20 gennaio 2021

blocchi

Non scrivo da un tot perchè sono bloccata.

E non mi riferisco alla stitichezza.


Il motivo per cui non scrivo è che quello che dovrei scrivere è doloroso, è sgradevole, è intimo, è privo di parole adatte.
Ho pensato molte volte se fosse il caso di scrivere un post e ho capito che se non lo avessi fatto avrei semplicemente chiuso il blog.

Mio (nostro) padre sta morendo. Ha iniziato un cammino che possiamo sperare semplicemente meno doloroso possibile.

Quando vado a Bologna a trovarlo spengo l'interruttore emotivo per evitare di trovarmi nel lutto prima del tempo, e allora succede questo: evito di dirgli quelle parole che sospettano di commiato, di affetto, di riconoscenza che di solito non si dicono per pudore, per evitare l'effetto capezzale, e così facendo  non faccio che rimuovere il pensiero che presto non ci sarà più e che quelle cose non potrò mai più dirgliele. 

Che poi quelle cose cosa sono?

Sono: papà non te ne andare perchè mi lasceresti orfana, non te ne andare perchè così smetterò di essere la tua bambina, non te ne andare sennò chi mi parlerà di filosofia-comprensibile, chi mi dirà il nome di quel concerto di Mozart che mi piace tantissimo e non ricordo mai? No, non si possono dire queste cose.

Io ai miei genitori non ho mai detto ti voglio bene, piuttosto chiedevo loro ,da piccola, provocatoriamente: mi vuoi bene? 

Nemmeno loro ce l'hanno mai detto, era una cosa mortificante, un insulto all'amore il fatto che si dovesse verbalizzare. 

Ed ora è proprio questo che vorrei dirgli, per consolarlo (forse per rassicurarlo?) 

E' lui che parla della morte allora. Solo ogni tanto, senza autocommiserazione, come qualcosa che ormai non si può più procrastinare.

D'altra parte, dall'esterno, cosa c'è di tragico nella morte di un padre anziano? Nulla, è un dolore tutto privato, che sta nella natura delle cose, come un rito di passaggio. Allora essere fratelli è davvero consolante, ognuno conosce la perdita reciproca, non si è incompresi.

In tutto questo mia madre: che è ancora capace di ridere alle battute, si concentra sull'organizzazione, e sul vivere ciò che ci è dato, nel modo più gioioso, coraggioso e intenso.

E quindi l'ho detto, forse ora una piccola pietra è stata tolta.







4 commenti:

  1. Se mi posso permettere, cerca di dirgliele, quelle cose che adesso ti restano in gola. Dopo, ti ci attaccherai disperatamente e saranno la tua grande consolazione. Un abbraccio

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  2. Quando è morto mio padre invece mia madre è andata in palla e dopo tre anni ancora non ne è uscita, mia sorella pure per un paio d'anni si è isolata in UK e l'unica pratica ero io. Piangevo in macchina o con mio marito, grazie al cielo che c'è, l'unico che mi permette ogni tanto di essere umana e non una super eroina!
    Ti sono tanto vicina. Chi ha perso un genitore, sa cosa stai passando.

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  3. Un padre è un padre, anziano o no... mio papà ha un problema al cuore abbastanza sotto controllo ma che potrebbe aggravarsi velocemente, ed io che ce l'ho a 6 ore di strada so che potrei non riuscire a salutarlo.
    Anche io non riesco a dirgli che gli voglio bene, a lui che mi ha fatto amare il calcio e mi ha insegnato ad essere integerrima e a non accettare compromessi, ma quello che cerco di fare è vivere appieno i pochi momenti con lui, che siano poche parole scambiate mentre prepariamo la polenta ( come l'ultima volta che l'ho visto, più di un mese fa), oppure un commento sull'ultimo libro letto.
    Questo è sempre stato il nostro modo di volerci bene e forse adesso altre parole non occorrono...

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