27 ottobre 2016

non c'è il tasto "torna indietro"?


Ho letto un articolo che parla di uno studio su un fenomeno sociale in aumento, ovvero le madri annoiate dai propri figli, che si sono pentite di averli fatti.

Attenzione, ciascuna di loro dice di amarli, i figli. (Che avrebbe preferito non fare) e non stento a crederlo.

Probabilmente è corretto dire che più che essersi pentite di avere fatto i figli, che mi sembra più che altro un aborto -seppure psicologico- post partum,  rimpiangono la vita di prima.

Naturalmente i sentimenti che suscita questo articolo sono, prima di tutto:

Orrore! Sono dei mostri!

Poi: è colpa dei maschi che non fanno una mazza

Di seguito: è la politica che non aiuta la famiglia

Infine: boh, ma poi sai che c’è? Ognuna è poi libera di pentirsi, mica si può giudicarla una cattiva madre per questo.

E’ più che probabile che questo genere di outing sia piuttosto raro, perché ti rende molto impopolare in una società in cui devi essere figo qualunque scelta tu faccia, e quindi risulti essere un po’ uno sfigato che ha fatto il passo più lungo della gamba. Perché un conto è pentirsi del partner, che di fatto puoi lasciare, un conto del figlio, che il divorzio dal figlio non l’hanno ancora inventato, al massimo una volta c’era la ruota.

Sfatiamo un mito.
A tutte credo sia capitato, mentre si pulisce del vomito dal tappeto alle 4 e mezzo del mattino e non si dorme da 24 ore, di pensare: ma è questo che volevo davvero? Oppure di pensare con malinconia a quando dormivi fino a mezzogiorno o non passavi le serate a studiare i fiumi del Lazio. Ma non credo che questi pensieri formatosi nel momento di estrema stanchezza o esasperazione siano quelli che ti fanno dichiarare definitivamente: se tornassi indietro mi farei chiudere le tube.

L’articolo snocciola le motivazioni che hanno spinto le madri a procreare.

Il famoso orologio biologico, ovvero: il tempo stava per scadere e avevo paura di perdermi qualcosa.

(paura di ciò che è irreversibile senza rendersi conto che anche un figlio lo è, tragicamente)

La promessa sociale subliminale che il figlio è garanzia di vera felicità.

La curiosità di una nuova esperienza. Perché no?

Io ci ho pensato molto alle motivazioni che inducono molte madri a pentirsi.  Ci si può mettere dentro il fatto che non abbiano aiuti, che le donne siano-volenti o nolenti- lavoratrici e quindi la cura dei figli sia veramente pesante, che i mariti siano latitanti, che c’è una immaturità diffusa, che i bambini sono sempre più esigenti e impegnativi.

Io credo che un po’ derivi anche da questo fatto. Nel momento in cui avere un figlio è frutto di una scelta (con tutti gli aspetti anche positivi che questo comporta), entra in gioco tutta una serie di valutazioni costi/benefici. Di aspettative, anche. Di previsioni.

Se è una scelta, ci si pongono delle domande a partire da: mi conviene farlo? È il momento giusto? Come organizzerò il lavoro? Quando aprono gli asili? Sono proprio sicura?

La scelta consapevole, porta con sé tutta una serie di aspettative precise, ma non tiene conto che non è una scelta come altre.
Non è nemmeno paragonabile alla scelta del partner, perché avere un figlio è qualcosa di assolutamente imprevedibile, non solo in termini di esperienza, ma anche di persona.
Il figlio è uno sconosciuto.
Si valutano un miliardo di aspetti pensando che questo ci metterà al riparo dalle delusioni, si calcola anche la fatica o il sacrificio che si è disposti a fare per rientrare in un rapporto costo/beneficio favorevole.

Il rapporto costo beneficio in questi termine sarà sempre sfavorevole.

La vita sarà sempre più faticosa di prima, il divertimento personale sarà minore, così come il tempo libero. Cresceranno spese e chili di troppo e tensioni col partner, calerà la libertà, probabilmente la qualità del lavoro, le ore di sonno.

Come è possibile che non ce ne rendiamo conto?

E questo nonostante tutti gli aiuti del marito, i soldi che lo stato potrà darti, le nonne, le tate. Sarà sempre un sacrificio eccessivo rispetto a quello preventivato come sopportabile.

Il peggio verrà quando pretenderai che la felicità ti venga da tuo figlio, come se fossi tu, madre, a dover ricevere felicità dal tuo bambino, e non essere tu, a dare tutto, sempre, in ogni istante.
E questo anche col miglior marito mammo possibile immaginabile.

Ma come, mi avevano detto che era gioia pura!(è per questo che l’ho fatto e mi sono sciroppata una gravidanza infernale).
Guardano il figlio, lo amano, comunque, ma preferivano la vita di prima perché sta fantomatica felicità il bambino NON GLIE LA (VUOLE) DARE.

Ecco secondo me sta tutto lì.

E’una scelta come un’altra? si pigia un tasto e invece del caffè macchiato che c’era scritto, esce un bicchiere di plastica con dell’acqua bollente senza zucchero. Il contratto non è stato rispettato.

Era meglio quando non c’era scelta e si partorivano 15 figli e poi si moriva di parto? No. Forse per certi aspetti si, per altri di certo no.

C’erano comunque madri anaffettive cui era capitato un figlio e non ne volevano mezza.

Ma il figlio non veniva considerato socialmente come un mezzo per avere l’assicurazione sulla felicità. Solo una manifestazione della vita in te. Questo diminuiva notevolmente i sensi di colpi.
(Adesso: hai voluto 'sto figlio? Mica puoi dire che è uno schifo essere madre, l'hai scelto tu.)

In ogni caso, nemmeno avere la carriera sognata o tutte le ore per potere andare in palestra o poter dormire 10 ore per notte sono una garanzia di felicità.

Niente lo è, perché la felicità non dipende da quanti e quali sacrifici devi fare (per qualunque cosa) , ma dipende solo da noi e dalla capacità di fare della nostra vita, qualunque essa sia (con figli, senza, ricchi, poveri, vecchi, giovani, malati) qualcosa di meraviglioso.

-E quindi se mi sono pentita che devo fà?-

Non so, mica sono una psicologa. Ma cerca di non farglielo capire.(Al figlio)
 

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