8 aprile 2016

espiazione del cazzeggio

Siamo sincere con noi stesse.
Noi stesse intendo le due Me, quelle che litigano spesso quando una delle due non dorme.
Siamo sincere.
Ultimamente, mi sentivo un pò in colpa quando la gente mi compativa per la gamba rotta, e anzi pure addirittura si congratulava con me, per come ero brava a non abbattermi, e come ero organizzata, come ero sorridente nonostante tutto. Mi sentivo un'usurpatrice del titolo di Santa donna con quattro figli (relativamente) piccoli da gestire, in quanto:
1. Passati i primi 20 giorni di sofferenza, non potendo fare letti, stendere, stirare, pulire, riordinare più di tanto, ero OBBLIGATA a stare a letto e RI-PO-SAR-MI. 
2. Ho guardato una trentina di film
3. Non mi sono truccata per un mese
4. Il Gmarito ha sempre portato lui la spazzatura fuori
5. Ho finito il mio terzo libro
6. Disegno e scrivo il blog
7. Dormo 
8. Cucio
9. Posso mettermi addosso qualsiasi cosa senza preoccuparmi di abbinamenti
10. Sono dimagrita pure due chili.

Poi ho iniziato la fisio-terapia. E la sofferenza. 
E la ginnastica a casa con degli elastici che uno di questi giorni me ne sfuggirà uno di mano colpendomi in faccia e mi salteranno tutti gli incisivi e forse anche la retina, e insomma sì, ecco, sono di nuovo madre coraggio. Pure sfigurata.

Sto espiando.

....Avrò una gamba più corta dell'altra, zoppicherò per l'eternità, il ginocchio mi rimarrà storto, probabilmente non potrò più portare i tacchi, e forse mi crescerà pure la gobba.

(questo è lo stacchetto melodrammatico)




4 aprile 2016

cucine

La tendenza dell'arredamento è che ogni stanza della casa sembri non abitata.
Questa perversione mentale che ha a che fare- in un modo su cui non mi soffermo- con l'idea della famiglia che abbiamo oggi, è arrivata a contagiare perfino la cucina.
Le cucine (ideali, proposte come modello di classe e buon gusto) sono delle sale operatorie.
Invece, la cucina più bella del mondo era la cucina di mia nonna.
La cucina di mia nonna non era enorme, ma era abitabile. C'era un tavolo di legno con un meraviglioso buco laterale da cui usciva il matterello per fare a sfoglia, proprio sotto una finestra da cui entrava sempre (ma proprio sempre) il sole.
Poi c'erano i fornelli, e sotto, il forno. Bianco, in alcuni punti scrostato e ritoccato da mio nonno C.A. con della vernicetta. Sopra, una cappa aspirante color alluminio, e a muro delle piastrelle semplicemente bianche e semplicemente quadrate con una costellazione di ganci adesivi di diverse epoche forme e colori, con attaccati utensili di prima necessità, accendino, mestolo, la presina all'uncinetto a forma di gallina, il portafiammiferi. Su quei fornelli ci si cuocevano solo pietanze con una base d'asta calorica di 1200 calorie.
Di fronte, in una nicchia, c'era il secchiaio, che per chi è colpevole di non essere bolognese, è il lavandino. (se sei lombardo è il lavello). Un lavandino di ceramica, quadrato, con sopra uno scolapiatti di metallo verniciato di bianco. Spugnette, detersivo, tazzine del caffè appena lavate, scolaposate, tutto a vista. Una roba che oggi sarebbe una zingarata. Perchè se il lavello c'è, deve sembrare che non venga mai usato. Lo scolapiatti è una vergogna, le spugnette ripugnanti, il detersivo, osceno.
Vicino alla finestra c'è il frigo. Negli anni il frigo è stato cambiato.Di sicuro è sempre stato bianco e sopra c'erano attaccati dei foglietti con dei numeri di telefono. Sopra al frigo, un'immaginetta sacra. Non ci giurerei, ma forse con una lanternina sempre accesa. Attaccate al muro formine di rame. Tutto il resto delle pareti era occupato di una versione della rivoluzionaria cucina americana degli anni '50, ovvero la cucina con il piano di lavoro e i pensili, fatta fare su misura da un falegname di allora e dipinta di bianco crema fuori e rosso fuoco dentro. Ricordo sportelli che si aprivano profondi come caverne, cassetti che per aprirsi necessitavano di una forza sovrumana che per prendere un cucchiaino da bambino ti si slogava un polso. Sul piano di lavoro in marmo, tanti oggetti di uso frequente. Tritacarne, macchina del caffè, portapane, almeno 3 blocchetti di fogli riciclati tenuti insieme con un ciappetto, un portapenne con dentro delle penne (scriventi)-non come a casa mia-.
Nella cucina di mia nonna spesso c'erano delle piante, del basilico o un geranio sulla finestra.
I pensili arrivavano fino al soffitto, prendere qualcosa dal ripiano più alto doveva essere come guadagnare la cima dell'Everest. E in effetti ci stavano cose misteriose che raramente venivano usate.
La cucina di mia nonna era generosa e rassicurante e c'era sempre una merenda.
I ripiani non erano tutti vuoti, gli elettrodomestici non erano tutti in tinta tra loro, però c'erano i burazzi (= strofinacci, per te milanese) di lino con la cifra ricamata, e il caffè veniva servito con i cucchiaini d'argento nella sala da pranzo.

Nulla, nelle cucine moderne proposte ed imitate anche da quelli "vorrei ma non posso", richiama l'idea del cibo, della convivialità, dell'olio caldo o della pasta fumente: con quelle luci a led che sembrano piste d'atterraggio per gli elicotteri, quegli armadioni con le ante laccate che basta guardarle che si ungono, quei finti tavoli che chiamano penisole e ci si mangia abbarbicati sugli sgabelli così scomodi in modo che la cena non duri troppo. Le piastrelle o sono quelle cotte ad una ad una in una fornace di Firenze e decorate a Pienza, oppure sono considerate una roba dozzinale degna dei cessi della stazione.
Lastre di ardesia, cemento grezzo (che costa come marmo di carrara), titanio anodizzato, o rocce laviche.
Poi non friggi, perchè, oltre che essere volgare, dall'ardesia le macchie bisunte non le toglie nemmeno con la sabbiatrice.

La cucina di mia nonna non c'è più perchè la sua casa è stata venduta ed è giusto così.
Però mi piace pensare che la mia cucina sia un pò così, molto poco strafiga, ma accogliente.
Che rispecchi la nostra famiglia.
Cioè per esempio che quando cerchi una penna per scrivere la nota della spesa, nel portapenne trovi tre taglierini, una matita con la mina arcobaleno, una penna stilografica ovviamente non funzionante, una matita per falegnami, un cacciavite, un pezzo di metro di legno, tre pennelli, una bacchetta da sushi.