24 febbraio 2017

keep calm and PENICHELLA


Cos'è l'invidia degli dei? E' quella cosa per cui, se sei troppo felice, essi, invidiosi, ti fanno capitare una serie di sfighe, che non necessariamente sono a tua insaputa sposare tua madre e ammazzare tuo padre, ma potrebbero essere altrettanto tragiche e fantozziane.

Putacaso che la Gfamily decida di andare a sciare nel Posto delle Mele, putacaso che la Madre non scii perchè, diciamo, ha la gamba di legno, e putacaso che il piccolo SuperMario ancora non sciante rimanga dalla nonna a farsi imbottire di cibo e coccole: si defila una prospettiva alquanto allettante non chè unica e peculiare.

 Mentre gli sciatori vanno sulle piste all'alba per rimanere finchè l'omino delle seggiovie non li caccia, la Madre che fa: sta a casa, nella Valle delle Mele, e passa la giornata a fare passeggiate, disegni e leggere libri.

E' così che, mercoledì, ovvero il giorno stesso in cui viene presa la decisione di passare un weekend lungo in montagna (in linea con le decisioni last minute tipiche della Gfamily) la madre (notoriamente depositaria della Ybris e del mìasma ancestrale che scatena la tragedia greca) viene colpita da atroce mal di stomaco. Lei finge di non notarlo assumendo un sovradosaggio di Gaviscon. Giovedì, mentre era in procinto di recuperare tutti i guanti da sci scompagnati e gli altri ammenicoli necessari per le piste innevate, camminava curva come l'antenato precedente all'homo erectus, con lo stomaco, ormai assuefatto al gaviscon, che bruciava nelle fiamme dell’inferno.

Ma la Madre sfida gli dei e compera farmaci più potenti di cui comincia subito ad abusare. La Gfamily parte. La Valle delle mele regala giornate cristalline e assolate, cime innevate, cieli color cobalto. La Madre conduce una vita modello Biancaneve: al mattino prepara la colazione e i panini ai prodi sciatori, rassetta la casetta cantando, si cala tre o quattro gastroprotettori e inibitori della pompa protonica, e poi esce. E cammina. Cammina. Cammina. E legge. E guarda. E contempla.

Contemplare non è guardare, contemplare è l’azione del sacerdote romano, l’Augure, che con un gesto ampio della mano munita di un bastone sacro, delinea un'area del cielo (templum!). A quel punto si mette ad osservare quella porzione di cielo per scrutare la volontà degli dei nel volo degli uccelli che lo attraverseranno.
Contemplare è guardare, rimanendo nella dimensione dell'attesa, per discernere la volontà divina. Trovo sia meraviglioso farlo. E’ un modo di guardare molto speciale, che ha bisogno di silenzio e volontà e solitudine.
In ogni caso, per la cronaca, la gastrite non mi ha mollato, ma io ho fatto finta di niente, anche perché potevo spararmi delle penichelle che neanche quando ero incinta.

Ero spiritualmente presente sulle piste col Gmarito e i Fantastici sottoforma di panini preparati con amore e grazie all’interscambio di foto. Insomma ho ignorato gli dei dispettosi e loro si sono vendicati al nostro ritorno dalla mini vacanza.

Al nostro rientro ho trovato, nell’ordine:

la casa senza elettricità

il freezer autosbrinato e il cibo all’interno che emergeva dai ghiacciai perenni come mammuth deL pleistocene .

un messaggio della nonna che mi avverte che SuperMario ha un tossone da fumatore incallito e mal d’orecchio

WonderWoman che dichiara di avere la febbre, cosa immediatamente verificata dalla mano-termometro del Gamarito.

L’indomani vado nonostante tutto al lavoro per una consegna urgente, e il server non funziona, non riuscendo a concludere nulla.

 La macchinetta del caffè è rotta.

Il mio medico non risponde al telefono e riesco ad essere visitata dopo due ore  e mezzo senza nemmeno uno straccio di connessione  per ingannare l'attesa perchè lì non prende, e ci sono riviste interessantissime di economia o Donna Moderna del 2001.

Ad Elisabetta, successivamente portata dal pediatra, viene diagnosticato uno streptococco.

SuperMario, una volta prelevato dalla nonna, regala al mondo tre scariche apocalittiche di diarrea, dentro una delle quali finisce il portarotolo della carta igienica.

Quest’ultima amena scenetta di me con un guanto fuxia di gomma che ravano del gabinetto mentre SuperMario fa il tifo, deve avere estinto definitivamente l’invidia degli dei.

Ma io ho un superpotere.

Quello di avere all’attivo ore di penichelle. Dunque resisto felice.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

9 febbraio 2017

L’origine del nome


Io su Facebook mi chiamo Iridella Cat Caran d’Ache.

Ecco spiegato il senso del nome su fb.

Volendo eliminare il mio vero nome, ho dovuto inventarlo. Solo che Fb con una algoritmo che ha del diabolico, riconosce i nomi inventati se non sono plausibili. Inventarlo è stato un po’ macchinoso, se volevo mantenere la mia identità segreta (segreto di pulcinella) e coordinarla con un po’ di creatività.
Iridella è uno zuccheroso personaggio di un cartone animato anni '80/'90 e consta di una bambina cicciotta, bionda e orrendamente vestita con un outfit tipico della moda tempo, che vive in uno stucchevole mondo dei colori, ha un unicorno, vari orsetti e animaletti coccolosi intorno, e il suo scopo è quello di colorare ogni cosa. Il suo simbolo è l’arcobaleno, che allora non aveva nulla a che fare coi diritti gay, almeno per quanto ne so. Era solo un arcobaleno.
 Essendo stata io sempre un po' rincoglionita sulle nuvole e in un mondo tutto mio che aveva poco del reale, cioè essendo sempre stata una disadattata persa nei miei pensieri e sogni e del tutto priva di ogni capacità di adattarmi all'ambiente, un giorno un mio caro amico, un po' innamorato di me, mi prese in giro esortandomi ad uscire dal mondo di Iridella. Da allora quando i miei fratelli vogliono prendermi in giro, mi chiamano così.
E visto che sono ALTAMENTE AUTOIRONICA, ho utilizzato questo avatar.
A ciò possiamo aggiungere che mi piace disegnare, ergo amo i colori, ma questa è una similitudine che mi sono creata io.
Cat è il soprannome che mi ha dato mia CuginaLaFotografa.
Caran d'ache è la marca di matite colorate che sono state il mio sogno per tutta la vita e che nessuno mai mi ha regalato. Ne possedevo solo una, il blu oltremare. Ce l'ho ancora.
Da qualche parte.
Forse, nel mondo di Iridella.

6 febbraio 2017

Il minuto eroico. Cercasi tutorial


Ho compiuto 40 anni.
Venerdì il Gmarito è tornato prima dal lavoro, mi ha preparato una torta (alle mele, dopo essere stato opportunamente informato che la Sacher no, la detesto) trovando con somma sorpresa tutti gli ingredienti necessari in casa. Poi la Gfamily è andata al ristorante dove si è abbuffata senza ritegno.
Come nelle favole, i festeggiamenti sono durati 3 giorni: sabato pomeriggio, dopo avere sbolognato i Fantastici (due agli scout, una ad una amica) siamo andati a Bolo, insieme a Super Mario (che non siamo riusciti a sbolognare a nessuno.) Lì abbiamo visto una fetta di parentado che non incontravamo probabilmente dal nostro matrimonio e abbiamo ricominciato a mangiare.
Mia madre domenica mi ha preparato un meraviglioso pranzo di compleanno e a causa dell’invidia degli dei, sono stata colpita da gastrite acuta, ma abusando di gaviscon sono riuscita a mangiare tutto, compreso lo strudel che è  stato eletto mio dolce di compleanno ufficiale.
L’avrei mangiato anche a costo di una ulcera perforante. Sarei morta comunque felice e (relativamente) giovane.
Ho ricevuto dai miei fratelli il miglior regalo che una madre possa desiderare, ovvero un viaggio comprensivo di babysitteraggio della prole (restante at home).
Insomma quarant’anni sono una roba impegnativa. Ricordo ancora, non più tardi di 15 anni fa, quando dicevo: …no, non giovane… uno di mezza età, tipo quarant’anni.
Visto che da un mese a questa parte sono una specie di regina delle larve, mi trascino come un essere senza esoscheletro, e colpita da perenne narcolessia, oltre che gastrite, se ne deduce che i quarant’anni si fanno sentire. Ora pure il mio stomaco intende ricordarmelo.
In fondo credo che a quarant’anni ci si aspettino dei propositi per l’avvenire.
Come migliorarsi.
Dare una svolta.
Conosco donne, che frequento anche (quindi ho le prove di tutto ciò), che a questa età hanno iniziato a correre, per esempio. (Titanico).
Oppure che sono diventate celiache. Insomma, in mancanza d’altro, farsi venire una intolleranza che potrebbe portarti alla morte è un modo come un altro per costringerti a una dieta.
Conosco donne che si sono iscritte ad un corso di autostima, o che hanno deciso di imparare a fare una cosa nuova. Tipo sciare. (Temerarie).
Anche io ho un buon proposito, anzi un sogno.
No, non è l’Himalaya, stavolta, ma una cosa molto, ma molto, ma molto più ardua, coraggiosa, sfibrante.

Una sfida senza precedenti, direi un’ impresa. Qualcosa che potrebbe cambiarmi la vita. O quantomeno la giornata.
Ecco il mio sogno di quarantenne, il mio traguardo, la mia realizzazione interiore, signori e signore:


                       svegliarmi prima


(Un po’ deludente, eh, lo so, c’è gente che sogna di vivere l’esperienza della protagonista di 50 sfumature di grigio, ne sono consapevole).


Dicevo: svegliarmi prima. Prima di tutti. Con la casa silenziosa e buia. Se fossi davvero cazzuta  un’ autentica  Madre in gamba potrei addirittura farmi un 20 minuti di ellittica e poi buttarmi sotto una doccia calda anzi bollente, prepararmi un caffè bollente, eppoi farlo intiepidire perché odio il caffè bollente, eppoi, arzilla e svolazzante come la vispa teresa, svegliare tutti con il sorriso di chi ha già un 30% dei neuroni già operativi, un livello di autostima sopra i minimi accettabili, e magari pure la colazione pronta per tutti sul tavolo.
Ecco, io le ho provate tutte, ma sta cosa non mi riesce, è qualcosa di irraggiungibile, altro che K2.
C’è il momento decisivo, quello della sveglia, in cui la coscienza deve rispondere: sì, ci sono. Eccomi, sono pronta alla vita, intendo parteciparvi, il dovere mi chiama, bando alle ciance, verticalizziamoci. E’ il momento che qualcuno chiama il minuto eroico. Il minuto in cui la volontà e la pigrizia si prendono a mazzate, e- in un tempo ragionevole- vince la volontà. In cui la bambina di 10 anni e la donna quarantenne si prendono a mazzate e vince l’adulta.
Invece quando suona la sveglia la mia coscienza dice “ancora 5 minuti”. La mia volontà protesta che il pavimento è freddo. La donna adulta non è pervenuta. E’ in coma farmacologico. C’è solo la bambina di 10 anni. Che chiede se almeno per oggi può stare a casa da scuola.
Il minuto eroico si trasforma nella mezz’ora della vergogna.
Si accettano consigli, manuali di self-helping, soluzioni, anche sottoforma di sostanze.
Resto in attesa, grazie.

1 febbraio 2017

Anticonvetional WonderWoman


WonderWoman ha alcune peculiarità. Per esempio quella di avere bisogno di un costante rumore di fondo, costituito dalla sua voce. Se non parla, è perché canta. Spesso mi trovo a dovere fare dei turni per stabilire le priorità di parola. E’ un po’ estenuante, però è lei.

Le conversazioni con lei prendono sempre una piega anticonvenzionale.

Conversation one.

-Mamma, sai l’arena?-

-si-

-Tu lo sai che non serviva per i concerti come oggi-

- si-

-No, aspetta te lo dico io: servivano per farci combattere fra loro i  gladiatori oppure i gladiatori coi leoni. E sai a  cosa serviva la sabbia che c’era sul pavimento?-

-No.-

-Allora serviva -che schifo- ad assorbire il sangue dei leoni che sbranavano i gladiatori. E anche perché così se i gladiatori, per esempio, cadevano a terra, non si sbucciavano le ginocchia.-

Molto coerente.

Conversation two.

Siamo a Mantova, camminiamo verso lo splendido pPlazzo Te, che si manifesta davanti a noi in tutta la sua bellezza, dopo avere visto Mantegna, Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio. Wonder richiama la nostra attenzione, con grande entusiasmo:

-Venite qui, guardate!-

Accorriamo, contenti che anche lei si entusiasmi per la Bellezza. Ed ecco il suo stupore.
 

i poteri maggici della Gfamily


Chi ha figli e/o ha una pigrizia inside, dopo qualche anno apprende alcune verità. Per esempio

Quando la casa è disordinata, sporca, trasandata?

Invita a casa due amici non troppo intimi (ovvero non quagli amici nei confronti dei quali ormai non hai più rispetti umani e li inviti anche coi letti sfatti). Così quel brandello di amor proprio e dignità che ti è rimasto ti costringerà, col suo maggico potere (il maggico potere della vergogna il mio manuale di self-helping uscirà a breve), a riordinare e pulire sfidando qualsiasi legge del tempo e dello spazio (armadi capienti ti saranno d’aiuto, finchè, l’indomani, non te ne dimenticherai, e aprendoli verrai soffocato da uno tsunami di carabattole ivi stipate).

Se la stanchezza intrinseca dovuta alla vita che conduci ti impedisce di organizzare eventi culturali nel weekend, a discapito di tutti i progetti fatti a settembre, la soluzione è:

costringi suggerisci ad un amico/parente di regalarti un biglietto per una mostra, un museo, un evento in un'altra città, purchè con prenotazione. Allora maggicamente troverai le energie per alzarti una domenica mattina di gennaio alle ore 7.00 a.m., preparare uno zaino, buttare giù dal letto la progenie, e fare due ore e mezza di viaggio.

Tutto ciò (ovvero il maggico potere della coazione) non va a mio onore, ma ne sono consapevole.

Basta mettere in moto il meccanismo: ovvero creare delle situazioni coatte in cui non ho alternative; sono quelle in cui do il meglio di me (tutto con le dovute relative proporzioni). E alla fine mi diverto.

E’ così che questa domenica siamo stati con WonderWoman, CatWoman, e SuperMario a Mantova (Megamind via con la scuola), scoprendo (io) che è una città che sta un po’ in culo ai lupi più lontanuccia di quello che immaginavo, che ha il fascino di una città ai margini, defilata, ma sorniona come un gatto, adagiata su una pianura umida e verde, con un centro storico dall’aria molto autentica e molto meno turisticizzata di ciò che immaginavo.

E che fa un freddo maiale, poveri mantovani.

Abbiamo visto la camera degli sposi, rimasta chiusa per un decennio e ora rastaurata, e siamo stati a Palazzo Te. Abbiamo mangiato in un ottimo ristorante, ed ora io DOVRO’ imparare a fare i ravioli alla zucca.

Ergo, nello stile Gfamily: inviterò gente a cena promettendoglieli, così sarò costretta a farli.

Non so quanto i Fantastici abbiano recepito, sulla Bellezza, su Mantegna, sulla pittura, sull’arte, sul potere magico e immaginifico del regno dell’immagine e della rappresentazione.

Siamo tornati a casa stanchissimi, coi compiti da finire, la cena da preparare, delle alici fresche da pulire e cucinare (un altro modo furbissimo di costringerci a cucinare del pesce, siamo dei veri geni).

Epperò, la Bellezza.