25 maggio 2022

nella corrente, cose belle

 SuperMario ha fatto la Comunione.

In attesa della cerimonia, alle ore 15.00 di un pomeriggio testimonial del surriscaldamento globale con 32 gradi, si rilassava facendo una partita a briscola con la nonna.

Sabato, il giorno prima, cucinare è stato come scendere agli inferi.

Mi pesava troppo andare a comprare i confetti, 15 euro al kg di zucchero ripieno di una palta  improbabile- le mandorle sono da poracci, no: meglio gusto Cassata Siciliana o fantasia di caffè, o bouquet di frutta secca aromatizzata al lime. Assomigliano sempre di più alle caramelle di Harry Potter, come si chiamano, quelle che non sai se ti capita gusto arancio o caccola del naso.

Allora, ho avuto la luminosa idea di accendere il forno e fare un centinaio di zuccherini, microscopici biscottini a forma di anellino che secondo la tradizione emiliana, si servono al posto dei confetti. 

In ogni caso la Cerimonia è stata bella, intensa, sempre commovente, e apprezzo ogni anno di più il minimalismo severo lombardo con cui i bambini vanno tutti vestiti da fraticelli bianchi o -come direbbe qualcuno- da baby Jedi.

Niente batuffoli svolazzanti in tulle o piccoli smoking damascati. Meno divertente, ma aiuta certamente il raccoglimento spirituale. 

Dopo c'è stata una bella festa, però solo con i parenti lombardi.

I parenti bolognesi verranno domenica prossima, al mattino, per motivi logistici (per esempio come si fa a fare la Comunione alle tre del pomeriggio della domenica? La domenica pomeriggio è destinata alla tristezza che deriva da una leopardiana percezione che il weekend sia già finito, praticamente è già un mezzo lunedì.)

Così Mario ha vinto due feste.

E io ho vinto...vabbè lasciamo stare.

Li punirò con una pizzoccherata bollente. Niente spiedini di frutta per loro (peraltro un'altro piatto finto-veloce, finto-easy, finta-idea-furba, peggio della macedonia e del pinzimonio). No loro si beccheranno tiramisù e torta angelica, e finiranno di digerire all'uscita per Bologna Centro.

E così, caro papà, la vita va avanti e ci trascina nella sua corrente. 







22 aprile 2022

Nei panni degli ado

 "I miei figli adolescenti sono, tutto sommato, dai, beh...diciamo che sono bravi."

Ai conoscenti, al giornalaio, alla vecchia zia. In un angolo del nostro cervello sappiamo che c'è molto di peggio.

"I miei figli adolescenti sono insopportabili, ingrati, isterici, disordinati e totalmente instabili."

Commenti con gli amici che sono nella stessa barca, corredati di aneddoti catartici.

"Io giuro che li ammazzo."

Al marito, verso sera.

"Io non ero mica così, alla loro età"

A mia madre, cercando sollievo. O conferme.

A mente fredda poi mi dico che se mi metto nei loro panni, vivono in un romanzo distopico degli anni '80.

Spesso soffocati dalle paure di genitori assenti per necessità.

Circondati da slogan apocalittici che vedono ovunque i segni della fine del pianeta: scioglimento di ghiacci, mari di plastica, foreste disboscate, rifiuti tossici, api che muoiono. Ovunque guardino, cose che presto sono destinate ed estinguersi, a corrompersi.

Sono nati sotto il fantasma della recessione economica, hanno vissuto la paura del terrorismo, il covid, e ora la terza guerra mondiale (ormai sdoganata).

A ciò si sommano paure per loro ugualmente terrificanti: quella di non piacere, di essere senza amici, di non riuscire a farsi i boccoli, di superare la versione di latino.

Loro hanno la certezza che le cose peggioreranno sempre di più, noi boomer avevamo meno consapevolezza e più speranza.

Questo non giustifica la loro storditaggine, il loro broncio costante, la propensione al lamento continuo su qualunque cosa, i picchi nevrotici.

Però-anche se continuerò a dir loro, come si conviene a noi genitori: guarda che ci sono passata anche io- la verità è che non è mica proprio sempre vero.


19 aprile 2022

 Caro papà l'altro giorno ero a Milano per accompagnare CatWoman a Centrale, così ne ho approfittato per farmi un giro.

Volevo fare un giro in Piazza Gae Aulenti, fare la turista, ma ormai mi sono veramente provincializzata e mi sono trovata come più di vent'anno fa, i primi giorni da milanese, immersa in un flusso di gente che correva, mentre io -che credevo fino a quel giorno di essere una che cammina veloce- mi ritrovavo trascinata dalla frenesia di formiche tutte vestite di nero (si era agli inizi del 2000, se eri una milanese e non ti vestivi di nero, non eri una persona seria), mentre cercavo di capire quale fosse l'uscita giusta della metropolitana.

Così, costantemente spaesata da un paesaggio irriconoscibile e senza un meta che rendesse il mio procedere quello ci una persona che sa il fatto suo, ho cercato di passare inosservata.

Lì, dove prima era uno schifo, la tipica periferia da stazione, svettano quelle architetture che pensavi potessero esistere sono in città europee d'avanguardia, i giardini verticali, e verso Corso Como, un parco cittadino fantasmagorico: prati, aiuole con fiori di campo e piante aromatiche, alberi fioriti, fontane, cinguettii di uccelli autentici, bambini che giocano a palla, gente in bici, ragazzi sdraiati nei prati: sono dentro il rendering di un architetto di Abitare.

Mi chiedo se la frequenza di questo paradiso in terra sia l'abitudine dei pomeriggi di qualche milanese, oppure la meta di poracci che vengono dalle periferie di Quarto Oggiaro e che si fanno un'ora di metro per arrivare.

Proseguo per Corso Como, luogo fatto appositamente per darti la sensazione di essere poco ricco, il paradosso della nostra modernità europea. O forse sono io che mi sento sempre comunque fuori luogo, estranea, intimidita, perchè in realtà c'è in giro gente di tutti i tipi, non solo milanesi che vivono in attici di 30 mq da un milione di euro al quartiere Isola: studenti, famiglie con bambini, turisti, adolescenti mano nella mano, e anche un gruppo di schiavi del delivery seduti su una aiuola accanto alle loro bici, in attesa di una consegna.

E' mai stata davvero almeno un pò la mia città?  Sì, non meno di questa in cui vivo, non meno di Bologna. Sono io che cammino in questo mondo come se camminassi sulle uova, in un costante spaesamento che riesco ad ingannare solo quando ho obiettivi e doveri e imperativi molto precisi che sappiano giustificare la mia presenza e il mio esistere in questo qui e ora.

Pessoa, penso a te: 

“Nelle strade ove vanno / gli altri verso una meta, / i passi miei sono per caso: / vado solo e smarrito” (Nelle strade).

(Un'affollata solitudine)