28 agosto 2020

Mother of the fishes

 Il primo anno a Milano come studentessa, risiedevo in uno studentato di Suore.

La mia camera era arredata un pò come una celletta monacale, con mobili marroni.

Il marrone è il colore della mortificazione.

C'era una finestra grande che dava sui tetti, e la mattina mi svegliavo sempre con i corvi che annunciavano sventure milanesi: pioggia, nebbia, scioperi ATM. 

Per tutto il primo anno invece di vedere il privilegio, la bellezza, e l'ampiezza dei miei orizzonti, mi sono messa in modalità risparmio energie, confermando la mediocrità con cui affronto tutto ciò che non è confortevole e rassicurante.

Di quel primo anno ricordo un sogno ricorrente. Dimenticavo contenitori pieni d'acqua per mesi, in stanze lontane, e quando vi ritornavo, in essi era proliferata spontaneamente vita sottoforma di pesci che si dibattevano nel torbido dell'acqua stagnante. Nel sogno era una esperienza terrificante e minacciosa. 

Eppure non potevo liberarmene, essi prolificavano e io li guardavo moltiplicarsi, divorarsi tra loro, e in qualche modo ne ero responsabile.

Da allora ho deciso che non avrei mai avuto pesci.

E che non sarei stata più in uno studentato di suore (ho ancora in bocca il ripugnante sapore di latte caldo UHT con il nescaffè).

Ora mi ritrovo con un acquario.

I nostri pesci però sono belli, come guizzanti fiori vivi , l'acqua è limpida, e l'unica nota inquietante è il teschio sul fondale. Nonostante ciò una vena di inquietudine, il sentirsi responsabile per la loro esistenza e il loro piccolo destino, è ormai incistata in me.

Quando si è perso il Gfamily-fish sono stata in ansia finchè non ho smontato mezzo acquario, (l'avranno divorato gli altri come in uno di quei racconti di Buzzati?), salvo poi, una volta rimesso tutto a posto, scoprire che era ricomparso dal nulla. Lo stronzetto.

Nel corso del salvataggio mi accorgo però che uno dei pesci (Fred) ha tutte le pinne mangiate. E' stato preso a morsi.

Dopo ore di ansia sottesa, mi reco al negozio di pesci, che porta il nome di un altro dei miei sogni ricorrenti (era forse un segno dell'Universo?) : Tsunami. Il signor pesciaro (pescivendolo evidentemente non è) mi dà un pò di sale marino da sciogliere nell'acqua per disinfettare le pinne offese.

Torno a casa, provvedo, sgrido i pesci che s'azzuffano, li guardo guizzare così silenziosi nel loro liquido mondo racchiuso.

Prima di andare a dormire vado a vedere come stanno, e li trovo un pò rallentati, stanno vicini sulla superficie, secondo me stanno per tirare le cuoia. I pesci rossi morti galleggianti con la pancia pallida all'aria hanno traumatizzato la mia infanzia.

-Oddio, questi pesci stanno male!-

Il Gmarito sospira. Vorrebbe dire: te l'avevo detto. Ma la clausola prematrimoniale che abbiamo firmato contiene precisamente il divieto di non pronunciare quelle parole, pena l'andare in bianco per il resto dei nostri giorni.

-Saranno stanchi! Pure i pesci dormono, la notte- Opta per la risposta adatta ad una bambina di 7 anni.

Io picchietto contro il vetro. Niente. Mi pare di vedere già l'occhio di Fahrenheit velato, un inizio di agonia. I pesci non reagiscono abbastanza. Così, convinta di avere fatto un errore fatale con il sale marino (forse non dovevo metterlo tutto?), ho svuotato mezzo acquario, cambiato l'acqua, messo le goccine per il cloro.

I pesci, che evidentemente stavano benissimo ma si stavano davvero preparando per andare a dormire, si sono incazzati qual tanto che bastava per aumentare il loro indice di vivacità e rassicurare me. Mother of The Fishes.(Ho il destino segnato, evidentemente)




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