3 novembre 2016

adotta una tomba


LA gfamily, sfuggita alla fine di mondo, è andata alla Casa Madre a Bologna dai nonni, per i morti. E i Santi.Ogni anno non mi ricordo bene quando sono i Santi e quando i morti, sono tutta confusa per colpa di Halloween che mi incasina, completamente.  Mi piace pensare che i morti siano, chi più chi meno, tutti santi, ricordandomi di quell’esempio geniale di Santa Teresa, che era una gran dritta. Me la immagino lì davanti alle suore (un po’ raggrinzite e un po’ zitellose di quelle con la boccuccia di chi ha appena succhiato un limone) che prende un ditale e poi prende un bicchiere. Poi li riempie tutti e due d’acqua fino all’orlo e chiede: qual è il più pieno? Ovviamente sono tutti e due pieni fino all’orlo, e questo non è un test di di logica per il Politecnico, ma l’esempio della santità (accessibile a tutti).

Sono andata alla Certosa di Bologna, praticamente per la prima volta dopo quella in cui sono stata con mia Nonna Anny a sette anni, quando mi ha raccontato il simpatico aneddoto di quel vecchietto che si è attardato al cimitero, hanno chiuso i cancelli e lui è rimasto dentro tutta notte e quindi si è messo a dormire in un loculo vuoto e al mattino quando è arrivato il custode se n’è uscito da lì e quello ha avuto una sincope. Non c’è da stupirsi se poi non ci sono tornata spesso. In verità i cimiteri mi piacciono molto, dal punto di vista estetico. Solo che la sensazione non è quella di andare a trovare qualcuno, ecco, e dunque non ne sento una vera necessità. Mentre Mario si galvanizzava per le statue con i teschi o le cripte fatiscenti, gli angeli della morte in bronzo, WonderWoman contava tutti i morti di nome Giuseppe (ma muoiono tutti quelli che si chiamano Giuseppe!), ci siamo soffermati sulle varie tombe della Gfamily versante bolognese, che non avevo mai visto prima.
Una- il ramo più antico del Gmarito- è abbandonata e rugginosa, senza lumini, senza fiori.

Dovrebbero creare una campagna tipo: adotta anche tu una tomba dimenticata.

Se credo che lì non ci sia davvero più nessuno, che siano ben altrove, la necessità di non dimenticare le proprie radici e la propria storia, la propria identità, diventa impellente.

Abbiamo messo un ciclamino, e ci siamo ripromessi di venire ogni volta che siamo a Bologna, per evitare che tutto venga pian piano cancellato dalla pioggia e dalla ruggine. Ogni tomba racconta una storia, sarebbe bellissimo conoscerle tutte.

Durante questi tre giorni abbiamo-naturalmente- mangiato senza tregua e senza pietà. SuperMario e la Bianchissima nipotina hanno socializzato, perché il gap di età si sta colmando.

-Mio Maiiio- dice Bianchissima, che non possiede la “R”. Ed è nella fase in cui tutto è “mio”.

-Non mi chiamo Maiiiio. Mi chiamo Mavvvio con la Evvvvve.- Risponde quello. E poi, sconfortato:

-Mamma. Quando sarò un ADULTO, allora saprò dire la Evvvvvve. Sì?-

La erre è come andare sulla luna.

Pure Megamind è stato attratto dalla micro nipote Bianchissima, e- assumendo il ruolo del cugino grandissimo- ha passato una intera serata a fare trucchi di magia (che è il suo nuovo trip) con una moneta, e lei rideva moltissimo.

WonderWoman è stata ospite dalla Zia Anna e Friss, dove è stata sottoposta a privilegi e trattamenti di favore, ha conosciuto l’immensa famiglia germanica W. dello zio, memorizzando date di nascita, nomi, secondi nomi, soprannomi, numero di figli e molti altri dati sensibili nel giro di poche ore.

La sottoscritta oltre a mangiare e dormire e guidare una sera in una strada buia (dicendo il rosario e pregando tutti i morti e tutti i santi perché lei è come i procioni di notte che rimangano abbagliati dai fari della auto e restano lì, cecati, a farsi investire perché improvvisamente inermi e disorientati) ha goduto di una certa dose di spensieratezza nonostante l’attacco meschino di una cervicale che l’ha fatta diventare strabica (del tutto).

Alla partenza abbiamo caricato la macchina con una accozzaglia di derrate alimentari, regali, e scatoloni di oggetti prelevati anni fa dalla casa dei miei nonni prima che la vendessero e che non potevano finire in discarica, assolutamente.

Ecco.

Sono stranamente felice, anche se ci metterò quasi un mese a disfare valige, scatoloni, sacchetti.

E comunque, insisto nel dire che ci vorrebbe una stufa. (questo è per il G-marito, con il quale ultimamente comunico tramite web)
 
 
 

 

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