16 ottobre 2018

morire è questo

Immersa nella mia ossessione per le poetesse suicide Anne Sexton, Sylia Plath, e Antonia Pozzi, leggo e rileggo le loro vite, e guardo compulsivamente le loro fotografie.
Fotografie in posa di sorrisi e abiti pieni di stile, così come oggi possono sembrare raffinati pure i knickerbocker sotto al ginocchio e un foulard annodato con disinvoltura al collo, nella tenuta da montagna di Antonia Pozzi, a noi che ci vestiamo con braghini fluorescenti della decathlon per andare a funghi.
Scruto gli occhi ingigantendo a video le fotografie, la piega della bocca, oppure la posizione della mano sul braccio di (un) lui, noto i particolari della tazza di tè appoggiata ad un tavolo ingombro di libri, lo scorcio di una camera sullo sfondo.
Insomma cerco gli indizi nelle pieghe delle istantanee. Indizi che mi portino a quel momento in cui hanno scelto di scattare l'istantanea finale della loro vita: un estremo fotogramma a cui poi mai si potrà togliere o aggiungere alcuna cosa.
Non cerco una ragione, Sylvia scrive a fiumi del suo doppio oscuro che cerca di rinchiudere nello scantinato della sua coscienza. Il suicidio rimane sempre una porta socchiusa, da cui il mostro la spia.
Anne Sexton aveva disturbi psichiatrici conclamati, è stata in cura per anni.
Antonia Pozzi ha scelto un prato per addormentarsi e riempirsi gli occhi di cielo nell'ultimo sguardo, a causa di un amore negato, forse un bimbo che non è nato. Un'altra scorticata, che si aggirava in questo mondo senza pelle, disarmata e sempre sanguinante di fronte alla vita affilata.
A vederle, le premesse c'erano, per tutte.
Allora non so, cosa cerco in quelle foto, e neppure nel fiume di parole che hanno scritto- specialmente nelle lettere e nei diari Sylvia.
Come potevano desiderare l'annientamento anime così bramose di vita e di bellezza?

Oppure non era l'annientamento, ma il Desiderio- oltre ogni fede dichiarata- di tornare a casa e sentirsi chiamare per nome, e diventare finalmente tutte se stesse, complete.

Morire è questo/ ricoprirsi di rovi/ nati in noi.
(A.P.)



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