19 aprile 2022

 Caro papà l'altro giorno ero a Milano per accompagnare CatWoman a Centrale, così ne ho approfittato per farmi un giro.

Volevo fare un giro in Piazza Gae Aulenti, fare la turista, ma ormai mi sono veramente provincializzata e mi sono trovata come più di vent'anno fa, i primi giorni da milanese, immersa in un flusso di gente che correva, mentre io -che credevo fino a quel giorno di essere una che cammina veloce- mi ritrovavo trascinata dalla frenesia di formiche tutte vestite di nero (si era agli inizi del 2000, se eri una milanese e non ti vestivi di nero, non eri una persona seria), mentre cercavo di capire quale fosse l'uscita giusta della metropolitana.

Così, costantemente spaesata da un paesaggio irriconoscibile e senza un meta che rendesse il mio procedere quello ci una persona che sa il fatto suo, ho cercato di passare inosservata.

Lì, dove prima era uno schifo, la tipica periferia da stazione, svettano quelle architetture che pensavi potessero esistere sono in città europee d'avanguardia, i giardini verticali, e verso Corso Como, un parco cittadino fantasmagorico: prati, aiuole con fiori di campo e piante aromatiche, alberi fioriti, fontane, cinguettii di uccelli autentici, bambini che giocano a palla, gente in bici, ragazzi sdraiati nei prati: sono dentro il rendering di un architetto di Abitare.

Mi chiedo se la frequenza di questo paradiso in terra sia l'abitudine dei pomeriggi di qualche milanese, oppure la meta di poracci che vengono dalle periferie di Quarto Oggiaro e che si fanno un'ora di metro per arrivare.

Proseguo per Corso Como, luogo fatto appositamente per darti la sensazione di essere poco ricco, il paradosso della nostra modernità europea. O forse sono io che mi sento sempre comunque fuori luogo, estranea, intimidita, perchè in realtà c'è in giro gente di tutti i tipi, non solo milanesi che vivono in attici di 30 mq da un milione di euro al quartiere Isola: studenti, famiglie con bambini, turisti, adolescenti mano nella mano, e anche un gruppo di schiavi del delivery seduti su una aiuola accanto alle loro bici, in attesa di una consegna.

E' mai stata davvero almeno un pò la mia città?  Sì, non meno di questa in cui vivo, non meno di Bologna. Sono io che cammino in questo mondo come se camminassi sulle uova, in un costante spaesamento che riesco ad ingannare solo quando ho obiettivi e doveri e imperativi molto precisi che sappiano giustificare la mia presenza e il mio esistere in questo qui e ora.

Pessoa, penso a te: 

“Nelle strade ove vanno / gli altri verso una meta, / i passi miei sono per caso: / vado solo e smarrito” (Nelle strade).

(Un'affollata solitudine)




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