Le cose perdute.
Le cose si perdono continuamente.
Le madri vengono continuamente interpellate per ritrovare
cose, peraltro di cui non sospettavano nemmeno l’esistenza. E con delle
dimensioni lillipuziane, possibilmente. Oppure oggetti che tu consideri
spazzatura e sono stati certamente fagocitati dall’aspirapolvere.
-
Mamma, dov’è la scatolina con dentro l’ala della
coccinella morta che abbiamo trovato l’anno scorso?
-
Mamma, DOVE HAI MESSO le piccole mine spezzate
delle matite che avevo conservato sulla scrivania?
-
Dove sono i ritaglini di carta triangolari che
ho lasciato sul pavimento?
(I padri, misteriosamente, no. I padri vengono interpellati
per avere informazioni come: qual è la città con lo Stadio più grande al mondo?
Quanto pesa l’elefante? Quanti maschi nascono all’anno in India? Quanto si
guadagnerà al mese nel 2023?. Cose che oggi sono facilmente reperibili si Wikipedia, e che solo una generazione fa le risposte richiedevano vero impegno)
A me dicevano da piccola che la casa nasconde ma non ruba,
ma in casa nostra no. Vi è un luogo invisibile in cui vagano come anime perdute
coccinelle rinsecchite, 2500 calzini spaiati, accendini, l’unico paio di
mutande della perla che possedevo, teste di omini lego.
A volte passo ore (no, non esageriamo, interi minuti) a
cercare quelle insignificanti cose perdute delle mie figlie. Senza alcuna
speranza. Pur sapendo che per i Fantastici quelle cosette assimilabili alla spazzatura, sono personaggi irrinunciabili nella
scena immaginifica della loro infanzia.
E’ che le cose, si perdono, continuamente.
A volte si perdono cose, altre volte, case.
Una volta c’era la casa dei nonni a Nervi. Con il corollario
di odori e oggetti multicolori, a volte tenuti assieme dal mastice del nonno
C.A.
C’era il passaggino che portava dal cortile alla passeggiata sul mare, e
che costeggiava la ferrovia e noi bimbi ci fermavamo ad aspettare il treno,
mentre i genitori di turno cercavano di farci fretta. C’era la terrazza con le
piante grasse e il tavolino, c’era il giardino della casa di sotto dal quale
rubavamo i mandarini cinesi usando una corda col cappio, c’era la stampa di
Klee, la cucina col piano in marmo e una miriade di carrellini con ruote, le
coperte con stampata la faccia della tigre, le conchiglie, i bicchieri di vetro
colorato.
Poi un giorno quella casa non c’è più. La perdita
caratterizza l’oltrepassare la soglia della maturità.
E tutti quegli oggetti, anche se fisicamente fossero ancora
al loro posto là, in quella casa, non esisterebbero più perché il loro mondo è
finito.
E non c’è niente che riparerà a questa perdita, finchè non
avremo la certezza che noi siamo (anche) il risultato di tutte quelle immagini,
suoni, oggetti, ed odori.
Nel frattempo noi, con le nostre azioni, creiamo altri
mondi, per qualcun altro, inconsapevolmente.
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