Non avevo
preso le chiavi.
Nel mio
peregrinare giornaliero da casa a ginnastica- da ginnastica a tennis- da tennis
a catechismo- da catechismo a casa- da casa a scout, con brevi soste a casa in
cui restituivo al volo un figlio e ne sottraevo un altro per traghettarlo altrove, mi ero scordata prima il
telefono, poi la borsa, poi le chiavi. Sembra quell’indovinello del contadino
che deve attraversare il fiume portando intatti da una sponda all’altra con una
sola barchetta un cavolo, un lupo e una pecora. Non ho ancora trovato la
soluzione.
Ma comunque.
Ero senza
chiavi. Così ho suonato al campanello e Megamind al citofono ha chiesto:
-chi è?-
E io ho
esitato e poi ho detto:
-La mamma-
Eh. Niente.
Mi ha fatto impressione.
Che, se mi
fermo un attimo e mi guardo da fuori (o attraverso un citofono) mi viene da
pensare : soccia, che responsabilità.
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