Caro Figlio mio.
Oggi è il tuo compleanno. O il tuo onomastico. O sei stato
promosso, oppure una ricorrenza qualsiasi come per esempio un psudodiploma di
quinta elementare, il master in flauto dolce.
Ora io, che sono tua madre, decido di scrivere
inspiegabilmente su Faccialibro, sul mio blog, su Twitter o direttamente al
Corriere della sera on line, una lettera. Perché io lo faccia non si sa, visto
che tu, figlio mio, si suppone abiti in casa mia, e se voglio dirti delle cose
posso strapparti di mano l’ipad, toglierti le cuffiette mentre ascolti “andiamo
a comandare” e, avendo io l’uso della parola e tu l’udito, comunicare in modo
arcaico.
Ma poi toglierei al cyber universo mondo l’immenso
privilegio di conoscere i miei sentimenti di madre nei tuoi confronti.
Prima farò un bell’excursus di quando sei nato, corredato di
dovizie di particolari sulle ore di travaglio, le figure da perfetto inetto di
tuo padre, gli schizzi di sangue e placenta sui muri e i 35 punti di sutura in
luoghi che avresti preferito non sapere. Ma bisogna, figlio mio, che tu SAPPIA.
Poi ti dirò che mi sono LETTERALMENTE innamorata di te appena
ti ho visto/a (nonostante quanto sopra), in modo che tutti i tuoi amici
frequentanti internet possano sfotterti facendo circolare le foto tue nudo nel
lavandino col pistolino di fuori che io avrò ben pensato di pubblicare assieme
alla mia epistola.
Inoltre scriverò che naturalmente sono sconfinatamente fiera
di te, ovvero del mio (piccolo, grande)
ometto/donnina ( o del mio ragazzo / della mia principessa, oppure del mio Ciccino/ della mia Patatina).
Fiera per gli straordinari successi qui di seguito riportati:
hai superato la quinta elementare, hai tolto il pannolino, hai fatto il saggio di flauto dolce, hai
compiuto gli anni, ti è venuto il primo ciclo, hai mangiato la tua prima pappa
al semolino.
Aggiungerò cose strappalacrime sulla mia vecchiaia
incipiente, scriverò quella cosa sui figli che sono come gli aquiloni che gira
su internet, e dichiarerò che sarò sempre al tuo fianco, senza ricordarmi che
per esempio sarebbe stata l’ultima cosa che avrei voluto sentirmi dire da mia
madre dopo i 13 anni.
Naturalmente, dopo avere concluso con una frase che
assomiglia più ad un epitaffio che altro, mi guarderò bene dal dirti in faccia
queste cose, nemmeno scrivendole su un post it o su snapchat, anche perché so
che, raggiunta l’età della ragione, mi guarderesti come una pazza, o mi
sputeresti in un occhio oppure mi chiederesti se ho una malattia terminale.
Ma io sono tua madre e le madri scrivono le lettere a cuore
aperto ai figli su internet e prima o poi qualche psichiatra dovrà pure dire
qualcosa.
No?
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