9 giugno 2017

Prega per noi, piccolo bambino che non abbiamo saputo far vivere


Ditemi voi come faccio a spiegare ai miei figli che:

 

1) se una madre vuole sopprimere il proprio bambino in pancia, può farlo perché la sua libertà di scelta è superiore al diritto del bambino di vivere, senza nemmeno dargli una chanche, magari facendolo nascere e lasciandolo all’amore generoso di qualcuno (mi ricordo di vari casi di cronoca in cui bambini nati malati e abbandonati in ospedale, ricevevano tantissime richieste di adozioni, ma per noi è più facile credere alla morte e all’egoismo che all’amore dell’Uomo che sa andare oltre ogni ragionevolezza).

 

2)Se una madre ha un bambino malato, seppur in un ospedale e grazie a macchinari che la scienza ha creato per permettere a queste creature di vivere, un bambino amatissimo dai genitori, che vivono la loro quotidianità in ospedale, ma felici di potersi prendere cura del loro figlio, in questo caso no, la madre e il padre, perdono ogni diritto e ogni libertà di scelta. L’ospedale e  ha deciso che la vita di questo bambino non è dignitosa. Deve morire.

 

In questi giorni ricorre molto la parola dignità.

L’orrore (come l’eugenetica) si nasconde dietro le parole, lo abbiamo dimenticato nonostante tutti i giorni della memoria che grondano retorica vuota.

Quello che ho detto ai miei figli è stato che l’essenziale condizione che rende una vita dignitosa, è quella di essere amati.

Tutti -credenti e non- acclamano Madre Teresa di Calcutta come una gigantessa, una santa sia laica che religiosa.

Eppure è proprio questo ciò che lei ha fatto tutta la vita: non è andata in giro a raccogliere i paria e i miserabili per strada allo scopo di sottoporli ad eutanasia in quanto la loro vita non era degna di essere vissuta. Spesso non poteva guarirli da malattie incurabili, erano spesso senza speranza, prossimi alla morte. Li ha cercati, li ha raccolti, li ha semplicemente amati. Lavando le loro piaghe e dando parole di conforto, a loro che erano invisibili sub-umani.

E’ questo che rende la vita degna di essere vissuta.
 

L’eutanasia è l’ennesimo modo per eliminare le grandi domande dell’umanità sul senso del vivere (e quindi del dolore connaturato all’esistenza) e del morire, è l’ennesimo modo per eliminare la paura di fronte al mistero.
 

Mi appaiono scenari terribili all’orizzonte, in nome di questa presunta Dignità di Stato che decide della vita e della morte dei nostri figli.

 
Lascio ai bravi giornalisti e filosofi l’onere di scrivere meglio di me.

Io vi riporto le domande dei miei bambini, quando ho raccontato la vicenda e chiesto loro di pregare assieme ogni sera per Charlie e i suoi genitori, e anche per i giudici, quando ancora non sapevo che la sentenza sarebbe stata di morte (e vi assicuro, che sono tutte domande autenticamente fatte da loro):

 

Ma perché vogliono ucciderlo se ci sono delle macchine che lo fanno vivere e dei genitori che lo amano così com’è?

Ma lui riconosce i suoi genitori, sa che gli vogliono bene?

Perché i genitori non possono decidere loro?

Ma sei io un giorno mi ammalo e devo restare in ospedale attaccato a questi macchinari, potrebbero decidere di uccidere anche me?

I genitori non possono portare via il bambino in un altro ospedale?

Anche la bisnonna è molto vecchia e ha male dappertutto, quindi i giudici possono decidere di uccidere anche lei?

 
Ma già conosco la domanda che mi faranno quando dirò loro che i giudici hanno ritenuto che uccidere Charlie è giusto, perché la sua vita di sofferenze è insopportabile agli occhi del mondo:
 

Ma allora pregare non è servito a niente?

 
E per questa risposta avrò bisogno di un aiuto che non è umano.
 

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