Piter.
Mi
sembra una settimana fa che dicevi TEMAGHINO e giocavi coi Duplo.
Mi
sembra ieri l’altro che sei andato a fare il Cenerentolo sulla riviera
Romagnola, in cerca di te stesso.
Mi
sembra ieri che sei venuto a trovarci nella nostra ridente cittadina limitrofa
alla svizzera, e al tavolo della cucina (teatro ormai consolidato di tutti i
più importanti eventi/ rivelazioni/ confessioni/ drammi e conquiste) abbiamo
parlato di possibili scelte (realmente) creative per il tuo futuro e mi è
venuta in testa (e dunque) dal nulla, come una scritta lampeggiante:
infermieristica. (Quando le cose escono dal nulla, c’è sempre Qualcuno che ci
sta dietro, fidati della vecchia sorella)
Anzi-ti
confesso- prima mi era venuta in mente ostetricia, per evidente deformazioni
esistenziale, ma all’immagine di te che gridi – Spinga tesoro! Così!
Bravissima!- davanti a due gambe aperte e nel mezzo di urla beluine, mi sono
corretta subito.
Visto
che siamo abituati al fatto che i consigli che diamo di regola non vengono mai
seguiti, esattamente nello stesso modo con cui tendenzialmente non seguiamo i
consigli altrui per una sorta di masochistico desiderio di sguazzare nella
palude del lamento in cui siamo immersi, il fatto che tu ti sia catapultato a
Milano (baluardo dell’emancipazione, evidentemente) e abbia iniziato a studiare
cose misteriose che avevano a che fare con la dinamica dei fluidi, la
matematica e altre scienze esatte cui non eri aduso, mi ha sorpreso come una
rivelazione. (tralascio psico-implicazioni autobiografiche conseguenti).
Era
un appuntamento al buio, e forse proprio per questo, non immaginando di dover
assistere a visite del proctologo o altre amenità che preferisco non sapere, è
stato un successo.
Hai
avuto paura di subire delle amputazioni, in realtà ora sei superdotato.
(Non
ti montare la testa cinta d’alloro, adesso).
Ieri
eri molto fico, e quando hai iniziato a discutere la tesi ti ho visto davvero
completo. Sempre tu, ma con più app installate.
Poi
andare a Milàn e rivedere il parco del Poli dove pomiciavamo (con parsimonia
per non turbare gli ingegneri presenti) io e il G-fidanzato, piazzale Gorini e
l’obitorio (ricordo che la sera le vetrate lattiginose in stile inizio secolo
scorso erano sempre illuminate e passandoci vicino immaginavo di vedere all’improvviso
la mano di un morto-resuscitato-zombie appoggiarsi al vetro, perché la realtà è
troppo noiosa): mi sentivo una 40enne in gita.
Mi
hai fatto bere uno spritz senza mangiare niente (cioè in tutti questi anni ancora
non hai capito che a Milano con un aperitivo da 5 euro puoi mangiare l’impossibile
al buffet?) cosicchè mi sono ubriacata e ho detto cose idiote ai tuoi amici
gggiovani che mi avranno guardato come una babbiona di mezza età.
E
poi ho capito che si può essere sostanzialmente di bravi ragazzi sani di mente
nonostante le boiate pazzesche, sessuali, grottesche ed inquietanti che pubblichi
su Fb, in modo che non mi verrà la paranoia materna quando controllerò il
profilo dei miei figli di nascosto.
Capisci?
Oltre
che l’infermiere della mia vecchiaia.
Anzi,
il CARGHIVER.
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