Ditemi voi come faccio a spiegare ai miei figli
che:
1) se una madre vuole sopprimere il proprio
bambino in pancia, può farlo perché la sua libertà di scelta è superiore al
diritto del bambino di vivere, senza nemmeno dargli una chanche, magari
facendolo nascere e lasciandolo all’amore generoso di qualcuno (mi ricordo di
vari casi di cronoca in cui bambini nati malati e abbandonati in ospedale,
ricevevano tantissime richieste di adozioni, ma per noi è più facile credere
alla morte e all’egoismo che all’amore dell’Uomo che sa andare oltre ogni
ragionevolezza).
2)Se una madre ha un bambino malato, seppur in un
ospedale e grazie a macchinari che la scienza ha creato per permettere a queste
creature di vivere, un bambino amatissimo dai genitori, che vivono la loro
quotidianità in ospedale, ma felici di potersi prendere cura del loro figlio, in
questo caso no, la madre e il padre, perdono ogni diritto e ogni libertà di
scelta. L’ospedale e ha deciso che la
vita di questo bambino non è dignitosa. Deve morire.
In questi giorni ricorre molto la parola
dignità.
L’orrore (come l’eugenetica) si nasconde dietro
le parole, lo abbiamo dimenticato nonostante tutti i giorni della memoria che
grondano retorica vuota.
Quello che ho detto ai miei figli è stato che l’essenziale
condizione che rende una vita dignitosa, è quella di essere amati.
Tutti -credenti e non- acclamano Madre Teresa di
Calcutta come una gigantessa, una santa sia laica che religiosa.
Eppure è proprio questo ciò che lei ha fatto
tutta la vita: non è andata in giro a raccogliere i paria e i miserabili per
strada allo scopo di sottoporli ad eutanasia in quanto la loro vita non era
degna di essere vissuta. Spesso non poteva guarirli da malattie incurabili,
erano spesso senza speranza, prossimi alla morte. Li ha cercati, li ha
raccolti, li ha semplicemente amati. Lavando le loro piaghe e dando parole di
conforto, a loro che erano invisibili sub-umani.
E’ questo che rende la vita degna di essere vissuta.
L’eutanasia è l’ennesimo modo per eliminare le
grandi domande dell’umanità sul senso del vivere (e quindi del dolore
connaturato all’esistenza) e del morire, è l’ennesimo modo per eliminare la
paura di fronte al mistero.
Mi appaiono scenari terribili all’orizzonte, in
nome di questa presunta Dignità di Stato che decide della vita e della morte
dei nostri figli.
Lascio ai bravi giornalisti e filosofi l’onere
di scrivere meglio di me.
Io vi riporto le domande dei miei bambini,
quando ho raccontato la vicenda e chiesto loro di pregare assieme ogni sera per
Charlie e i suoi genitori, e anche per i giudici, quando ancora non sapevo che
la sentenza sarebbe stata di morte (e vi assicuro, che sono tutte domande autenticamente
fatte da loro):
Ma perché vogliono
ucciderlo se ci sono delle macchine che lo fanno vivere e dei genitori che lo
amano così com’è?
Ma lui
riconosce i suoi genitori, sa che gli vogliono bene?
Perché i
genitori non possono decidere loro?
Ma sei io
un giorno mi ammalo e devo restare in ospedale attaccato a questi macchinari,
potrebbero decidere di uccidere anche me?
I genitori
non possono portare via il bambino in un altro ospedale?
Anche la
bisnonna è molto vecchia e ha male dappertutto, quindi i giudici possono
decidere di uccidere anche lei?
Ma già conosco la domanda che mi faranno quando
dirò loro che i giudici hanno ritenuto che uccidere Charlie è giusto, perché la
sua vita di sofferenze è insopportabile agli occhi del mondo:
Ma allora
pregare non è servito a niente?
E per questa risposta avrò bisogno di un aiuto
che non è umano.
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