Potevamo andare a vedere Rogue One. Invece abbiamo visto
Paterson. Questo film parla di una giovane coppia in cui lei, iraniana,
bellissima, creativo-compulsiva, decora in economia gli oggetti e la casa e
persino i cupcake con pattern bianco e nero. Passa da un entusiasmo creativo
all’altro, spensieratamente e senza sensi di colpa. Lui (Paterson) ha una sveglia
silenziosa che non suona, si alza sempre alla stessa ora (presto) e fa l’autista
degli autobus, ed è un poeta. Lui osserva molto. E ascolta molto.
Non è un film che racconta che la felicità sta nelle piccole cose, (come dice una stupida
locandina) frase che ormai possiamo trovare da facebook in giù passando
attraverso gli oroscopi di Novella 2000.
E’ un film sulla bellezza ancora prima che sulla poesia. E
sull’amore prima che sulla bellezza.
Io non farò una recensione sul film, che non è un
capolavoro, ma merita. Però vorrei dire che mi ha ispirato, molto.
Apparentemente prima mi sono rispecchiata in lei (a parte la
figaggine ed al fatto che- come mi ha fatto notare il Gmarito- dorme sempre
nuda): un po’ infantile, assolutamente incapace di svegliarsi presto al mattino
a meno che non abbia un trip creativo che la smuova, che passa da un entusiasmo
all’altro, che dipinge qualsiasi suppellettile
di bianco e nero (righe, pois, zebrato, quadretti) senza premunirsi di mettere
lo scotch di carta o un giornale per non sporcare per terra, che fa esperimenti
culinari assai discutibili.
Poi ho capito che io assomiglio a lui (sveglia silenziosa e
mattiniera a parte).
Lui- che sembra un po’ un disadattato, è -invece,
sorprendentemente e semplicemente- uno che guarda le cose con amore. Guardando
con un amore a priori e totalmente
disarmato, sia le persone che gli oggetti, lui ne vede (e ne crea) la bellezza.
E’ questo che lo fa diventare un poeta. Guarda il riflesso del sole all’alba
sulla tenda (bianca e nera), con amore. Ascolta i discorsi dei passeggeri dell’autobus,
perché lui ama i suoi passeggeri. Pure il bar dove va a bere ogni sera. Sta in silenzio, e guarda ed entra in una relazione
di scambio muto con tutti i gli oggetti e con tutte le persone, con tutto il
creato, e poi scrive. Le sue poesie. Poesie sugli oggetti e sulle cose che vede
dall’autobus.
Se dovessi correggere la famosa frase, direi che la bellezza
sta negli occhi di chi ama.
Lontano dall’essere una poetessa, io vedo il mondo così, una
continua fonte di sollecitazione, come se volesse rivelarmi qualcosa di segreto
e mi dicesse: guarda meglio. Guarda i particolari.
E’ così che capisco che non posso rinunciare al modo in cui
guardo le cose, anche se il prezzo da pagare è una certa rincoglionitaggine, il
fatto che non voglio portare gli occhiali perché ciò che è troppo definito mi
assale mentre ciò che è indefinito lascia spazio alla poesia ed al suo
completamento. (Leopardi, concordi?).
Certe cose si devono scrivere. Altre si devono disegnare. Ma
prima, lasciatemi andare un po’ alla deriva nel vuoto.
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