29 ottobre 2015

Catwoman nel mio cuore


Catwoman è selvaggia.
Non ascolta. Non risponde.
I capelli sono sempre aggrovigliati-sono tantissimi.
Non si può pettinare, la treccia è una tortura, la fascia per capelli diventa una benda da pirata, o un collarino, la coda è una operazione chirurgica.
Catwoman è come un cespuglio di rovi, ma con more dolcissime. Molto in fondo tra le spine. Ma sono io la mamma, io che devo metterci le mani.
Caparbia, testarda, razionale, siderale, che non ammette errori. Nemmeno i suoi.
Matematica.
Che quando le devi far finire la frase: “cosa fanno le stelle?” lei non risponde “brillano”, ma “si consumano”.
Catwoman che vuole l’arcobaleno, esige l’armonia, la gentilezza, parole sussurrate e richieste supplicate, non vuole sentire urli e sgridate, a nessuno.
Catwoman che quando si arrabbia diventa indomabile, inafferrabile, e si trasforma in un groviglio di rabbia, calci, urla, con i capelli che le coprono tutta la faccia, come il cugino Hit.
E poi, ti guarda con quello sguardo truce, come Mercoledì.
Che non ha il senso dell’umorismo, e inventa barzellette che sembrano i testi dei problemi di matematica.
Catwoman che vuole essere piccola. Piccolissima. Accudita.
Che non mangia, che non le piace niente, che se c’è il suo piatto preferito non ha fame, che si nutrirebbe di nutella, formaggini, carne in scatola (quella che uccide), omogeneizzati di frutta, e panna liquida.
Catwoman che ama le bustine, le scatoline, i software, la colla pritt (che talvolta mangia), le cose col marchio esselunga.
Che è una potenziale accumulatrice seriale di cianfrusaglie, scontrini, pubblicità di parrucchieri cinesi (gmarito, è colpa tua).
Catwoman che non ci sente bene, che il dottore le ha detto che dovrà portare l’apparecchio acustico da tutte e due le orecchie.
Lei ne è felice.
Si sente speciale. Lo dice a tutti.
-mamma, così se non ho voglia di sentire qualcuno che mi dà fastidio abbasso il volume-
Io, che sto lottando con un colossale senso di colpa e rileggendo tutto il mio rapporto con lei in un'altra chiave, che sono angosciata per ulteriori accertamenti che si rendono obbligatori e potenzialmente preoccupanti, che non mi capacito di come una madre decente possa non accorgersene prima, riesco a sorriderle e a dirle:- Ottima idea!-

(Poi mi nascondo sotto le coperte e mi sfracello di pianto).

23 ottobre 2015

la preghiera della mamma (e del papà)

#noncirestachepregare
La prima preghiera con l'hashtag  nel titolo

Dio Padre,

Benedici questa famiglia, questa tavola e tutte le sue sedie.

Benedici il mio umore perché splenda il sole in tutta la casa.

Benedici il disordine 
per ricordarmi che prima vengono le persone,
e poi le cose.

Benedici le tazze nel lavandino,
e ogni giorno appena iniziato.

Benedici i capricci,
per insegnarmi che la pazienza è amore.

Benedici gli imprevisti,
perché io impari che il tempo non è mio.

Benedici le briciole sul pavimento,
per ricordarmi che non ci manca il pane.

Benedici i letti sfatti,
perché abbiamo un luogo in cui posare il capo.

Benedici le cose dimenticate, perdute e rotte,
perché l’unica cosa che non andrà mai perduta

è l’amore donato.



Birds in Tree by Lynne Alexander

21 ottobre 2015

Che la forza sia con me

Con l’inizio dell’autunno, è cambiato qualcosa. Cioè, oltre i miei orari di lavoro, il mio peso, le scuole dei bambini, il menu famigliare, gli occhiali del Gmarito. Dire che ho avuto una illuminazione è inquietante, perfino per me stessa. E’ una termine che evoca qualcosa tra il Newage (ma si usa ancora dire newage?) e l’apparizione della madonna nella macchia di muffa sul soffitto.
Un giorno scriverò quel post. Quel post in cui, per usare un'altra espressione, racconto come ogni cosa sia stata illuminata. Come tutto mi sia diventato chiaro.
Le prime settimane è stato bellissimo, perché mi è sembrato tutto incredibilmente semplice, e che per ogni cosa ci fosse una sola risposta, e quindi tutto l’affannarsi fosse semplicemente inutile.
Da quel momento c’è stata la consapevolezza, e quando c’è la consapevolezza, non ci sono più scuse. Non basta pensare un cambiamento, bisogna desiderarlo, e viverlo.
E da qui partono i cavoli amari, amarissimi, perché c’è sempre quella resistenza dentro di noi, il nostro ego, che stava meglio prima, quando tutto era molto buio, e confuso, non si vedeva una mazza, e se si inciampava tutto quel buio era un alibi perfetto. E d’altra parte quel buio non era vero buio.
Eravamo noi che tenevamo gli occhi chiusi, e ce la raccontavamo.
Ed è partita una dura lotta. La Hysterikmom con tre etti di prosciutto di Langhirano sugli occhi, contro la Hysterikmom che quel prosciutto di Langhirano se l’era magnato, e dunque finalmente ci vedeva bene (qualche diottria in meno ce l’ha lo stesso, ma ci si può lavorare).
E insomma, ad un tratto, l’Hysterikmom del Lato Oscuro stava prevalendo, e tutti in casa se n’erano accorti.
E  visto che Qualcuno, che non parlava proprio a vanvera, ha detto “Chiedete e vi sarà dato”, io ho chiesto. Ho chiesto una risposta, perché insomma, non puoi prima illuminarmi così, e poi lasciare che il (mio, comodo, confortevole) lato oscuro vinca.
Ed ecco che la risposta è arrivata. Avrei certo gradito una risposta su carta pergamena dagli arcangeli Michele, Gabriele, Raffaele, ma erano impegnati al Sinodo.
E’ arrivata attraverso la voce di una persona, ma lo si capisce subito, che è la risposta che hai chiesto.
Tutti questi sono finti problemi. Sono problemi di lusso. Metterti continuamente in discussione per ogni cosa che non va come vorresti è solo una perdita inutile di tempo che non porta a niente. (se non a guardarti l’ombelico-ndr). Accettalo, e comincia a sorridere.
Accettazione è stata la parola magica. La Forza è fluita dentro di me.
Fare, o non fare. Non c’è provare.(cit. YODA)

E così, con la mia spada laser rosa, ho tagliato la testa a DartHysterikmom.


16 ottobre 2015

voi, che pensate

Voi, che erroneamente pensate, avendo letto il mio saggio post precedente, che io abbia le risposte.
Voi, che pensate che solo perché ho 4 figli io sia una brava madre, e che sappia sempre cosa e come fare.
Voi, che pensate che io sia una persona equilibrata, che io sia come mia madre, sollecita e paziente e saggia ed amorevole, e composta, e controllata, e materna.
Sappiate che no, che su cento che ne faccio n’azzecco una, per grazie ricevuta. Ne faccio tesoro, dell’esperienza positiva, sperando di poterla spendere con tutti i figli, invece no.
Ogni figlio ha una valuta diversa, perché sennò sarebbe ben troppo facile. Quello che funziona con Megamind, a CatWoman, per citarla precisamente : non glie ne può fregare di meno.
Non è questo il post adatto a descrivere il carattere di CatWoman, perché nella mia pancia si agitano ancora le tre Erinni, e dunque non sono per nulla obbiettiva, né giusta, né saggia, nè materna.
La verità è che, essendo io l’adulta e lei la bambina, lo sbaglio è sempre comunque mio.
La mattina è il bacino di raccolta in cui, io e CatWoman, diamo il peggio di noi stesse.
Il peggio.
Solo che lei ha sette anni, e naturalmente io le sto rovinando ogni aspetto del carattere, l’autostima, l’educazione, i buoni sentimenti. Avete presente quei demenziali post che girano su Facebook s’intitolano “ ecco i dieci errori che distruggono la personalità dei nostri figli irrimediabilmente.” Ecco, io non li leggo, perché sono certa di farli tutti e dieci, e suggerirne anche 5 o 6 inediti.
In questo momento mi sento completamente fallita, ma non per l’amor proprio di non essere come mia mamma (dolce, paziente) ma per non sapere dominare me stessa anche quando so perfettamente e lucidamente che sto facendo del mio peggio, che dalla mia bocca sta uscendo tutto il decalogo del pessimo genitore.
Inutile, più vado avanti più capisco perché nelle favole le madri crepano sempre prima di rovinare i figli.
Questo post non ha lo scopo di autocommiserazione, né di farsi leccare le ferite da commenti rassicuranti, ma solo per dire:
Non mi propongo come esempio. Sono solo una che ci prova. Come si suol dire, navigando a vista e imbarcando acqua e facendosi scagazzare sulla testa dai gabbiani. E col mal di mare.

(se metto 50 centesimi nel salvadanaio delle parolacce, posso dirne una?)

15 ottobre 2015

dedicato a Lavandina, ovvero sgabuzzino con vista

C’è un momento della vita in cui non sei più padrona del tuo tempo, della tua doccia, del tuo corpo, del tuo momento relax in bagno, del tuo sonno.
Quel momento, è il momento in cui diventi madre. E all’inizio non te ne fai una ragione.
Pensi, ok, va bene, però, dev’esserci qualcosa che non va. Cioè, per un po’ va bene, ma non è che poi sarà sempre così.
Quando finiranno le coliche. Quando comincerà a camminare. Quando imparerà a parlare. Quando il suo sistema immunitario comincerà a funzionare. Quando andrà all’asilo.
Quando si sposerà.
Ecco, dunque.
Probabilmente quando avrà 18 anni non vorrà più entrare nel bagno quando devi fare la pipì, ma non cambierà di molto. Il fatto, cioè, è che sarai madre fino alla morte e una certa libertà per un periodo imprecisato di tempo (quantomeno quella di uscire di casa quando ne hai voglia o di improvvisare un caffè con una amica, o salire sul primo treno che passa…ahem…) verrà meno.
Una mamma già nonna una volta mi ha detto: quando sei mamma impari ad accettare dei limiti, perché o ti dibatti nell’insoddisfazione di ciò che vorresti fare e non puoi, oppure impari ad amare ciò che puoi fare. (Ecco perché le donne invecchiano meglio. Hanno già imparato che la felicità può esserci anche se c’hai l’anca sbilenca e fare una passeggiata sul lungo mare diventa più complicato di quando avevi 20anni)
In ogni caso, il momento critico è quando il bimbetto di turno è piccolo, e (solo il tuo) urla, si butta giù dal carrello della spesa, non vuole stare sul passeggino, non gioca mai da solo, vuole solo camminare, vuole solo gattonare sull’asfalto, dorme quando vorresti uscire e non dorme quando tu hai carenza di sonno da un mese.
Ricordo mesi di straniamento ed esasperazione, praticamente ero una una detenuta di Guantanamo.
Deprivata di sonno, privacy al gabinetto, possibilità di shopping e di tenere una conversazione sensata con una persona adulta.
Ora, dopo anni, posso dire come sono sopravvissuta.
(sì, si sopravvive. Dopo ci sono altre limitazioni, ma i diritti fondamentali della donna vengono rispettati.)
Questo post lo dedico a mia cognata Lavandina, mamma di BiancaNeveIndemoniata e a tutte le neomamme o alle mamme recidive, che non vedono la fine del tunnel.
La mia tecnica si basa sull’autoincentivo. Altrimenti detto contentino.
Situazione: Devi andare per forza in banca. Ti basta un’ora.
L’errore: Chiami la babysiter/nonna per un’ ora, esci di corsa, corri in banca, chiami la babysitter-nonna per avvertire che forse tarderai, senti in sottofondo urli disumani, torni a casa furibonda e ti accorgi di avere sbagliato a comunicare il numero di contocorrente.
Cosa fare invece: Chiami la babysitter-nonna per l’intera mattina o pomeriggio. La avverti che non sai quando (e SE?) tornerai. Vai a fare colazione al bar, cappuccio e brioche. Sbrighi le faccende in banca. Passi da Feltrinelli. Passi da Benetton. Chiami al telefono la tua migliore amica. Visto che si è fatta una certa ora, decidi che mangerai con lei al bar, torni a casa. Non importa cosa troverai, perché per qualche ora sarai stata qualcosa di diverso dalla mamma-con-macchie-di-rigurgito.
Situazione: La bimba dorme. Hai un ora e devi metterci dentro più cose che puoi. Lavare il pavimento, fare la doccia, lavorare, guardare la mail.
L’errore: Fai tutto in ordine sparso e approssimativamente. Appena messo via lo straccio, coi capelli ancora bagnati, il mostro si sveglia e tu aspiri alla fuga.
Cosa fare: dividi l’ora in due parti. Una parte di piacere a scelta (rivista, cazzeggio social, lettura libro, pulizia dell’argenteria -c’è chi si rilassa così, eh-). Una parte di corveè. Realistica però. O il pavimento. O rispondere alle mail. O pagare le bollette. Io scelgo prima il piacere poi le cose pallose, così quando il mostro si sveglia  ( e comunque aspetto 10 minuti ad accorrere) non mi dispiace così tanto quanto mi dispiacerebbe se stessi vedendo una puntata di True Detective.
Situazione: Non ne puoi più sono giorni che piove, vuoi uscire, ti basta il tragitto fino al lattaio, sei disposta pure a parlare del Campionato di Calcio con quel marpione del giornalaio pur di non sentire la sigla di Peppa Pig, ma il piccolo mostro (lo ami tanto, sì, ma ciò non cambia nulla) dopo dieci minuti sul passeggino si divincola e recita la parte di bambino disadattato o posseduto dal demonio.
L’errore. Stai in casa. Guardi il tuo pargoletto partorito con dolore con profondo risentimento. Poi ti senti in colpa. Poi ti senti profondamente infelice. Arriva a casa il marito e gli sputi in un occhio aggratis, appena entrato.
Cosa fare invece: Inutile lottare col destino, forse oggi non uscirai. Però puoi programmare un contentino per domani. Farai la cresta temporale al lavoro, uscirai un po’ prima al mattino o tornerai mezz’oretta dopo, finito il lavoro. E quel tempo rubato lo organizzerai al meglio. Intercetterai un amica con cui prendere il caffè, oppure ti fermerai a prendere quel paio di orecchini che hai visto 3 mesi fa, che magari nel frattempo sono in saldo. Ti fermi alla panetteria e te magni un bombolone. Una volta pianificato il tempo rubato, avendo una uscita di sicurezza mentale, eviterai il pericolo di abbandonare la tua creatura all’inedia.
E’ così che sono sopravvissuta, con scampoli di tempo, i quarti d’ora d’oro, o pregustando il momento in cui la prole dorme e posso guardarmi una puntata di una qualsiasi serie, approfittando del tragitto da casa al lavoro per un’evasione, progettando minifughe da Alcatraz armata di un piccolissimo cucchiaino.
Uno potrebbe dire: però, possibile che io debba rubare del tempo, che prima era tutto per me?
Sì, possibile. Però quel tempo rubato sarà preziosissimo, sarà di prima qualità.

E, anche se per un certo periodo sembrerà impossibile, quella stanza tutta per sé, che prima era un loculo, si trasformerà in uno sgabuzzino, poi in una cameretta con vista, poi in una veranda vetrata. 

13 ottobre 2015

leggins da struzzo

Constati che sei ingrassata.
In realtà un sospetto ce l’avevi già, perché non ti pesavi da tre settimane. Avevi mangiato dei kinder cereali con la scusa del calo degli zuccheri (altrimenti chiamata astinenza affettiva da shopping). Avevi mangiato formaggi stagionati.. Avevi finito gli avanzi di: merende, pastine al burro, uova sode, torta della nonna, latte e cacao (Mario, la finisci quella ciambellina? Ah, no?).
Poi hai indossato i pantaloni e hai tirato fuori la testa dalla sabbia.
Poi ti sei pesata e hai detto quella frase. No, vabbè, lunedì inizio la dieta, non si può, è uno scandalo.
C’è una vocina dentro di te che ti dice.
Ti dice: ma cos’è che puoi togliere?
 Il kinder cereale,che lo trasformi in un trenino di vagoni cioccolatosi per ridere con Supermario, e alla fine lui ti dice, dai mamma mangiane uno?
I ditalini al burro e parmigiano, che per la precisione navigano nel burro e parmigiano, e quelli hanno il gusto dell’infanzia e puoi assaggiarli solo quando SuperMario non ne vuole più?
La brioche del sabato mattina, che ti mangi quando vai al lavoro di sabato mattina, ma per non sentirti troppo in colpa, menti a te stessa e chiedi quella integrale al miele?
Le tagliatelle al ragù che fai alla domenica quando ci sono ospiti, che sembrano un pochino, solo un pochino ma sufficientemente, quelle che ti faceva la tua mamma?
La fetta di crostata fatta con la pasta frolla vera cioè quella senza lievito e quantità vergognose di burro, e poi con la marmellata del 1992 fatta dalla tua tata (e conservata in quella cantina che sembra un rifugio antiatomico che ci si potrebbe vivere 2 anni, tante derrate alimentari contiene)?
Mi sta venendo il culone da impiegata, ma non posso nemmeno vivere nella tristezza e insipidità.
Mi punisco bevendo acqua e limone al mattino, bevendo litri di tisana durante il giorno, mangiando minestrone alla zucca e spinaci da una settimana, ovviamente senza risultati.
So che non avrò alcun risultato finchè non mi darò una mossa,  solo che avendo eliminato spinning per motivi organizzativi riassunti nella formula:  Fantastici quattro + gmarito + ora di cena+ ritardo cronico del treno= isterìa collettiva + istanza di divorzio , non mi resta che trovare soluzioni alternative.
-mamma, non è che sei grassa. Hai solo quelle ciccette lì.-
Si accettano consigli.
Intanto vado avanti a leggins snellenti yamamai, ovvero metti la testa sotto la sabbia finchè puoi.

Tutto ciò lo dedico alla mia lesboamica pavese. Lei SA.

12 ottobre 2015

attenzione caduta di: capelli, apparecchi per i denti ed autostima

L’autunno sarebbe una bella stagione se non che:
cadono le foglie
i capelli,
e gli apparecchi dai denti (di WonderWoman) (12 sedute dalla dentista negli ultimi 2 mesi allo scopo di cementificare il suddetto apparecchio alla bambina dotata di saliva all’acido muriatico)
le giornate si accorciano
Sono anzi convinta che durino meno di 24 ore, gli scienziati dovrebbero fare delle accurate ricerche.
Sono ingrassata di almeno due kg
(e QUINDI non ho niente da mettermi)
Fa dannatamente freddo, però poi sudo
Gli alberi rosseggianti, i sentieri nei boschi dorati e i cieli azzurri dietro a foglie multicolori, esistono solo nella gallery degli sfondi desktop di Windows.
Giacche, cappotti, spolverini, impermeabili, piumini colonizzano drasticamente l’appendiabiti, che si trasforma in un mostro tentacolare che tenta di ghermirti appena entri nell’ingresso.
Prima di uscire bisogna intabarrarsi.
C’è la vestizione modello astronauta che si prepara a uscire nello spazio: tuta, casco, guanti, bombole.
Cominciano i doveri.
La scuola.
La dieta.
Bere il succo di limone con acqua calda al mattino.
I compiti.
Le dannate attività, i dannati sport, le dannatissime feste.
Le maledette riunioni.
Mamme che vi fermate fuori dalla scuola e vi date appuntamento per un cappuccino, vi odio. Ma non abbiatevene a male, è solo pura invidia. (ah, ecco, cos’avete dimenticato nel film InsideOut, l’invidia!)

In autunno ci dovrebbero essere i buoni propositi. Quest’anno i buono propositi non li ho fatti.
Ho deciso solo due priorità nella mia vita, vorrei attenermi a quelle, perché riguardano l’anima.
Tutto il resto è “mi piacerebbe/sarebbe bello/ sarebbe opportuno/se fossi una persona seria farei”
Yoga. 
Ideale: svegliarsi prima dell’alba, bere un caffè, posizionare il mio tappetino e fare una di quelle posizioni da yoga che non conosco ma sono così ZEN, respirare, ESSERE zen, meditare, pregare. (se c’è qualche persona con figli che riesce a farlo, sappia che la odio cordialmente).
Realtà: cadere giù dal letto dopo la settima sveglia, inveire contro tutto-soprattutto contro me stessa, vestirsi in fretta (urlare “non ho niente da mettermi, sono obesa”), insultare le mie figlie per il costante casino della loro camera, ustionarsi la gola col caffè, iniziare la giornata nel peggiore dei modi.
Sport. 
Ideale: la sera, prima di cena, andare a fare un bella corsetta, tornare, fare una doccia bollente, spalmarsi di anticellulite anche se non manca un mese alla prova costume, servire sorridente e tonica la cena, previdentemente preparata.
Realtà. Cominciare a preparare la cena alle 19,30-appena tornata da servizio taxi per qualche figlio-, spiluccare cose extracaloriche e malsane convinta che se non mi vede nessuno in realtà ho solo immaginato di mangiarle, aspettare il gmarito, mangiare alle 20.45.
Organizzare in anticipo. 
Ideale: preparae le tazze la sera prima, preparare la merenda la sera prima, preparare la schiscetta la sera prima, preparare i vestiti per me e per i bambini la sera prima, firmare gli avvisi la sera prima.
Realtà: Non preparare una beata mazza la sera prima ma andare comunque a letto tardissimo.

A me l’autunno, non mi fa bene. Ho trovato 4 capelli bianchi, per stapparmeli praticamente mi sono strappata intere ciocche innocenti, e sono arrivata tardi a scuola a prendere il SuperMario, e la maestra mi ha guardato con occhi sgranati e mi ha detto, signora, insomma, oggi era il primo giorno che SuperMario rimaneva fino al pomeriggio, e la sua mamma non arrivava mai, è un po’ in crisi, è l’ultimo bambino rimasto.
No, sa signora maestra, ho fatto tardi perché mi sono strappata metà dei capelli sopravvissuti all’autunno per estirpare quelli bianchi, capisce? E poi è un quarto figlio, che vantaggio c’è a fare 4 figli se non puoi nemmeno smettere di farti paranoie e sensi di colpa per averlo abbandonato alla scuola materna per otto ore?

Ovviamente non ho risposto perché superMario contestualmente mi correva incontro a testa bassa colpendo il colon, qualora il senso di colpa non avesse già provveduto a un attacco di colite.