Ho una avversione intrinseca per provarmi i vestiti nel
camerino.
Il camerino si prospetta dopo le seguenti fasi iniziali.
Entri in un negozio perché magari ti è piaciuto qualcosa in
vetrina o semplicemente c’era un bell’accostamento di colori. Un po’ come
quando scelgo un libro.
Prontamente una commessa che è nata dopo il 1990 ti
interpella dandoti del tu (non perché ti considera giovane come lei, ma bensì perché
LEI si considera giovane, dunque legittimata a parlare come una undicenne):- Hai
bisogno di q…-
Ma non finisce perché appena apre bocca arriva la risposta
standard: - Dò un occhiata, grazie.-
E’ il gioco delle parti, lei lo sa, tu lo sai. Se lei -invece-
è intelligente, magari perché è nata addirittura prima dell’85, dirà: -Se hai bisogno, sono qui- In quel caso
sorridi i vostri occhi si incontrano e vi capite al volo.
Allora poi può succedere che c’è una cosa che ti piace talmente
tanto e sembra essere compatibile sia col culone che con il badget, che addirittura ti
senti psicologicamente pronta per affrontare il camerino.
Nei camerini accade quanto segue.
I camerini sono di solito pensati per gente senza braccia, larghi
un metro per un metro. Praticamente delle bare con uno specchio. Quanto cominci
a spogliarti colpisci con ogni possibile articolazione contro tutte le pareti.
Allora la commessa dodicenne arriva e che fa?
Apre completamente la tenda per chiederti se hai bisogno. E
tu sei lì. Semiduda. Con le braccia e la testa intrappolata dentro il vestito o
il maglione. Vorresti prenderla a scappellotti ma i tuoi arti sono
completamente attorcigliati nel malefico indumento, quindi ti limiti a bofonchiare
da dentro l’indumento che no, va benissimo, non vede?.
La commessa se ne va, magari ti ha pure fatto una foto
mentre eri in mutande e senza testa e la pubblicherà su snapchat (Fb è per
vecchi) deridendoti con le sue amiche minorenni (e minorate).
Per inciso, a meno che tu non l’abbia pianificato, quanto
entrerai in un camerino avrai sempre biancheria intima inguardabile, stinta, mutandoni
della nonna, reggiseno spaiato.
Altra caratteristica dei camerini è la luce. La luce è stata
progettata per umiliarti. Una lampadina alogena, orientata in modo che metterà
in risalto ogni poro dilatato o pelo incarnito, figuriamoci la cellulite.
Così, quando finalmente ti sei tolta il diabolico vestito,
ti guardi e vorresti darti fuoco. Figuriamoci comprare un paio di pantaloni
rossi. Ma ormai sei dentro, sudata e ignuda come una ballerina di lapdance, sai
che tra poco entrerà ancora a tradimento la commessa, quindi ti infili l’indumento,
velocissima, per non farti cogliere in fallo, colpendo con il gomito lo
specchio e col ginocchio il muro e contemporaneamente distogliendo lo sguardo
dall’immagine riflessa, e finalmente sei vestita. Non fai in tempo, che la commessa
masticando una cicca apre la tenda con gesto teatrale. Lei non vede i tuoi
occhi iniettati di sangue e dice:- allora,
come va?-
Come vuoi che vada, ho il corpo ricoperto di lividi, l’ascella
pezzata, sono scalza e ovviamente ho una calza bucata, ho appena visto un
mostro allo specchio con le mie sembianze, tu insulsa ragazzetta che porti una
38 e quando è uscito la Bella e la Bestia non eri neanche nata.
Sei costretta ad uscire dal camerino. Ti guardi nello specchio
grande del negozio, e voilà.
Sei una gran gnocca. Hai tre taglie in meno. Hai il culo
alto come quello di una brasiliana. La commessa commenta:- Mi piaci molto-
Mi piaci molto? Che sei,
mia sorella? Manco la mia lesboamica mi dice mi piaci molto. Vabbè il Gmarito poi è fuori questione. In ogni
caso tu, che sei una veterana del camerino sai.
Sai che lo specchio del negozio mente. Ha il trucco, è
deformato come quelli dei parchi dei divertimenti dei film horror. E’ stato
installato da dei diabolici vetrai esperti nel mestiere con una particolare
angolazione che fa sì che tu sembri alta e magra.
-Mmmm non so non mi
convince. Non mi ci vedo- altra frase da repertorio che sta ad indicare che
non ti farai fregare facilmente.
Torni in camerino. Sembri un insaccato.
Torni fuori, gnocchissima.
Potresti continuare per ore da qui a lì, e portare la
commessa verso l’esaurimento nervoso, poi decidi che la verità sta nel mezzo
(degli specchi).
-Allora, lo porto in
cassa? Vuoi vedere qualc…-
Lei non finisce la frase. In quel momento la tua faccia è
troppo simile a quella di sua madre quando sta per metterla in punizione per
una settimana senza uscire.
Allora paghi in silenzio e esci mentre la commessa ti dice:-
Ciao, bella.-