21 agosto 2015

La gita in montagna

Eravamo partiti con una promessa a noi stessi. Almeno una gita seria, l’avremmo fatta.
Si intende per gita seria una camminata superiore a due ore (passo Catwoman) con dislivello superiore a quello che c’è nel piatto doccia, zaini con panini, cioccolata corroborante, pedule, raggiungimento di baita spartana e rustica. In 9 giorni di montagna, siamo riusciti a progettare una gita al Peller, un monte che ho sempre visto dalla finestra fin da bambina, convinta che fosse un vulcano spento per la sua forma particolare, con una specie di affossamento in cima. Abbiamo puntato la sveglia alle 06.30. L’abbiamo lasciata suonare fino alle 8.15, ci siamo equipaggiati, lasciando la zavorra dalla nonna, ovvero superMario, altrimenti detto culoDiPimbo per la sua propensione sportiva alla camminata. Abbiamo raggiunto in macchina il punto di partenza, mentre il sole festeggiava con noi il nostro sforzo di volontà. Un sentiero tra pascoli di velluto e nuvole sospese come mongolfiere lente, che sembrava di essere in un cartone di Miazaki. E fiori. E lamponi, in mezzo alle ortiche, che un po’ di dolore rende la conquista più buona, anche se insieme al lampone si mangia qualche formica.
Megamind che sale, quasi senza peso, silenzioso e a caccia di frutti di bosco, coleotteri blu, e altri tesori; le bambine entusiaste, felici, logorroiche.
-WonderWoman, adesso inizia un bella salita, devi stare un po’ zitta, che sennò non hai fiato-
Lei comincia a salire su un pendio un po’ ripido:- Non ce la faccio….-
Pausa. Fiatone.
-…a stare zitta!-
Poi hanno iniziato a passare le macchine. Prima una o due, il sentiero è largo, in certi punti l’anno orrendamente stuprato con del cemento.
Man mano che si avvicinava l’ora di pranzo, sembrava di essere sulla circonvallazione.
Ovviamente alla decima auto, CatWoman ha protestato:- Ma perché loro vanno in macchina e noi a piedi?-
La verità è che tutte queste persone che, spesso con maleducazione, coprendoci di polvere e senza rallentare ci costringevano ad appiattirci sui bordi del sentiero, non ci disturbavano solo. Non ci facevano solo respirare odiosi fumi. Non rallentavano soltanto il nostro cammino, facendoci fermare continuamente. Ci toglievano qualcosa. Ci defraudavano della nostra conquista sbattendoci in faccia la loro scorciatoia.
Certo, non ce l’ho con le specifiche persone che andavano a farsi derubare al rifugio trangugiando polenta e funghi, godendo di un panorama mozzafiato che non si erano guadagnati. Ma sto ai fatti.
Non c’è ormai una scorciatoia per tutto? La strada è sempre più spianata, ci disabituiamo a conquistarci le cose e, alla fine, le cose perdono sapore.
Prima ho provato con un approccio buonista.
-Ma no, bambini, sapete, magari sono persone anziane che vogliono fare una gita bella, ma non camminano….-
Poi ho visto le loro facce con un sopracciglio alzato, ed  è passata una golf coi freni a disco.
-Beh, loro non hanno mangiato lamponi, non hanno visto il coleottero blu che a papà fa così schifo, non hanno mangiato la cioccolata amara perché non avevano bisogno di prendere energia, non hanno assaggiato l’acqua gelata della fontana, arriveranno su, e non sarà niente di speciale, per loro, perché non hanno fatto alcuno sforzo per conquistarselo. E comunque, vi autorizzo a guardarli con disprezzo.-
Il Gmarito, più composto, in veste di bravo padre, mi correggeva dicendo:- Ma no, bambini, bisogna avere pena per queste persone, che non sanno apprezzare le montagne-
Per tutta risposta Megamind ha chiesto: -Mamma, guarda, va bene questa, come espressione di disprezzo?-
Quando siamo arrivati su, dopo una rampetta niente male, siamo arrivati, io ultima classificata, al rifugio, già zeppo di mangiatori a sbafo. Ma noi, ci siamo messi sulla panca di legno, verso la valle, ammirando lo pseudo vulcano, a mangiare panini, formaggio, salsiccia, cioccolata. Io, il Gmarito, Megamind e il vento abbiamo giocato una faticosa partita a Macchievelli -ha vinto il vento, naturalemente-mentre le bimbe si dedicavano alle relazioni pubbliche.
Credo che questa gita sia stata molto educativa, e che la Gfamily abbia imparato qualcosa, sul fatto che solo ciò per cui si paga un prezzo (in termini umani) acquista valore, acquista dignità, e infine bellezza.

E che i Trentini non sanno più cosa asfaltare.



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