22 agosto 2015

Tutta colpa di De Andrè

Ogni tanto, mi prende una malinconia.
Potrei chiamarla la malinconia delle vecchie foto.
O dei filmini.
Ah, non fatemi vedere i filmini eh. Nei filmini c’è l’illusione che cose –e persone- morte esistano ancora. Tutto ciò che vedi nel filmino è morto, non solo le persone passate a miglior vita. WonderWoman di 4 anni, coi codini, che allatta le bambole, non c’è più. E’ trascorsa. E anche la Hysterikmom di 5 anni fa non c’è più, non è più quella. Vedere un filmino è come vedere un fantasma. Quella persona, che non c’è più, ti parla, si muove, ma è una porta chiusa sul passato, e un illusione che genera in me grande angoscia, rimpianto e sofferenza.
Perché il tempo trascorso, morto, mi sembra scivolato via, tra le dita. E i bambini sono diventati grandi a tradimento, senza che potessi -forse-“goderli” appieno.
Ma se rifletto, e smetto di raccontarmi bugie, so che non è così. Che questa è solo la paura della morte, che genera desiderio di possesso. E che i figli che crescono sono la prova inconfutabile che il nostro tempo ha una fine, che né le cose, né i figli ti appartengono, e che nulla, su questa terra ti appartiene.
E che infine, in questo eraclideo fiume che scorre, tutti i sassi sono lisci, non puoi aggrapparti a nulla, per evitare che ti trascini via.
Devi abbandonarti, lasciarti andare, il controllo è un illusione, e alla fine del fiume, Dio, come un Grande Mare, ti accoglie.
L’ultimo vestito non ha tasche, ha detto mia nonna, e della sua vita non ha tenuto davvero nulla per sé.
E se smetto di raccontarmi bugie, lo so, che tutta la vita trascorsa fino ad ora, soprattutto da quel non molto lontano 20 settembre 2003, abbiamo vissuto tutto in pienezza, con intensità, ogni momento, basta ricordare per davvero, senza bisogno di filmini o fotografie.  
Mi basta rileggere il blog, e tutto torna alla mente, e so.
So che il passato ci appartiene anche se non possiamo “consumarlo” di nuovo. Che il passato non torna, ma ci consola.
La mia Tata di quando ero piccola, ora nella vecchiaia, con tante sofferenze fisiche ma soprattutto morali, dice:- io ripenso alle passeggiate in montagna con voi piccoli, quando andavamo a raccogliere le ortiche per fare le tagliatelle, alle settimane passate al Solimei, al le tavolate grandi nel giardino, ai pomeriggi passati a rammendare con la nonna Anny, e godo del goduto.-
Quanta umiltà ci vuole per abbandonarsi alla vecchiaia e alla gratitudine per la gioia e gli affetti vissuti?
Poi ripenso ai miei nonni, Cià e Anny, alla loro vita piena, allegra, affollata di amicizie e incontri autentici, nonostante l’età avanzata, alla loro accoglienza, alla capacità di rallegrarsi per le piccole cose, al loro amore coniugale. E mi dico, no, il miglior tempo non è trascorso solo perché sentiamo passare la gioventù. Questo è un mito odierno, quello dell’efficientismo, della volontà di vivere una eterna giovinezza emotiva oltre che fisica che ci illude che nulla sia irrevocabile.
Noi non abbiamo lasciato trascorrere la vita senza accorgerci di essere felici, abbiamo vissuto con pienezza e ancora ci resta tanto da scoprire, riguardo al nostro amore coniugale, ai nostri figli che impariamo faticosamente a conoscere ogni giorno, alla nostra personalità, alle sfide che ci troveremo a dovere sopportare.
Certo, dovrò smettere di ascoltare certe canzoni di Degregori e De Andrè, questo è certo.


Porcavacca.

3 commenti: