Eravamo partiti con una promessa a noi
stessi. Almeno una gita seria, l’avremmo fatta.
Si intende per gita seria una camminata superiore
a due ore (passo Catwoman) con dislivello superiore a quello che c’è nel piatto
doccia, zaini con panini, cioccolata corroborante, pedule, raggiungimento di
baita spartana e rustica. In 9 giorni di montagna, siamo riusciti a progettare
una gita al Peller, un monte che ho sempre visto dalla finestra fin da bambina,
convinta che fosse un vulcano spento per la sua forma particolare, con una
specie di affossamento in cima. Abbiamo puntato la sveglia alle 06.30. L’abbiamo
lasciata suonare fino alle 8.15, ci siamo equipaggiati, lasciando la zavorra
dalla nonna, ovvero superMario, altrimenti detto culoDiPimbo per la sua
propensione sportiva alla camminata. Abbiamo raggiunto in macchina il punto di
partenza, mentre il sole festeggiava con noi il nostro sforzo di volontà. Un
sentiero tra pascoli di velluto e nuvole sospese come mongolfiere lente, che
sembrava di essere in un cartone di Miazaki. E fiori. E lamponi, in mezzo alle
ortiche, che un po’ di dolore rende la conquista più buona, anche se insieme al
lampone si mangia qualche formica.
Megamind che sale, quasi senza peso,
silenzioso e a caccia di frutti di bosco, coleotteri blu, e altri tesori; le
bambine entusiaste, felici, logorroiche.
-WonderWoman, adesso inizia un bella
salita, devi stare un po’ zitta, che sennò non hai fiato-
Lei comincia a salire su un pendio un po’
ripido:- Non ce la faccio….-
Pausa. Fiatone.
-…a stare zitta!-
Poi hanno iniziato a passare le
macchine. Prima una o due, il sentiero è largo, in certi punti l’anno
orrendamente stuprato con del cemento.
Man mano che si avvicinava l’ora di
pranzo, sembrava di essere sulla circonvallazione.
Ovviamente alla decima auto, CatWoman ha
protestato:- Ma perché loro vanno in macchina e noi a piedi?-
La verità è che tutte queste persone
che, spesso con maleducazione, coprendoci di polvere e senza rallentare ci
costringevano ad appiattirci sui bordi del sentiero, non ci disturbavano solo.
Non ci facevano solo respirare odiosi fumi. Non rallentavano soltanto il nostro
cammino, facendoci fermare continuamente. Ci toglievano qualcosa. Ci
defraudavano della nostra conquista sbattendoci in faccia la loro scorciatoia.
Certo, non ce l’ho con le specifiche
persone che andavano a farsi derubare al rifugio trangugiando polenta e funghi,
godendo di un panorama mozzafiato che non si erano guadagnati. Ma sto ai fatti.
Non c’è ormai una scorciatoia per tutto?
La strada è sempre più spianata, ci disabituiamo a conquistarci le cose e, alla
fine, le cose perdono sapore.
Prima ho provato con un approccio
buonista.
-Ma no, bambini, sapete, magari sono
persone anziane che vogliono fare una gita bella, ma non camminano….-
Poi ho visto le loro facce con un
sopracciglio alzato, ed è passata una
golf coi freni a disco.
-Beh, loro non hanno mangiato lamponi,
non hanno visto il coleottero blu che a papà fa così schifo, non hanno mangiato
la cioccolata amara perché non avevano bisogno di prendere energia, non hanno
assaggiato l’acqua gelata della fontana, arriveranno su, e non sarà niente di
speciale, per loro, perché non hanno fatto alcuno sforzo per conquistarselo. E
comunque, vi autorizzo a guardarli con disprezzo.-
Il Gmarito, più composto, in veste di
bravo padre, mi correggeva dicendo:- Ma no, bambini, bisogna avere pena per
queste persone, che non sanno apprezzare le montagne-
Per tutta risposta Megamind ha chiesto: -Mamma,
guarda, va bene questa, come espressione di disprezzo?-
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Credo che questa gita sia stata molto
educativa, e che la Gfamily abbia imparato qualcosa, sul fatto che solo ciò per
cui si paga un prezzo (in termini umani) acquista valore, acquista dignità, e
infine bellezza.
E che i Trentini non sanno più cosa
asfaltare.
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