando la vostra donna vi passa davanti più volte (magari facendo non accidentalmente rumore con oggetti casuali) mentre voi state facendo qualunque cosa voi facciate di solito e che assorbe gli organi sensoriali e neuronali (guardare filmati sulle percentuali di sopravvivenza oltre gli 8530 metri di altitudine sull’Himalaya, leggere dei libri di economia, immergersi nelle chat politiche di Facebook),  anche se dovesse essere vestita, alzate gli occhi e NON fatele delle domande di cui non volete avere la risposta, tipo:

 tutto bene? Stai cercando qualcosa? Sei nervosa? Cosa vuoi?

Perché se vi gira intorno restringendo sempre di più il cerchio come fanno gli avvoltoi, e meglio spiazzarla e dirle una sola cosa:

“sei bellissima, amore oggi”

Oppure

“sei dimagrita?”

 

Non saprai mai cosa pensava di volere da te, perché in realtà lei- pur non sapendolo coscientemente- voleva proprio che tu le dicessi quella cosa. Avrai assicurate almeno due ore di assoluta tranquillità.
 
Uomini, spero che siate grati di essere stati messi a parte di queste preziose rivelazioni.
 

3 gennaio 2017

lo sguardo che crea la realtà


Potevamo andare a vedere Rogue One. Invece abbiamo visto Paterson. Questo film parla di una giovane coppia in cui lei, iraniana, bellissima, creativo-compulsiva, decora in economia gli oggetti e la casa e persino i cupcake con pattern bianco e nero. Passa da un entusiasmo creativo all’altro, spensieratamente e senza sensi di colpa. Lui (Paterson) ha una sveglia silenziosa che non suona, si alza sempre alla stessa ora (presto) e fa l’autista degli autobus, ed è un poeta. Lui osserva molto. E ascolta molto.

Non è un film che racconta che la felicità sta nelle piccole cose, (come dice una stupida locandina) frase che ormai possiamo trovare da facebook in giù passando attraverso gli oroscopi di Novella 2000.

E’ un film sulla bellezza ancora prima che sulla poesia. E sull’amore prima che sulla bellezza.

Io non farò una recensione sul film, che non è un capolavoro, ma merita. Però vorrei dire che mi ha ispirato, molto.

Apparentemente prima mi sono rispecchiata in lei (a parte la figaggine ed al fatto che- come mi ha fatto notare il Gmarito- dorme sempre nuda): un po’ infantile, assolutamente incapace di svegliarsi presto al mattino a meno che non abbia un trip creativo che la smuova, che passa da un entusiasmo all’altro, che dipinge  qualsiasi suppellettile di bianco e nero (righe, pois, zebrato, quadretti) senza premunirsi di mettere lo scotch di carta o un giornale per non sporcare per terra, che fa esperimenti culinari assai discutibili.

Poi ho capito che io assomiglio a lui (sveglia silenziosa e mattiniera a parte).

Lui- che sembra un po’ un disadattato, è -invece, sorprendentemente e semplicemente- uno che guarda le cose con amore. Guardando con un amore a priori e totalmente disarmato, sia le persone che gli oggetti, lui ne vede (e ne crea) la bellezza. E’ questo che lo fa diventare un poeta. Guarda il riflesso del sole all’alba sulla tenda (bianca e nera), con amore. Ascolta i discorsi dei passeggeri dell’autobus, perché lui ama i suoi passeggeri. Pure il bar dove va a bere ogni sera.  Sta in silenzio, e guarda ed entra in una relazione di scambio muto con tutti i gli oggetti e con tutte le persone, con tutto il creato, e poi scrive. Le sue poesie. Poesie sugli oggetti e sulle cose che vede dall’autobus.

Se dovessi correggere la famosa frase, direi che la bellezza sta negli occhi di chi ama.

Lontano dall’essere una poetessa, io vedo il mondo così, una continua fonte di sollecitazione, come se volesse rivelarmi qualcosa di segreto e mi dicesse: guarda meglio. Guarda i particolari.

E’ così che capisco che non posso rinunciare al modo in cui guardo le cose, anche se il prezzo da pagare è una certa rincoglionitaggine, il fatto che non voglio portare gli occhiali perché ciò che è troppo definito mi assale mentre ciò che è indefinito lascia spazio alla poesia ed al suo completamento. (Leopardi, concordi?).

Certe cose si devono scrivere. Altre si devono disegnare. Ma prima, lasciatemi andare un po’ alla deriva nel vuoto.