24 novembre 2020

la triste storia di come sono diventata rappresentante di classe

Se c'è una cosa in cui sono stata brava, è quella di essere riuscita a smarcarmi dalla (mia) candidatura estorta dalla pletora delle altre madri a rappresentante di classe, che è un pò come la santità per acclamazione: che tu voglia o no, ti trovi candidato.

E anche un pò santo (martire).

Su quattro figli fino ad ora l'avevo scampata, e date le probabilità a mio svantaggio, direi che mi è andata bene.

Finchè non sono andata all'assemblea di classe di Wonder (liceo classico, primo anno).

Ingenuona come al solito, non avendo letto bene la circolare, ho scoperto solo a fine riunione, che c'era il barbatrucco, ovvero la votazione dei rappresentanti (che nelle altre scuole era stata fatta in modalità a distanza, o come dice Super Mario in modalità Di Stanza).

C'erano due madri molto più sveglie di me, che si sono proposte per fare l'una la scrutatrice, l'altra il segretario: un'ottima mossa, da professioniste, per essere automaticamente (non formalmente, ma di fatto) escluse dalla candidatura. Questa me la segno per le prossima volte.

Poi, la domanda clou: 

Allora, chi si candida? 

Sono seguiti 10 minuti di silenzio assoluto. Madre coraggio della situazione si è fatta avanti, rompendo l'immobilità, umilmente, ed è stata accolta da una ovazione, congratulazioni e sorrisi di incoraggiamento come se si fosse offerta per fare da cavia al primo vaccino covid. 

Eh, però servono due rappresentanti. Ne serve un altro. 

A quel punto i genitori presenti si sono ammutoliti. C'era chi guardava nella borsa, chi fingeva di rispondere al telefono, chi rimirava una crepa sul soffitto o si allacciava le scarpe. Era l'ora dell'interrogazione alle medie.

Mi sono sporta, e ho guardato un numero sparuto di padri, in fondo:- qualche padre, magari?

niente. Nessuna reazione.

Sguardo perso nel vuoto. L'uomo da tempi immemori preferisce fingersi morto, o tentare con la mimetizzazione della rana: se non mi muovo forse non mi vede.

Io ero con una mia amica, uscita di casa mentre immagazzinavo roba negli scatoloni e svuotavo armadi per i lavori imminenti, sporca, con jeans macchiati di benzina, sciarpa rossa, maglione fucsia, calzini blu elettrico con le banane, struccata e spettinata. Ero lì per sentire come era partita la classe e vedere il prof di greco leggendariamente figo, e imprimermi a mente le facce dei prof possibilmente collegate a dei nomi. La mia amica Lucia (cara!), intuendo il pericolo, nel tentativo disperato di salvarmi comincia a bisbigliare: non farlo, resisti, tieni duro! Ce la puoi fare!

L'empasse era intollerabile, la tensione alle stelle. Così, sventurata, risposi. - Se non c'è nessun altro...-

Applausi. Commozione trattenuta, respiri di sollievo.

Ma le avete viste le mie calze con le banane? 

Sarò comunque la rappresentante di riserva. Sapevatelo.

A quel punto le madri (i padri erano ancora in modalità morte apparente) hanno dato la stura alle domande:

ma i colloqui? ma il film che devono vedere per storia? ma l'orario? ma il registro elettronico?


Tornata a casa tra l'orgoglioso (per me inaudita manifestazione di coraggio) e l'ubriaco, la reazione di Wonder è stata:

-NO! Ma prorpio tu? ma sei CAPACE?-


Ieri c'è stata la prima riunione on line del consiglio di classe.

Non avendo la telecamera sul pc, ho partecipato su meet, e al posto del (mio) video c'era l'immagine del mio google account.

Un (mio) disegno di una bambina che dorme, con la testa a forma di rapa. 

E il mio nick name. 

Iridella Cat Caran d'Ache.

D'altra parte i prof hanno salutato solo la Signora Francesca.


Diciamo che sono la rappresentante di classe in incognito.

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