20 dicembre 2016

saggi, memorandum, magliette senza scritte, recite


Nei prossimi giorni, il mio cervello è sottoposto ad un lavoro ultra vires.
 

I dati che sono da salvare sono troppi rispetto ad un sistema operativo decisamente obsoleto.

Martedì 

Saggio Megamind. Ricorda camicia bianca (flashback:  l’anno scorso lui era l’unica macchia marrone in mezzo all’accecante bagliore dei suoi compagni e per questo lui ha pianto, ha cannato il pezzo da suonare, oltre al fatto che tu, Mater orribilis non eri presente in quanto (ad onor del vero) nessuno ti aveva comunicato la data del saggio-ovvero uno dei tre previsti). Quindi quest’anno, stiamo concentrati.

Compra scarpette per saggio di ginnastica.(Delle bimbe)

Fai il giro di tutti i negozi della zona per trovare un paio di pantaloni rossi (senza scritte) per la recita di SuperMario. Idem maglietta.

Trova una tovaglia rossa di carta. Difficilissimo, sono tutte finite

Accompagna bimbe a ginnastica, vai al saggio, ricorda di filmare con l’ipad nell’illusione di catturare la vita che se ne va per sempre, piangi e poi vai a prendere le bambine, alle quali ti sarai ricordata di dare un euro per la merenda alla macchinetta della palestra, in modo che potranno ingannare il tempo mentre tu arrivi 25 minuti di ritardo.

Mercoledì

Vesti SuperMario di rosso. Sempre che tu abbia trovato i pantaloni rossi (senza scritte), altrimenti starai alzata tutta notte a cuciglieli partendo dalle maniche del tuo pigiama.

Porta la tovaglia di carta, non sarà rossa, ma pazienza.

Vesti WonderWoman con un maglione/maglietta/felpa bianca (senza scritte) e dei jeans.(blu, eh)

Ore 14 in fase digestiva, recita natalizia SuperMario. (promemoria: bevi un caffè). Merenda molto celere nella classe dei bambini della materna, e poi alle 15, passa dal passaggio segreto che collega materna ed elementari, e scova l’aula teatro (che ogni anno ti perdi, non è possibile) per la recita di WonderWoman. Filma il tutto per un surrogato della memoria per quando avrai l’alzheimer, e poi recupera la sorella all’ora consueta, che per fortuna la recita la fa il giorno dopo.

Porta tutti a casa fino alle ore 18,00 finchè non arriva l’ora del saggio di Megamind (il secondo). Ricordati di caricare l’ipad mica che manchi il saggio di qualcuno e si creino shock affettivi, torna a scuola, e sciroppati tutte le performances in attesa del brano di tuo figlio.

A questo punto dovresti avere individuato un momento nella giornata in cui acquistare derrate alimentari per la recita del giorno successivo.

Ricorda di preparare la cena per la giornata campale, l’indomani, allo scopo di nutrire marito e figlio maschio.

Giovedì

Sembra che Catwoman possa vestirsi come vuole, e già questo migliorerà il mio umore. Ore 15 recita CatWoman, per la quale ti sarai certamente ricordata di acquistare del cibo che servirà come merenda. Traslazione di SuperMario presso la nonna materna, per il saggio-maratona del pomeriggio, ovvero quello di ginnastica artistica.

(scarpette bianche presenti all’appello?)

Questo saggio, il cui privilegio di partecipare viene acquistato tramite biglietto, dura dalle 17 alle 21. Praticamente ti sequestrano le figlie obbligandoti a sciropparti tutti i 200 atleti prima di restituirti il tuo legittimo bambino. Perché altrimenti, devi provare a rapirlo clandestinamente riportandotelo a casa seminudo, in body, in quanto avranno tenuto i suoi abiti in ostaggio, per restituirteli solamente quando anche l’ultimo bambino ha concluso l’ultima capriola.

Valutare l’ipotesi del rapimento procurandosi uno zaino con dei vestiti in più.

Venerdì.

Festicciuola di CatWoman che ha compiuto 9 anni al 18 di questo mese. Anche se non ho pubblicato una lettera aperta sui social network, vi assicuro che li ha compiuti per davvero. Trova un momento in cui acquistare cibo spazzatura, regalini per i giochi della tombola, piatti, bicchieri, apparecchiare la tavola decentemente e non ricevere in tuta. Anche se in effetti nessuno se ne accorgerebbe visto che i genitori ne approfitteranno (come farei io) per andare ad acquistare gli ultimi regali). Senza contare che non possiedo tute in effetti.

In effetti vorrei indire un minuto di silenzio per la mia lesboamica pavese. E’ vero che nel pavese, forse perché la nebbia padana scoraggia qualunque iniziativa che porti a protrarre la permanenza fuori casa, nelle scuole non usano né saggi, né recite, nè cori, nè feste natalizie che prevedano la partecipazione coatta dei genitori.

Però, lei è dovuta andare alla FESTA DELLA PISCINA. Cosa mai sarà, la festa della piscina? Magari mangiare una fetta di panettore nell’atrio davanti agli spogliatoi? Scambiarti gli auguri bevendo il caffè del distributore ed assaporando il profumo di cloro a fine lezione? Addobbare assieme l’albero di Natale dell’impanto sportivo con le cuffie e le ciabatte dimenticate negli ultimi sei mesi?

No. Trattasi di alcune performaces che a turno, ogni bambino deve fare. In acqua.

Ovvero, nientepopodimeno che:  

una intera vasca davanti agli occhi esterrefatti e commossi dei genitori sugli spalti, che probabilmente non hanno visto altro per i sei mesi precedenti, giocando a CandyCrash sul telefonino e sudando come turchi.

Non importa, durante la festa di Natale, filmeranno il bimbo prodigio. Nel frattempo i suoi compagni, rompendosi beatamente le palle a bordo piscina e aspettando il loro turno, prepareranno il loro metabolismo ad hoc al prossimo virus gastrointestinale.

Dopo un’ora di questo ameno spettacolo, tutti i bambini naturalmente ricevono una medaglia il cui merito non è meglio specificato, giusto per confermargli che vivono in un paese in cui si premia la mediocrità, e vengono spediti a fare le docce.

La fetta di panettone? Puoi mangiartela a casa, se vuoi. Sempre che tu non abbai già la caghetta.

16 dicembre 2016

varie cose

Uno.

Alla fine ieri sera sono stata alla pizzata tra mamme di una delle classi di uno dei miei Fantastici.

 A dire il vero c’erano anche quattro papà spontaneamente partecipanti, cosa che mi risulta alquanto oscura, in quanto se proponessi al Gmarito di venire ad una cena di classe con le mamme, gli verrebbe una orticaria fulminante là dove non batte il sole.

Come sempre, inizialmente non ho voglia mezza, essendo appunto in quella mia fase sociopatica caratteristica del periodo letargico invernale. Mi sono pure sforzata di non vestirmi come un Esquimese.

Come sempre, poi, una volta effettuato lo sforzo di uscire dal mio guscio di riccio, sono stata contenta.

Mi è stato fin da subito ovvio che non appartenevo a quella Community essendo ignara per esempio:

-          Chi è innamorato di chi (sì, parlo dei bambini)

-          Fidanzamenti recenti

-          I nomi di tutte le mamme/bambini, relativi fratelli e sorelle, e tendenzialmente chi è la madre di chi

-          Cosa hanno mangiato in mensa

-          A che punto siamo col programma (punto sul quale ho millantato una certa competenza)

Poi una mamma ha riferito che la maestra pare abbia corretto il plurale di automobili (scritto diligente mente dalla figlia” le automobili”) con GLI automobili, e lì ho capito quanto è vero che “molto sapere, molto affanno”, ovvero meglio non sapere.

Mentre i bambini si prendevano a mazzate sotto il tavolo o strisciavano sul pavimento, avendo dedicato solo un 15% del loro tempo a mangiare, ho piacevolmente conversato, devo dire.

Quindi come al solito dovrei imparare da ciò, ma non lo faccio mai perché sono in balia dei miei umori uterini.
 

Due.

Ho sentito questa frase che mi ha colpito, e devo ragionarci su. La riformulo, ma questa è la sostanza.

Quando abbiamo molte paure, nella nostra vita, che siano grandi o piccole, le nostre scelte sono formulate appositamente per evitare di affrontarle.

Allora la nostra vita diventa sempre più piccola. Più moltiplichiamo le nostre paure, più i confini della nostra stessa esistenza si riducono.

Tre.

Una sera  a cena. Al Gmarito, tutta soddisfatta.

-Amore, come sono le polpette? Buone, vero?-

-Mm.-

-Cioè? Ti piacciono?-

-Um. Sì. Abbastanza-

(E’ uno scorpione. Bisogna portar pazienza)

Salta su Megamind col piglio ironico e beffardo che ormai lo caratterizza.-

-Papà, devo svelarti un segreto…-

-eh.-

-Lo sai che i complimenti….sono gratis! Pensa, non spendi neanche un euro! Non è meraviglioso?-
 
Quattro
 
Sogni nel cassetto.
-Sai Gmarito, ti confido un segreto. Sai qual è il mio sogno nel cassetto? Cioè non parlo di cose esitenziali, ma di cose concrete, proprio.-
- la stufa in veranda.-
-No. Andare sull’Hymalaia e poi vedere il cielo stellato lì.-
-Sull’Hymalaia? Ma se non sali neanche al Sacro Monte di Varese che sono 800 metri! -
-E’ perché il Sacro Monte sarà pure sacro, ma è 800 metri, appunto. Io voglio salire in alto, molto in alto. Magari non proprio 8000, ma mi bastano 5000-
-Ma se sono anni che voglio scalare il MonteRosa e mi dici che non posso (IO!) perché muoio e sono padre di 4 figli!-
-Primo, quello è il tuo sogno, mica il mio. Io mica voglio andare sul Monte Rosa. Ma sull’Hymalaia. Secondo, bisogna per forza arrampicarsi, scusa?-
-E come ci arrivi? Con l’elicottero? -
-Non ci sono mica i lama? E gli sherpa? E poi, scusa, vuoi che non esista una agenzia turistica che non organizza un tour sull’Hymalaia? Una roba per turisti?-
Il Gmarito mi guarda. E conclude:- sei proprio strana-
Poi il giorno dopo, sul suo Ipad trovo in memoria su youtube i seguenti filmati:
I morti del K2
La spedizione suicida dell’Everest
I 30 posti più pericolosi al mondo per i turisti
Hymalaia le vette assassine

 
Cinque.

Ieri sono stata la primo colloquio collettivo delle medie. Una battaglia all’ultima goccia di sangue tra (molte) madri e qualche padre. Per questo, ci vuole un post a parte.

L’anno scorso ero andata ai colloqui al mattino su appuntamento, poi mi sono rotta la gamba, e l’impossibilità di andare è stata uno dei risvolti positivi (assieme a quello di guardare a letto tutte le serie piratate di netflix) della mia sventura.

(Poi dicono che sono pessimista).

 

Il colloquio alle medie.


 
Quando aprono i portali della scuola alle 16.46, un’orda di madri si precipita dentro.

Nella mano stringo una lista con i nomi delle prof e accanto la relativa materia. Perché non li so, ovvio.

Intorno a me tutte le altre madri si disperdono velocissime come formiche per i corridoi della scuola, ovviamente aduse all’ambiente, al contrario di me, che già non mi ricordo più da dove sono entrata dopo avere svoltato a destra una sola volta.

Cerco un volto amico. Il bidello. Ingenuamente commetto il primo errore. Chiedo dove sia la classe di Megamind. Al terzo piano. Il terzo piano è buio. E vuoto. La classe sua è parimenti buia e vuota. E’ ovvio, perché alle medie i colloqui non sono quelli delle elementari. Torno giù. I corridoi sono deserti. Le <altre> madri sono esperte. Hanno fatto un corso. Si sono procurate clandestinamente l’Elenco.

L’Elenco è la chiave di tutto. Nell’Elenco ci sono indicate le aule. E le due professoresse- in quell’aula- che danno il colloquio. Incrociando i dati, la planimetria scolastica che avranno hackerata dal sito dell’ufficio del catasto, con i nomi dei prof, loro sapevano dove andare senza neanche passare dal bidello.

Perché l’Elenco, ce l’ha il bidello. Anche Lui sa.

Io, no.

E quindi quando arrivo all’aula dove stanno la prof di inglese e quella di matematica c’è già una fila modello Poste Italiane il giorno della pensione.

Apprendo in quel momento che la fila non è unica per entrambe le professoresse, ma finito con una, ti rimetti in un'altra coda per l’altra.

Una cosa un po’ kafkiana, ma ci si consola pensando che mal comune mezzo gaudio. Dopo un’ore a due colloqui di circa 4’ ciascuno, mi dirigo verso la coda più corta disponibile. Tecnologia.

Ormai mi sento una veterana. In tre minuti avevo finito.

-Cos’è quella fila corta lì-

-ginnastica, cioè. Scusa. Motoria-

-Ah, beh, quasi quasi visto che non c’è fila ci vado, così poi me ne resta solo uno, e lo depenno dalla lista-

Un gioco di ruolo, praticamente.

13 dicembre 2016

La grande fatica

Caro Gmarito, questo è un encomio telematico e internettico, per manifestarti pubblicamente la mia sconfinata ammirazione.

E’ vero, hai chiesto che io dessi il “la” al relooking della sala, ovvero sbrigassi l’odioso lavoro di mascheratura con lo scotch di carta, lo spostamento di tutto il mobilio (che buffo vedere tutte quelle sedie e poltroncine e tavolini fuori dalla finestra che affollano la veranda e sembra ti chiedano di rientrare in casa come gatti infreddoliti), mettere in salvo cassettoni e tavoli ricoprendoli con una velo opalino e diafano di plastica, come nelle case popolate dai fantasmi.

Ma poi hai indossato la tuta da imbianchino, ovvero quella tuta che ti regalai per correre e ti fece schifo e da allora la usasti come tuta da lavoro, e ti sei armato di rullo come un moderno cavaliere senza macchia (si fa per dire) e senza paura e hai iniziato.

Prima di tutto hai smontato i lampadari. Tolto i chiodi e STUCCATO I BUCHI. Io, che ho l’anima pressapochista e raffazzonata, avrei pitturato attorno alle cose. E sopra i chiodi. Beh, magari i quadri sì, li avrei tolti. Tu invece avresti smontato pure i caloriferi se non ti avessi fatto desistere. Hai iniziato dal soffitto. A me, a fare quel movimento con le braccia alzate per più di un minuto e mezzo, mi avrebbero ricoverata in rianimazione per anossia cerebrale.

Non pago, hai anche accettato che pure i Fantastici ti aiutassero, convinto dalle argomentazioni psicopedagogiche ed ermeneutiche da me addotte a sostegno della partecipazione attiva filiale ai lavoretti domestici. Così, i 3 Fantastici minori, attrezzati con una moderna tuta da imbianchino in tessuto tecnico traspirante (sacchi della spazzatura), in mano rulli e pennelli, hanno iniziato a pitturare a vanvera totalmente ignari delle tue indicazioni sulla verticalità/frequenza/pressione delle pennellate. Ed anche totalmente indifferenti alle sorti del pavimento. Felici. E io, che nel frattempo bevevo un tè con tua madre, non ti ho sentito urlare istericamente nemmeno una volta, e quel silenzio non era dovuto al fatto che li avevi tutti gettati dalla finestra, ma grazie ad una santa (e devo dire rarissima) pazienza.

Stoicamente hai sacrificato i giorni di vacanza, tra il referendum e l’Immacolata, per ridare alla sala l’antico splendore. Anzi, molto più dell’antico splendore considerato che 13 anni fa le pareti di casa erano tutte rosa salmone ad eccezione delle camere, di un ridente color penicillina tanto in voga negli anni ’60, e l’allora imbianchino aveva fatto un lavoro mediocre (tipo, come l’avrei fatto io), per di più con una tempera mediocre, che bastava una piccola abrasione al muro per riportare alla luce l’antico colore, come un’affresco dimenticato (e francamente da dimenticare).

Così, dopo avere completato la grande fatica, comprendente le canoniche due mani, i ritocchi dei piccoli particolari e difetti, siamo stati tutti accecati dall’abbacinante bianchezza di questa moderna (e minimal-chic) cappella sistina.

Lavare il pavimento e disincrostarlo dalle macchie, pulire gli zoccolini, passare la cera, e fare entrare in casa il mobilio esiliato, è stata una piccola fatica davvero ben ricompensata.

Ora la sala è più bella di quando ci siamo sposati.

Come il nostro matrimonio.
 

Cioè, tutta sta manfrina per dirti questo.

(E comunque, visto che non si deve mai smettere di perfezionarsi, mancano ancora tutte le altre stanze della casa.)
 

9 dicembre 2016

calamità natalizie e relativo cinismo


La vera liberazione della donna sarebbe potersi permettere di uscire da tutti i gruppi what’s up senza essere ostracizzata e considerata una sociopatica. Già durante l’anno i gruppi sono un minestrone assortito di:

faccine (che sostituiscono l’alfabetizzazione)

lamentazioni bibliche

foto di divisioni in colonna, diari, pagine di libri,

la catena di S. Antonio “questa è vera devi leggerla assolutamente o ti capiterà una cosa davvero brutta

2% di informazioni utili disseminate e mimetizzate tra foto di gattini, emoticon e dita in varie posizioni;  

A Natale, si raggiungono dei livelli davvero surreali.

Una mamma chiede la data della recita.

Riceve: una faccina che piange. Una faccina che fa l’occhiolino. La foto di un figaccione con un pacco regalo disegnato sulle mutande e il cappello di babbo natale, un video di un balletto di folletti natalizi che ballano con la faccia di Renzi, la rendicontazione di tutti gli addobbi natalizi realizzati in casa di qualcuno, il presepe fatto con la pasta e infine la sospirata data della recita

dopodichè si susseguono:

-manina con il simbolo dell’OK- un like, -faccina col bacio- grazie- thanks- grazie- grazie- grazie- grazie- grazie- grazie- grazie- grazie- grazie- grazie- grazie- grazie- mazzo di fiori-grazie 1000- grazie- ok- faccina col sorriso-

e poi:

-scusate, apro ora what’s up, ci sono 85 messaggi qual era la domanda?-

-video di renne che cantano bianco natal-

-foto del presepe-

-data della recita-

- ah. Grazie…-

E via di seguito.

Io personalmente sono in una face sociofobica, lo ammetto. So che si avvicinano fantomatici aperitivi-apericene-pizzate di mamme e mi sentirò in dovere di andare, non andrò, e quindi mi sentirò in colpa. E’ che francamente, non riesco ad immaginare argomenti di conversazione che possano essere diversi da quelli che presumibilmente saranno: pettegolezzi, compiti delle vacanze, critica agli insegnanti, la mensa (ah, la mensa piace di brutto), a che punto siamo col programma. Tutti argomenti su cui non sono informata, sostanzialmente.

Preferisco di gran lunga una uscita con una/due amiche che solo incidentalmente sono le madri di compagni di classe di figli.

Si avvicinano pure le recite, per la precisione, dal 21 al 22 ho 2 saggi musicali, tre recite, un saggio di ginnastica artistica tutti dalle  14 alle 17, che naturalmente si accavallano tra loro.

Considerato che lo Stato deve essere laico per non offendere nessuno, che i crocifissi vanno tolti dalle scuole, che vendono i calendari dell’avvento di StarWars (avvento de che? Della Morte Nera? Di Yoda?), che pure in inglese al posto di Christ meglio scrivere una X, che il Natale è ormai una annacquata festa della Famiglia, la quale famiglia, stando al pensiero unico imperante, è un qualsiasi agglomerato di persone che nutre dei buoni (non meglio definiti) reciproci sentimenti (quindi pure la zitella gattara che vive con 14 gatti può definirsi tale), io qui propongo di abolire, formalmente, come festività nazionale, il Natale.

Lo festeggi chi è credente. Mica ha bisogno che venga riconosciuto dallo Stato. Che la scuola rimanga tranquillamente aperta. Che si facciano piuttosto le vacanze invernali come in Francia, così la gente può andare a fare la settimana bianca, o fare il presepe usando le statuine degli avengers, che ci sia un po’ di coerenza e si riveli infine l’ipocrisia per quello che è.

Lo so, divento così.

Il Natale è una festa meravigliosa per il suo significato intrinseco. Per riscoprirla vorrei toglierle di dosso tutte le cianfrusaglie che hanno appiccicato addosso.

E tornare alla capanna. Magari di cartone.

Intanto ieri abbiamo fatto il presepe, con l’aiuto di Megamind che ha progettato le casette in modo che stessero in piedi, e con la collaborazione di Catwoman che tra una crisi isterica e l’altra mi ha aiutato a montarle. Intanto il Gamarito, contribuiva al bianco natal ritinteggiando la sala, perché si sa, la tempistica della Gfamily è leggendaria. Noi, si pittura all’Immacolata. (Noto ora una certa coerenza, in effetti).

Per l’albero, dovremo aspettare che la sala sia praticabile.








 

2 dicembre 2016

Noel


Arriva Natale.

Alla sera accendiamo le candele dell’avvento, e diciamo una preghiera. Qui nella terra Ambrosiana ci sono 6 settimane, e quindi sei candele. L’attesa è più lunga.

Naturalmente i Fantastici adorano questo rito della preghiera, salvo poi litigare per:

1.       L’accensione delle candele

2.       Lo spegnimento del bastoncino con cui accenderle

3.       Lo spegnimento delle stesse al termine della preghiera

4.       Il privilegio di immergere le dita nella cera liquida bollente delle candele appena spente

Poi ci sono i calendari, con le finestrelle da aprire. Ne abbiamo due, uno è uno di quelli orrendi e commerciali in cui il disegno evita accuratamente ogni riferimento religioso, e in ogni caso con una illustrazione obrobriosa e improponibile, e dentro agli sportelli c’è un cioccolatino che vanta una percentuale di cacao di poco superiore a 9%, che neanche i surrogati di guerra.

Una volta aperta la finestrella e mangiata l’imitazione del cioccolatino, CatWoman nota con disappunto:

-Ma sotto non c’è niente.-

-Niente che?-

-Niente disegno, che brutto-

E quindi, alla fine preferiscono il calendario di carta, illustrato, e la sorpresa delle figure disegnate sotto alla misteriosa finestrella, che pin piano compongono tutto il presepe.

Quest’anno è fichissimo, ce l’ha spedito la Nonna di Bologna, ed è illustrato da Luzzati, dici poco.

Non abbiamo ancora fatto né l’albero né il presepe perché per ora il mio livello di batteria è troppo scarso. Credo che se adesso un pusher mi offrisse una qualche droga con effetto dopante, potrei diventarne tranquillamente dipendente senza nutrire alcun senso di colpa, perché sarei davvero disposta a fare cose illegali pur di avere un po’ di energia in più.

I miei figli mi hanno chiesto cosa vorrei per Natale, e naturalmente io ho dato la Risposta Della Madre per prendere tempo, che è davvero un colpo basso, me ne rendo conto, ma è un piccolo privilegi delle Madri a cui non rinuncerò tanto facilmente:

-Vorrei dei bambini buoni-

Allora uno, sbuffa uscendo dalla stanza non sentendosi chiamato in causa nella categoria “bambini”.

Gli altri alzano gli occhi al cielo come con le vecchiette con la demenza senile che raccontano sempre la stessa storia del ’42. Solo SuperMario è ancora suscettibile:- Io sono buono, vero?-

In effetti cosa vorrei?

La mia letterina di Babbo Natale, altresì chiamata messaggio non subliminale.

Vorrei la carta da parati in ingresso. L’ho già scelta.

Vorrei un tablet.

Vorrei una scatola di acquerelli winsor e newton e una di acrilici Maxmayer

Vorrei la stufa a pellet in veranda

Vorrei una sveglia magica che mi costringa ad alzarmi ad un’ora adeguata

Vorrei un progetto nuovo

Vorrei della droga efficacie, che mi faccia diventare piena di energia e vitalità come Cenerentola.

Vorrei fare un viaggio e salire sull’ Himalaya, mi accontento di 5000 metri.

Vorrei un unicorno vero tutto mio

 

Sono perfettamente consapevole della climax della mia lista.