Un
weekend come un altro è un weekend in cui quando suona la sveglia al sabato e
mi chiedo dove sono e che giorno è e cosa diavolo ho fatto ieri sera, poi mi
ricordo che ho invitato a cena degli amici che non vedevo da secoli, e non
avrei fatto tardi se non fosse che poi mi sono messa a guardare faccialibro
compulsivamente fino alle due perché non avevo più sonno anche se poi ho
lasciato tutti i piatti da lavare perché ero così stanca. Mentre questi
pensieri mi affollano la mente nello spazio che va dalle terza alla settima
sveglia, e mi dico che da settembre finalmente non lavorerò più al sabato,
striscio fino al bagno usando la memoria spaziale, che non riesco ad aprire
neanche un occhio. Decido che no, non posso fare colazione in una cucina coi
piatti da lavare nel lavello, sovvenendomi anche che non ho nemmeno messo in
frigo gli avanzi di pollo, i quali mi guarderanno, unti e bisunti dalla
padella, e mi diranno che i bambini africani intanto muoiono di fame.
Allora,
in questo weekend-come-un-altro, mi consolo facendo colazione al bar, ma con
parsimonia, senza godere troppo, perché è un bar dei cinesi. Poi vado al
lavoro, percorrendo strade già calde e deserte, e quando timbro il cartellino
mi accorgo che qualcosa non va, perché sono le 8.10, e al lavoro non c’è
praticamente nessuno, e infatti il mio collega alla centrale radio mi fa notare
che è festa, il santo patrono della ridente cittadina lombarda in cui vivo. Le
scelte sono due. Tornare a letto, certa che basterebbe assumere una posizione
orizzontale per addormentarmi come quelle bambole che chiudono gli occhi appena
le sdrai, d’altra parte la fase del risveglio non è del tutto completata.
Oppure assumere altra caffeina ed ottimizzare la giornata andando a fare la
spesa.
Visto
che so con certezza, in base alla legge della maternità, che se tornassi a
dormire, troverei metà della famiglia già in piedi, opto per l’ottimizzazione
forzata. D’altra parte io do il meglio solo se costretta dalle circostanze. Quando torno a casa i Fantastici 4 sono felici
della sorpresa, anche se il più felice di tutti è il gmarito, che si è
risparmiato la sua mattinata di finto riposo con la prole. Nel weekend-come-un-altro
c’è la passeggiata in centro, e la sosta obbligatoria alla Botega che i miei
figli chiamano il bar della biblioteca, io e il gmarito ci prendiamo un caffè e
i Fantastici corrono al piano di sotto dove ci sono i libri da bambini. No, non
è la biblioteca, ma una libreria che rimane aperta grazie agli introiti della
gfamily, praticamente. Anche perché non è ancora chiaro a tutti i Fantastici,
che i libri che si vogliono portare a casa, vanno pagati, non essendo, appunto,
la biblioteca. Ma il gmarito ha il debole per la carta stampata, e loro lo
sanno benissimo che se gli chiedono di comprare una Barbie o una pistola,
vengono sostanzialmente ignorati, o insultati, ma se con occhi lacrimosi chiedono un libro
(purchè non sia un pseudolibro di Violetta, Fashion Moda, Winx, ed altro merchandising
travestito da letteratura) il padre potrebbe avere dei cedimenti.
Ovviamente
scendo anche io a guardare i libri per bambini, mentre il gmarito guarda libri
di storia tedesca su Hitler, SS, dittature Comuniste o saggi sull’origine dell’universo.
Ho visto un libro bellissimo che desidero spasmodicamente e che ho letto ai
Fantastici, per educarli al bello.
(Cioè,
cos’è di bello? Cos’è? UN CAPOLAVORO.)
Gli è
piaciuto, ma l’educazione al bello deve essere perfezionata, perché dopo
SuperMario voleva che comprassi un libretto di Masha e Orso, CatWoman mi
propinava un libro su come diventare una principessa che contiene un tutù e una
coroncina di plastica cinese, WonderWoman era propensa per una roba che si
chiama Top Model.
-Possiamo, possiamo, possiamo?-
-Sì. Potete DESIDERARLI.- Ho risposto. Lo
capiranno a 40anni che il bello della
vita è desiderare e non avere, e che quando non si ha nulla da desiderare, è
ora di lasciare questo mondo. Nel frattempo sono libere di odiarmi bonariamente.
Al pomeriggio i Fantastici sono stati assorbiti dal LEGO, finalmente sono
riuscita a convincere le bambine a distruggere le loro costruzioni lego Friends
(che come dice Megamind sono solo casette, gelaterie, negozi di animali,
villette borghesi, fari a strisce rosa e camper, e non hanno nemmeno tutti quei
pezzi speciali utili a costruire ALMENO un robot) in modo da liberare la loro
creatività. Ci vuole una buona dose di coraggio a distruggere la costruzione
lego riportata sul foglietto. Così perfetta, così’ congrua, così in posa. Così
in posa, che non ci si può giocare. I bambini (e poi gli adulti) si dividono in
tre categorie. Quelli che disfano le costruzioni in lego, pur sapendo che,
anche conservando le istruzioni, non riusciranno mai più a rifare la
costruzione originaria, ma creeranno altre magnifiche e imperfette e
mirabolanti invenzioni;, e storie, e mondi; quelli che costruiscono seguendo le
istruzioni e poi mettono l’opera su una mensolina a prender polvere come una
scultura di cristallo svarosky, e quelli che costruiscono, distruggono, creano
qualcosa di nuovo, ma poi sono così precisi che non perdono nessun pezzettino e
nemmno le istruzioni e riescono a RICOSTRUIRE esattamente l’opera originaria.
Esistono, sono rari, ma esistono.
Insomma,
dopo questa lezione di vita alle mie bambine, che le ha tenute occupate tutto
il pomeriggio, il weekend-come-un-eltro è proseguito, è venuta la suocera, poi mia
cognata, siamo passati alla cena e poi sono riuscita persino a trascinarmi
fuori dopocena, che SuperMario sente la mancanza della bebidenz e vuole uscire tutte le sere a sentire la musica come in
villaggio. In piazza c’era una brutta copia di FreddyMercury che cantava , e
superMario ha deciso che farà il batterista.
Domenica
siamo andati, insieme alla cognata che ci ha tenuto compagnia, sul lago, che
non è il lago, ma è il Ticino, ma il gmarito allora fidanzato mi ha portato
sempre a Sesto Calende facendomela passare per gita al lago, e da allora per me
è andare al lago, in fondo di acqua ce n’è.
I Fantastici hanno giocato al parco giochi, e donato il congruo obolo alle
zanzare di fiume.
E’
stato un bellissimo weekend-come-un-altro, che poi è evidente che i nostri weekend
sono come le costruzioni di lego. Non ce n’è uno come un altro. E quando lo
inizi, non sai cosa ne verrà fuori.
(si sappia che Megamind non vuole farsi fotografare, è questo il motivo per cui no c'è quasi mai nelle foto. Non perchè è il figlio disdegnato)
(si sappia che Megamind non vuole farsi fotografare, è questo il motivo per cui no c'è quasi mai nelle foto. Non perchè è il figlio disdegnato)
Nessun commento:
Posta un commento