4 aprile 2019

loosing childhood

Sono qui che penso che è da un pò che non posto qualcosa sul blog, e mi domando: forse non ho più niente da dire.
In realtà parte delle cose che avrei da dire non sono adatte ad essere condivise.
Però posso raccontare della mia fuga programmata.
childhood (che significherebbe "infanzia")


Lo scorso weekend ho fatto una cosa nuova per me, sono andata a Bologna a trovare i miei da sola.
Ho preso un treno all'alba, poi da Milano sono salita su un frecciarossa.
Il mio imprinting riguardo ai viaggi in treno, ai tempi in cui facevo la pendolare Bologna-Milano è qualcosa di cui non ci si libera facilmente.
Il treno veloce, cioè il pendolino (nome delizioso e in fondo molto meno pretenzioso di quell'altro), era un treno di lusso, mi pare che i primi tempi ti dessero anche l'agognato biscottino pure in seconda classe. Era un chiaro intento di addolcire il probabile e prevedibile cronico ritardo.
Pure l'intercity aveva un certo carattere borghese, senza scompartimenti, più veloce degli interregionali, con in finestrini piombati e con una presunzione di aria condizionata, che spesso consisteva in un getto gelido lato costola per chi stava vicino al finestrino.
Gli interregionali erano già allora dei carcassoni, ma avevano questa cosa fantastica che potevi mettere la testa fuori dal finestrino prima della partenza,sognando di avere qualcuno da baciare sulla banchina nei torridi mesi estivi, il corridoio che costeggiava gli scompartimenti permetteva che venissero stipate mandrie di persone che si disputavano gli strapuntini e bloccavano il passaggio con enormi valigioni rigidi.
Il viaggio era una traversata, occorreva avere con sè dei beni di prima necessità, acqua, almeno un panino, e naturalmente qualcosa da leggere. D'estate la simil pelle dei sedili ti si attaccava alle cosce e d'inverno non sapevi quale sorte avresti avuto, perchè la temperatura non era mai davvero consona alla conservazione della salute.
Frecciarossa non è più un gran lusso, i sedili sono così appiccicati tra loro che pure io che sono quasi nana rischio di fare piedino al mio dirimpettaio.Il biscottino è un lontano ricordo, puoi trovare solo una rivista surreale delle Ferrovie dello Stato.
Già pregustavo di iniziare il mio nuovo libro di Rebecca West, la famiglia Aubrey.
Il problema grosso è che mentre prima con gli interregionali da Milano a Bologna, al netto dei ritardi, riuscivi ad arrivare ad un terzo dei fratelli Karamazov, adesso non fai in tempo neanche ad imparare i nomi dei personaggi, che sei arrivato.
La Stazione di Bologna è irriconoscibile, arrivi sottoterra, e cammini 10 minuti buoni completamente spaesato (condizione a me peraltro sempre molto famigliare) seguendo frecce colorate come in aeroporto, finchè sbuchi in superficie, all'improvviso.
Accorgersi che qualcosa si è trasformato così radicalmente mentre eri altrove, lascia interdetti. E' come quando vedi quel nipote dopo tanti anni, l'hai lasciato che si mangiava le caccole e lo ritrovi col tatuaggio e la patente.
A casa ho trovato mio padre che cucinava pesce. A parte i quadri, che più spesso di quanto uno si aspetti, vengono incrementati e talvolta ridistribuiti sulle pareti della casa dei miei (operazione che di solito porta sull'orlo del divorzio), la mia casa madre ha una immutabilità rassicurante: le piante continuano a morire vicino alle finestre della sala, i divani sono accucciati sempre nello stesso posto da decenni, come i personaggi di un presepe.
- Adesso che sei qui da sola senza figli, è come se fossi tornata soltanto figlia-
No, ho raggiunto credo un punto di non ritorno in cui l'essere madre e moglie si è incistato in me come l'Herpes, tra i tessuti, quiescente ma vigile. Ma penso sia una cosa buona.
Sabato pomeriggio abbiamo fatto un lungo giro a piedi assieme, ripercorrendo senza volerlo molte vie della mia infanzia, e come in un museo della memoria, ricordando i vecchi negozi soppiantati da quelli nuovi -ovviamente schifosi- così come dev'essere nella scala dei valori delle persone che cominciano a sentirsi decrepite (e sto parlando di me).
Ti ricordi l'omino dei limoni? Ti ricordi il lattaio che si chiamava Signor Diego e ci regalava le galatine? E il fornaio che ci regalava grissini? (dovevamo sembrare bambini molto affamati, suppongo).
I miei genitori mi hanno regalato una camicetta che da sola non avrei avuto il coraggio economico di comprare.
Io mi sono acquistata un paio di scarpe bicolori molto sgargianti di quelle che gli uomini detestano.
Domenica ho visto la mia cognata Lavandina, mio fratello e la Bianchissima nipotina, che adora disegnare ma per fortuna è anche molto intelligente.
E anche la mia tata, che ogni volta è come assistere ad una grande lezione di vita da cui si rimane abbagliati.

Insomma è la prima volta che vado a Bologna con lo scopo di andare a trovare i miei genitori, è una specie di spartiacque che ho scelto di definire io, in tempi ancora non sospetti.

3 commenti:

  1. Wow che bello!!!!E i quattro ? Se la sono cavati?I cinque volevo dire........chissà che sensazione di libertà hai provato appena messo piede dul treno!!!!!

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  2. i quattro erano piuttosto attoniti. Gli sembrava irreale e grottesco che io- la madre- potessi assentarmi da casa per andare dai loro nonni, che per inciso, sono i miei genitori. C'era qualcosa che non gli tornava, ma neppure loro sapevano bene cosa fosse. C'è sempre una prima volta, evidentemente.

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